L’applicazione delle norme quadro
Le vicende che hanno accompagnato l’ultimo tratto del tormentato percorso che ha portato all’approvazione della “Legge di riforma” del Turismo e, soprattutto, l’inevitabile coda di commenti e reazioni – di segno positivo o negativo – che sono seguiti, ricordano una vecchia storiella piuttosto divertente.
Si racconta come tre ecclesiastici , appartenenti ad altrettanti ordini monastici che non dirò, riuniti a tarda sera nella sacrestia di una importante cattedrale, fossero improvvisamente interrotti da un guasto all’impianto elettrico, che li fece piombare nel buio totale.
A questo punto il primo monaco si inginocchiò a pregare Iddio perché facesse tornare la luce , il secondo prese a riflettere sulla fragilità delle cose umane e ne trasse insegnamenti teologici importanti. Al ritorno della luce, poco dopo, il terzo non c’era: era infatti andato a riparare l’impianto.
Al di là degli schieramenti politici, resi più evidenti e sensibili dal periodo particolare, l’atteggiamento degli operatori, degli specialisti, di chi opera e vive di turismo è, con qualche diversa sfumatura, molto simile a quello del terzo frate: rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo per applicare, nella realtà del nostro lavoro, del nostro Paese e della necessità di competere , oggi, su un mercato dinamico, la strategia di riorganizzazione, di incentivazione e di sviluppo che la nuova legge propone e consente.
Zone d’ombra, cose da chiarire, pericoli da evitare ce ne sono, come sempre: una legge (e mai come in questo caso) è un punto di partenza, non di arrivo: invece di seguitare a chiederci quanto potesse essere fatto meglio, preferiremmo procedere alla sua applicazione. Poi vedremo, sperimentandola, se e in cosa sia opportuno modificarla per migliorarla.
Non dimentichiamoci che si tratta di una “ legge-quadro”, cioè di una legge che costituisce gli elementi fondamentali della materia che dovranno poi essere seguiti da adempimenti – a livello nazionale , regionale e locale – assolutamente determinanti per la sua buona riuscita. E non dimentichiamo anche, con realismo e un filo di distacco, che è una legge che vede la luce in un periodo in cui si è avviato il processo di riforma federale dello Stato.
In modo deludente e assolutamente insufficiente per alcuni, promettente e soddisfacente per altri, inadeguata ma accettabile come tappa immediata per altri ancora. Realisticamente occorrerà molto tempo perché il legislatore riscriva in modo coerente ed equilibrato tutto il “palinsesto” delle norme capaci di assicurare l’unità e l’efficienza del Paese e insieme il reale decentramento che il federalismo prevede.
In alcuni sue parti, la legge fa dei passi avanti che non si devono né minimizzare né trascurare.
- all’art. 1, quando sancisce i principi cui la Repubblica (cioè tutti, Stati, Regioni, Enti locali, Imprese, Associazioni ) debbo riferirsi;
- al comma 1 art 2, dove esplicitamente dichiara che Stato e Regioni riconoscono (e quindi sono tenuti a rispettare) il ruolo di provincie e comuni e l’apporto dei soggetti privati per la promozione e lo sviluppo dell’offerta turistica”;
- al comma 4 dello stesso art. 2, dove detta l’esigenza di stabilire standard minimi, professionali, strutturali e quindi qualitativi per i servizi turistici, dalla ricettività tradizionale e non, la classificazione, le professioni, certi parametri delle agenzie di viaggio, i servizi rivolti al turismo nautico, i criteri per l’abilitazione all’esercizio delle professioni turistiche, ecc.;
- all’art. 5, che introduce e definisce formalmente il concetto di “sistema turistico locale”;
- all’art 7 che rinnova il concetto di impresa turistica e dà una dimensione riconosciuta e opportunamente ampliata alle “professioni turistiche”.
Questi due articoli, il 5 e il 7, sono riconosciuti anche da molti che giudicano la legge insufficiente, come opportuni e innovativi, perché consentono di ridisegnare l’assetto, l’opportunità le iniziative e la vocazione turistica sul territorio, favorendo il superamento dei processi di concentrazione su poche aree già troppe aggredite dalla pressione turistica, e perché estendendo alle imprese turistiche le condizioni agevolate finora riservate all’ industria e mettono ordine nella selva spontaneistica ( o nei riconoscimenti troppo limitati e arretrati) delle professioni turistiche, favorendone la crescita qualitativa.
Qualcuno ha detto, criticando la legge, che è una cornice senza quadro. E’ vero, in qualche misura, ma avanziamo l’ipotesi che sia giusto così.
Il turismo è una merce che non si può trasferire: è il consumatore che si reca sul posto. Il turismo è una merce che si alimenta di diversità ambientali, culturali, climatiche, di usi, costumi, tradizioni, gastronomia, artigianalità.
Quindi il turismo è un prodotto locale per eccellenza e, salvo alcune regole e alcuni parametri di base esso deve essere regolato da leggi, iniziative, modalità flessibili. Una legge dello Stato deve dunque, particolarmente in questo campo, limitarsi a stabilire i principi e i parametri nazionali. Il resto è e deve essere affidato al potere e alla iniziativa locale, al ruolo pubblico che deve creare le condizioni perché l’iniziativa privata si trovi in condizioni di investire e pianificare la sua attività.
Il “quadro”, dunque, variegato e ricco di colori diversi, è ancora da dipingere, ma la legge ci ha dato, oltre alla cornice la tela e un po’ di barattoli di colore. Se non bastano li mischieremo, per ottenere nuove sfumature, se non bastano ancora ne chiederemo altri.
Di Adriano Agnoti