Verso un nuovo modello di vacanza

Destinazioni turistiche e qualità ambientale

Il mare è un ruolo strutturalmente conflittuale e inconfinabile in cui, non essendo possibile fare tutto e tutto insieme, al di fuori di un quadro di compatibilità unitario, è indispensabile operare delle scelte. Bizzarramente, invece, lungo le nostre coste si è fatto di tutto, dal turismo ai poli industriali. Tutto questo non è più possibile e, tanto più in presenza di difficoltà di bilancio, è quanto mai necessario operare scelte più possibili e durevoli.
In questo senso il Ministero ha operato una scelta di campo netta. Così, in poco meno di un anno, si dovrebbe passare da una a ben dieci riserve marine, mentre l’affidamento in gestione ai Comuni, e alle comunità locali, dovrebbe generare anche un meccanismo di democratizzazione.
Le popolazioni locali hanno avuto un rapporto difficile con il mare, anche quando si tratta di poli marini con una cultura del mare molto radicata, come nel caso delle marinerie e di poche altre categorie specifiche. Oggi, dire ad un Sindaco di misurarsi con la parte sommersa del territorio che amministra, vuol dire comunque far gravare su un’intera comunità locale un processo di appartenenza, di zonalità, rispetto a territori che attengono all’intera comunità. Si tratta in ogni caso di una scelta profonda, complessa, difficile, ma che fa sì che, come nel caso dell’amico Sindaco di Villasimius, che tanto si è impegnato per la realizzazione dell’area protetta marina di Capocarbonara, sia poi più facile condurre scelte faticose, per la collettività, in tema di depurazione e di risanamento della fascia costiera.
Il problema è appunto assumere la realtà concreta di questo Paese, in termini di materie prime. Infatti, sostenere che il nostro è un Paese povero di materie prime, non è che un errato retaggio della nostra cultura scolastica. In realtà, tutto dipende da cosa s’intende per materie prime.
Si scoprirà allora che le nostre materie prime sono le risorse naturali, le risorse storico-architettoniche, le risorse della cultura, sulle quali il nostro Paese non ha mai operato scelte radicali e di campo, finalizzate alla loro valorizzazione. Ed anche qui dobbiamo segnare una dipendenza culturale dai modelli anglosassoni: così come è un senso parlare di sviluppo sostenibile in certe zone del Mezzogiorno, ha ancor meno senso pensare che lo sviluppo di quelle zone possa passare attraverso ipotesi di industrializzazione passiva, in barba alle regole, non ecologiche o culturali, ma dell’imprenditoria, che valorizza e non distrugge le risorse di cui dispone.

Il prodotto

Per altro, in un quadro di competizione globale, ove tutto è ripetibile e facilmente riproducibile, il valore di un marchio di qualità è dato,appunto, dall’irripetibilità del prodotto. Cosa è infatti più irripetibile di uno scenario naturale, di un’atmosfera o della qualità della vita? Provocatoriamente, una riserva marina non è solo mare o pesca, ma è, e deve essere qualcosa di più, per potersi rivolgere anche ad utenze diverse.
Sotto questo profilo, una riserva marina è innanzi tutto un luogo dove valorizzare la cultura del mare, una qualità della vita, un’atmosfera che imponga tempi diversi da quelli della quotidianità metropolitana, che sono i tempi degli uffici e della produzione. Visitare una riserva marina un’area protetta, significa immergersi in un’atmosfera radicalmente diversa, che non si riconosca solo per un
rapporto diverso delle marinerie con il mare, ma che deve essere anche valorizzazione di un marchio di qualità della vita di investimento di una comunità, di una collettività, su un’atmosfera, irripetibile e vendibile sul mercato.
Da questo punto di vista, l’Ispettorato per la Difesa del Mare ha trasmesso a tutti gli operatori turistici e commerciali delle aree destinate a riserva marina in Italia, un opuscolo divulgativo sulle opportunità che possono nascere, in termini di occupazione e di benessere, dalla realizzazione di un’area marina protetta, sulle opportunità, in termini di scelta, delle amministrazioni locali e sulle misure comunitarie, regionali e nazionali di sostegno, che possono favorire questo tipo di scelte.

Gli Enti locali nella gestione delle Riserve Marine

In questo senso, quindi, si lega molto bene la scelta da noi operata in favore dell’affidamento agli enti locali della gestione delle riserve marine. Ovviamente, dovrà trattarsi di enti locali diversi da quelli che abbiamo conosciuto, che si pongono il problema reale e concreto di essere soggetti imprenditori e, dunque, stimolanti per il mercato. E per evitare di gravare solo sulle spalle del Sindaco, bisognerebbe anche inventare la figura del promoter comunale,incaricato di valorizzare un
marchio e che sia in grado, se necessario, di incidere anche su scelte, eventualmente contraddittorie, rispetto a quelle sottese dall’esistenza di un’area protetta.
Per concludere con un’ultima provocazione, vorrei citare il caso di Roma. Il litorale di Ostia, come la macchia mediterranea del Castel Porziano, luoghi di straordinario valore ecologico.
Di recente, il Ministero dell’Ambiente ha affidato all’Università di Tor Vergata la realizzazione di un’area marina protetta, quella delle secche di Tor Paterno, proprio nella zona di Castel Porziano

Individuare gli interventi di supporto

Il problema è ora quello di individuare gli interventi di supporto in grado di evitare che anche questa iniziativa finisca semplicemente per giustapporsi, in maniera irrazionale, a tutte le altre.
Personalmente, ritengo che anche il rispetto a questo scenario la capitale debba operare delle scelte. In effetti, Roma potrebbe essere una delle poche metropoli al mondo in grado di associare la fruizione balneare al turismo storico-architettonico. Eppure, non esistono misure in grado di connettere questi turismi e, se si parla di infrastrutture, lo si fa solo con riferimento agli abitanti di Ostia, e non certo come strumento per veicolare, agevolare e incentivare una domanda turistica interessata, di giorno, a fare vita di spiaggia e, di notte, a godere delle bellezze della città.
Perché allora non studiare ipotesi connettive di questi scenari,in modo da mettere il turismo romano nella condizione di competere sui mercati nazionali ed internazionali,attraverso un’offerta in grado di garantire contestualmente alle bellezze storico architettoniche ed alle opportunità balneari, anche l’opportunità di accedere ai circoli sportivi, che invece d’estate rimangono inspiegabilmente chiusi.
Tuttavia, credo che il problema sia anche quello di razionalizzare e valorizzare l’esistente in un quadro unitario. A questo proposito, ho addirittura sognato il Direttore del Dipartimento del Turismo rivolgersi al Sindaco di Roma e alla Regione Lazio per sollecitare quel potenziamento infrastrutturale indispensabile alla valorizzazione della città, a partire dal prolungamento verso Ostia della ferrovia per Fiumicino, in modo da raddoppiare gli accessi al litorale.
Su questa strada, credo siano tuttavia possibili alleanze ed interlocuzioni forti, perché il turismo non può non essere, un orpello folcloristico aggiuntivo rispetto a scenari di sviluppo tradizionale, ma deve essere una scelta di campo. Solo in questo senso, un Paese così ricco di mare e di coste può fornire opportunità concrete in termini di benessere e di sviluppo aggiuntivo per le nostre popolazioni.

di Renato Grimaldi
Consulente del mare
Ministero dell’Ambiente

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