La storia sociale dei mutamenti, intervenuti nei consumi e nell’agire turistico degli anni ’80, non può non soffermarsi sulla maturazione delle tendenze marginali presenti negli anni ’70. La “grande festa” della società dei consumi si spezzetta in tanti festeggiamenti. In parallelo, l’accettazione ottimistica dell’innovazione e del rifiuto del passato prossimo, atteggiamenti dominanti nella società dei consumi, non sono certezze socialmente diffuse, ma appartengono a quote specifiche della popolazione. Attraverso i consumi e il loro mixage ogni gruppo sociale vuol trovare e definire in modo autonomo un senso alla sovrabbondanza di stimoli, di immagini, di offerte e di opportunità. Questi molteplici progetti di identità gestiti tramite i consumi e le scelte turistiche hanno una comune matrice: la personalizzazione, intesa come ricerca dell’identità in una società complessa. Del resto, identità e complessità sono alcuni dei temi di cui si occupano i sociologi, in Italia e all’estero, sin dagli inizi degli anni ’80.
Partiamo dai processi strutturali. Nonostante sacche di arretratezza o di sviluppo economico senza progresso, ben rappresentato dalla “mafia imprenditrice” studiata da Pino Arlacchi, si accelera la grande trasformazione verso il terziario avanzato. Si affaccia in nuovo capitalismo con nuovi soggetti legati alla cultura visiva, alla comunicazione e alla finanza. Essi vengono definito yuppies, il loro film simbolo è “Wall Street”, mentre a livello di cultura di massa si affermano serials come “Dallas”.
Forse è più corretto definire questo gruppo sociale come “neo-narcisista”: la loro divisa di combattimento è l’abito grigio griffato. Le attività del tempo libero sono la continuazione delle trattative d’affari avviate in ufficio, delle relazioni pubbliche e della seduzione commerciale. L’identità neo-narcisista è caratterizzata dalla continuità del “gioco” tra le due sfere della società moderna, tra privato e pubblico. Tutto è incessante gioco. Lo sfumarsi dei confini e delle appartenenze porta il sociologo inglese John Urry a teorizzare la de-differenziazione tra lavoro e tempo libero. In realtà, la de-differenziazione è lo stile di vita differenziato di un ben preciso e segmentabile gruppo sociale, quello dei neo-narcisisti, che introducono elementi ludici nel lavoro e elementi lavorativi nelle attività del tempo libero.
Se analizziamo la principale agenzia di socializzazione, la famiglia, si nota che il modello ”nucleare”, tipico della società dei consumi, lascia il posto al modello “asimmetrico” con scarsa prolificità. Tale processo ha coinvolto dapprima le regioni settentrionali per poi estendersi a quelle meridionali. A fronte della bassa natalità, si ha l’incremento del numero di anziani over-60: la speranza di vita, secondo l’Istat, è pari a circa 70 anni per gli uomini e a circa 77 per le donne. Aumenta quindi l’incidenza degli anziani e diminuisce quella dei bambini.
Il fattore decisivo è il nuovo ruolo della donna nella società. È aumentato il tasso di scolarità e di attività della popolazione femminile (le donne occupate sono il 77 per cento e il 48 per cento tra quelle con bassa scolarità). Non tutti gli uomini hanno accettato queste straformazioni, modificando atteggiamenti e comportamenti.
Ci si sposa anche più tardi. Carla Facchini ipotizza che il ritardo dei matrimoni abbia contribuito negli ultimi anni a farne diminuire il numero, mentre la decisione di posticipare la scelta comporta la caduta della stessa opzione del matrimonio. Si possono così stimare attorno al milione i mancati matrimoni del periodo 1975-1987. I mancato matrimoni si traducono in parte aumento di single e in parte nella permanenza nella famiglia di origine, dando vita all’adolescenza prolungata e alla famiglia “lunga”. Alla famiglia “lunga”, diffusa soprattutto nel nord Italia, la fiction televisiva ha dedicato alcune situational comedies, una delle quali è denominata “E non se ne vogliono andare”.
