Sviluppo sostenibile della città ospitale

Aumento del turismo urbano e gestione dell’accoglienza: il caso di Torino

I rapporti dell’uomo con l’ambiente cambiano a seconda dei fenomeni legati alla mentalità ed al modo con cui si vivono in concreto questi rapporti. Quando si parla di ambiente, viene spontaneo pensare ai valori attinenti il paesaggio, la morfologia del territorio, l’orografia, nonché i costumi ed il patrimonio culturale e storico. Questi inducono a considerare, per esempio, tutto ciò che costituisce il senso della gestione di un territorio, non trascurando quelle parti dove l’uomo opera e dove s’industria per ricavarne di che vivere.

Aprendo questo discorso al turismo, ossia a quell’occasione mirata a godimento derivante dall’osservazione e dall’utilizzo di talune risorse come benefici diretti della natura, si scopre che con una specifica organizzazione dell’attività agropastorale, per esempio, si può ricavare un certo loisir, ossia una possibile ricreatività per la quale è stato escogitato un termine che ormai già rientra nella tipologia consolidata del settore, e cioè l’agriturismo”. Relativamente, invece, agli insediamenti urbani, dove l’uomo esprime attivamente, in modo intenso e continuativo, una contestuale relazione di scambi socio-economici, il lessico turistico non poteva rimanere privo di una specifica definizione circa il loisir relativo a tale habitat: questo è l’urbsturismo.

Di fronte a questo neologismo, utilizzato per la prima volta del Settimo Rapporto sul Turismo italiano, ci viene spontaneo richiamare talune iniziative della Regione Piemonte e riferite a progetti detti di “Città Aperte”, con le quali si è promosso e incentivato l’interesse della gente a riscoprire vecchi insediamenti sparsi qua e là nel territorio, allo scopo di valorizzare – e per certi aspetti far rivivere – talune costumanze di vita risalenti al medio evo, o comunque al lontano passato.
L’aver conosciuto il termine “urbsturismo” significa, quindi, ridefinire e sollecitare un interesse culturale di certe forme di turismo nell’ambito urbano, incentrate su un duplice effetto di attività umane in grado di produrre benessere a vantaggio del destinatario, ma anche dello stesso residente.

Ciò è possibile attraverso il recupero di certe risorse naturali, urbanistiche e architettoniche, oltre agli usi e costumi legati ai luoghi del passato e del presente, purché nell’insieme idonei a soddisfare una curiosità ambientale e a dare il piacere di scoprire cose nuove anche nell’antico. Ecco, tutto questo è l’urbsturismo: un’osmosi in cui tutto ciò che si produce sotto forma di benessere spirituale, come godimento della conoscenza culturale a favore del turista, si traduce contemporaneamente in benessere socio economico per chi vive in loco, sotto forma di risorsa e come ottimale e redditizio investimento.

Inoltre, con il termine urbsturismo si può anche intendere una forma di turismo incentrata su quelle attività che si esplicano attraverso il recupero delle risorse archeologiche, delle risorse naturali e architettoniche facenti capo ad organizzazioni urbane, per farle godere in “modo integrato”. In altre parole, l’urbsturismo nasce affinché quelle entità destinate a dissolversi nel tempo, si trasformino in risorse d benessere e, quindi, in risorse economiche. Da una parte esisterà una domanda diffusa di soggiorno per una vacanza di un turista alla ricerca di forme di vita autentica in una città a misura d’uomo, dall’altra parte esisteranno città che offriranno un immediato contatto con questi beni dove vi è la possibilità di predisporli in offerte organizzate. La funzione dell’urbsturismo, quindi, sarà anche quella di creare un incontro di qualità tra un certo tipo di offerta e una particolare domanda, ricercando e presentando i luoghi della natura o gli aspetti della città con certe ricettività, in modo da renderli capaci di ridestare nel turista talune aspettative in altro modo negate quando queste risorse,assopite, fossero utilizzate o dimenticate. Ovvero, una forma di esperienza turistica per la quale la qualità delle risorse è assunta come materia prima indispensabile allo svolgimento di un’attività economica da predisporre in modo naturale per uno sviluppo sostenibile. Uno sviluppo, mediante il quale si deve salvaguardare l’elemento fondamentale della propria stessa esistenza che è costituita dal bene culturale e da quello ambientale.

Affinché si rafforzi questa tipologia turistica, tuttavia, è necessaria la presenza di un magnete urbano e capace di attrarre ed orientare flussi di persone derivanti da una domanda culturalmente motivata e stimolata a conoscere tutte le forme di irradiazione che si riverberano in un’area più vasta. Il paesaggio urbano di Firenze, ad esempio, con i suoi profili architettonici ma anche con il verde dei viali e dei poggi, si riverbera nelle altre piccole città d’arte della Toscana, ma anche nel Chianti e nella Lucchesia, così come la “personalità” turistica di Napoli si estende a territori che sono anche molto distanti dalla città partenopea, come la costiera Amalfitana e quella Cilentana.

Per il Piemonte, Torino va assumendo questa funzione di “magnete” soprattutto in questa fase i cui è impegnato nell’organizzazione del megaevento olimpico del 2006. Operando nelle aree metropolitane in questo modo, si potrà trovare nel turismo un’altra forma di offerta, specialmente se vi si abbina una cooperazione con altre città “complementari” e periferiche, cosiddette della “cintura” , che consentono di competere con maggior successo con le proprie concorrenti. E’ ovvio che la riuscita di tutto questo possa dipendere dal grado di capacità di affermare i valori culturali, i vantaggi economici e sociali propri della città e assumerli come caratteristiche competitive specifiche.
Una riflessione per esempio, sulla città di Torino, ci porta a ribadire che un successo in tal senso non può che prendere avvio dalle dinamiche di cooperazione e competizione tra aree territoriali e poi dalla specializzazione turistica dello stesso capoluogo che a sua volta non può che dipendere da una scelta strategica di cui occorre avere idee chiare e pianificate atte a colmare carenze gap economici e culturali. Di questa città, dove si è voluto riqualificare una vecchia struttura industriale convertendola a forum, a centro espositivo, culturale, sociale, commerciale e artistico, si sono cercate quelle potenzialità turistiche che sarebbero dipese dal grado con cui si sarebbe riuscito a valorizzare e a rendere ù competitivo il suo apparire e il suo modo d’essere, cioè il modo di lavorare ed organizzarsi come una struttura con una sua specificità ed una sua precisa identità.