Si forma anche la “famigliastra”, composta da divorziati che si risposano e mettono insieme i figli dei rispettivi precedenti matrimoni. Anch’essa è diffusa nel centro-nord, dove la maggior parte dei divorzi sono consensuali, soprattutto tra i ceti più secolarizzati e con una collocazione professionale più alta rispetto agli altri. la “famigliastra” è quindi tipica dei divorzi provenienti da famiglie a doppia carriera.
Più in generale, si può sostenere che il campo di solidarietà collettivo ricoperto dalla famiglia nucleare ispirata da valori cristiano-borghesi si è differenziato dando luogo a nuove e più articolate solidarietà. Certo, parole tradizionali quali “fratellanza” e “sorellanza” vengono sempre meno utilizzate nella vita quotidiana proprio perché mancano i riferimenti socio-demografici. Emergono nuove parole quali “amicizia” e “volontariato”. Emergono soprattutto nuove relazioni, soprattutto tra anziani e omosessuali.
Quali sono conseguenze di queste trasformazioni sui processi decisionali delle famiglie e delle classi di età? E poi: come il valore-guida del neonarcisismo si connette alle segmentazioni demografiche?
Purtroppo, la segmentazione per classi di età, operata dall’Istat o dalla Daxa, ci dice ben poco sugli atteggiamenti e sui comportamenti dei nuovi soggetti. Le differenze sono interne alle stesse classi di età. Occorre avvalersi di sondaggi e ricerche di mercato condotte con il metodo delle psicografie. Un metodo ormai diffusi tra gli esperti degli Usa e del nord Europa.
Ho raccolto le psicografie internazionali sui viaggi degli anziani provenienti da una città ad economia avanzata in un saggio in via di pubblicazione presso la “Rassegna di Studi Turistici” e vengono distinti vari sotto-gruppi: gli inattivi, che non viaggiano, gli appartati, che viaggiano poco e controvoglia, i parrocchiali, che si muovono dentro i confini nazionali con gruppi organizzati, gli accorti, che sono attenti al prezzo e ai servizi, le tigri di gruppo, che sono soprattutto i leader dell’associazionismo, ecc.
Occorre aggiungere anche i “gerontocrati della bella vita”, cioè quel gruppo di anziani benestanti e colti che conservano il potere nonostante gli anni e costituiscono il modello di riferimento del “saper invecchiare con successo”. Queste psicografie sono anche utili, oltre a dimostrare che gli anziani, come qualsiasi altra classe di età, sono differenziati al proprio interno, dimostrano che la querelle tra tour operator della Terza Età e tour operator che offrono prodotti intergenerazionali su ciò che è meglio per gli anziani è infondata: esistono anziani soli che vogliono la compagnia dei coetanei e anziani che vogliono viaggiare con figli e nipoti. I primi sceglieranno opportunamente tour operator specializzati, gli altri invece pacchetti di viaggi per tutti. Dipende dal profilo psiografico. Non c’è una ricetta universale.
Per quanto riguarda il nuovo ruolo della donna in famiglia, esso varia secondo i tipi di famiglia. Se è casalinga, la capacità di influenzare il come e dove andare è molto forte quando vi sono bambini piccoli (è il modello tradizionale della famiglia nucleare nella società dei consumi). Se invece lavora, le sue decisioni hanno portato modelli innovativi.
Primo fra tutti, la vacanza separata, esempio dell’autonomia di scelta da parte della donna.
Già nel 1986 una ricerca del CERIT sulle famiglie milanesi rilevava che circa il 24 per cento aveva fatto vacanze separatamente.
Di queste il 96 per cento si sono separate per recarsi in vari luoghi di vacanza e per fare vari tipi di vacanza, mentre del restante 4 per cento solo i figli si sono recati in vacanza mentre i genitori sono rimasti in città. I motivi che inducono maggiormente le famiglie a separarsi sono l’indipendenza dei figli (66 per cento) e i diversi gusti della coppia (24 per cento). Il “gusto” può essere invocato soprattutto da una donna economicamente indipendente e culturalmente emancipata. Anche se il mare risulta privilegiato e costituisce un modello culturale dominante, la tendenza ai “bocconcini” è pronunciato tra il sottogruppo di coloro che fanno vacanze separate (vacanze brevi di due settimane ripetute nel corso dell’anno).
Occorre infine aggiungere che non siamo alla presenza di un fenomeno di moda: dal 1968 la scelta di andare “sole” si è accentuata. Ancora una volta il riferimento è dato dagli Usa: la Travel Industry Association of America considera questa scelta ormai un’abitudine consolidata perché il 35 per cento dei viaggi, che si sono svolti nel 1993 in Usa sono stati compiuti da donne sole dai 18 ai 35 anni. Non soltanto negli Usa, ma anche in Italia sono stati pubblicati vademecum con consigli pratici per le single, e nelle agenzie di viaggio vi sono i primi prodotti specifici tra cui uno denominato “Donna oggi”.
Il neonarcisismo yuppie, i gerontocrati della bella vita e le sigle separate, esprimono stili di vita diversi che però hanno in comune un mega-trend: la personalizzazione, l’attenzione alla soggettività intesa come irripetibilità in una società in cui si cerca di sfuggire alla funzionalizzazione dei ruoli, alle appartenenze stabili che durano tutta una vita. Ogni sottogruppo usa i consumi per dare un senso all’agire sociale. Anche il viaggio diventa un modo per essere importanti davanti a se stessi in una società in continuo mutamento ma sempre pronta a create etichettamenti, “stigmate” nel linguaggio di Goffman. I “bocconcini” di vacanza sono aree socio-culturali di “resistenza” della vita quotidiana.
In questo contesto, la personalizzazione acquista le caratteristiche del deconsumo rilevate dall’osservatorio Cofrema di Parigi, diretto dal sociologo Alain De Vulpian: ci sono sempre più turisti che sono maturi, che cercano di decidere da soli e di non subire le decisioni degli altri. E’ un’autonomia che è innanzitutto una rivendicazione di stile di vita, tesa a mostrare la propria personalità. Il deconsumatore vuole essere messo in grado di scegliere tra varie opzioni o di organizzare da sé il viaggio pur non avendo una mentalità pauperistica e anti-consumistica.
Mentre prima si cercava di adattare la vita al proprio lavoro, che spesso dava l’identità per tutta la vita, oggi c’è sempre più gente che cerca di adattare il lavoro alla propria vita. Siamo alla presenza di un capovolgimento dei valori: non si lavora per consumare, adesso vi sono molteplici gruppi che cercano di gestire il consumo in modo che esso contribuisca alla vita che vogliono per se stessi.
La personalizzazione del deconsumo rifiuta quindi la quantità. Si può parlare di qualità di massa. La turisticità diventa un fattore che accompagna questa tendenza: chi ha viaggiato per molti anni ha consolidato delle performances nel settore e quindi sa valutare la qualità dei beni e dei servizi. Forse la stessa attenzione per la qualità ecologica in quote crescenti di turisti, evidenziata da Jost Krippendorff già nel 1987 (secondo l’esperto svizzero, la maggioranza dei turisti provenienti dalle città europee ad economia avanzata mette al primo posto la protezione dell’ambiente), è da imputare all’amor di sé, al fatto di voler far valere dei diritti post-consumistici, post-materialistici.
Anche la volubilità, rilevata dagli operatori turistici, cioè la crescente flessibilità nelle scelte con la connessa scarsa fedeltà, rientra nella personalizzazione. Convivono infatti dentro il turista esigenze diverse che prendono il sopravvento nel corso della vita e in determinate circostanze.
Di qui la constatazione che esistono più profili psicografici che coinvolgono l’individuo in modo differenziato: egli può svolgere attività narcisistiche di carattere sportivo e contemporaneamente visitare un museo.
In tal senso, la personalizzazione fa parte della flessibilità e della mobilità che caratterizza la società contemporanea e quindi anche il turismo. La personalizzazione del deconsumo non è in contrasto con la società dei consumi, ma una sua conseguenza: si privilegia la qualità totale (nelle relazioni interpersonali, nei servizi, nell’ambiente) per adattare i consumi agli uomini e alle donne, ai giovani e agli anziani ecc. il marketing diventa infatti un patrimonio comune agli operatori turistici e a quote crescenti di esperti turistici che si occupano scientificamente del fenomeno: il turismo dura tutto l’anno e gli imprenditori sono impiegati a rendere appetibili i vari “bocconcini”.
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di Nicolò Costa