E’ certo che il grado dell’affermazione di questa formula può dipendere dalla maggiore o minore capacità nell’attrarre flussi di persone trasformandole in “cittadini temporanei”, motivando l’attribuzione di “cittadinanza” con il “consumare in loco” ossia una condivisione dei valori della città, con l’immedesimarsi nello sviluppo e nell’utilizzo dei servizi. Nel vivere certe atmosfere, nel godere di suggestioni ed emozioni, nello scoprire certi gusti che inducono a rigenerarsi fisicamente e psicologicamente, arricchendosi culturalmente di un certo particolare umanesimo. Insomma, a rispolverare vecchi valori inestimabili di civiltà.
Il prodotto Torino , quindi, nella sua accezione turistica, propone una chiave di lettura originale: il luogo di produzione ed il luogo di consumo devono coincidere. Con questa logica, più si eleva il valore “d’uso” della città, più si incrementerà il valore di scambio. E’ così che la città e il territorio diventeranno più desiderabili, più attraenti, più originali, ossia , “unici”. Ed è proprio nell’unicità che la funzione ospitale, proposta in questo modo, riesce a dare un certo valore a quella particolare “cittadinanza”, generando così una rete di relazioni e di esperienze che si intersecheranno continuamente.

La città aperta

Nella migliore accezione dell’urbsturismo, infatti in una città ospitale si sottintende un impegno in grado di regolare le relazioni economiche, tenendo presente che il fine è quello di far star bene le persone che la “utilizzano” e quelle che si adoperano per creare le condizioni per vivere bene insieme, cioè, sia come turisti che come residenti.
E’ così che il buon esito dell’impresa viene a dipendere meno dal singolo scambio di beni e più dalla capacità di creare una relazione duratura, da una capacità di comprendere le aspettative delle persone , accoglierle bene, per soddisfare i loro bisogni attraverso un’efficiente e amichevole sistema di servizi, e poi dall’alimentare il più possibile lo scambio con nuove esperienze.

La “città ospitale” è un luogo in cui deve nascere la consapevolezza di una responsabilità degli spazi e dei beni comuni e del fatto che, poiché ogni persona è diversa dall’altra, diverse potrebbero essere le aspettative,i desideri, i bisogni, per cui si può pensare alla omogeneizzazione del prodotto turistico e ad una eccessiva standardizzazione dell’offerta.
Ora, in una riflessione più approfondita sulla città di Torino, al di là della sua consolidata immagine storica di città industriale dell’auto, possiamo dire che essa si trova oggi a sostenere una svolta nell’utilizzo di una sua futura immagine internazionale, di città leader quanto meno della creatività e dell’operosità. Nel contempo si trova anche ad affrontare una conversione delle proprie risorse in un momento della storia che cambia, non solo sotto l’aspetto economico e sociale, ma anche sotto il profilo politico e geografico.

Torino, nel passato non molto lontano, è sempre stata sede di iniziative in diversi aspetti della tecnologia e delle scienze, della cultura , del costume e dell’arte ma, sovente, ha dovuto subire la sua marginalizzazione in un contesto nazionale non di rado è rimasta offuscata dalla proiezione d’ombra di una città come Milano.
Oggi, invece, si trova di fronte ad un momento che rappresenta non solo un evento che segna il passaggio da una fase industriale ad un’altra postindustriale, ma anche ad una occasione per una maggiore apertura con la quale ampliare gli effetti della propria potenzialità, per superare la risonanza di grado nazionale e passare a quella superiore di centro commerciale. Per Torino, quindi, è un cambio di ruolo in una nuova realtà dove la sua presenza può concretizzarsi con l stessa coerenza, con la stessa puntualità di sempre e certamente con maggiori vantaggi.
Torino è sicuramente la più europea delle aree metropolitane italiane, non solo perchè è posta all’incrocio di importanti assi di sviluppo e corridoi di traffico, ma anche perchè dimostra la sua buona capacità partecipativa alle reti di cooperazione con altre città europee in vari ambiti, come quello istituzionale, quello economico e quello universitario. La fiducia in questo senso è totale perchè, come si è detto, non si è lasciata mai cogliere di sorpresa da eventi storici e perchè, com’è sua tradizione, al momento che fa un passo, calcola l’altro successivo.
Qui, del resto, le olimpiadi del 2006 rappresentano un’occasione per un deciso rinnovamento, da città industriale a città di sport, di cultura, di costume, di storia e di realtà nuove, come per esempio la partecipazione allo sviluppo di attività nello spazio siderale (Alenia Spazio), oppure le nuove formule di turismo integrato.
Di questo, Torino è cosciente. Infatti, si trova già ad aver superato la fase di pianificazione, avendo dato inizio a quello di attuazione.
Con i quarantasei musei, i caffè e le settimane culturali, le conferenze/dibattito di filosofia, gli incontri per favorire la conoscenza dei grandi pittori e delle varie tendenze dell’arte è decisa a determinare uno sviluppo sostenibile della metropoli. E non solo come istituzioni, ma anche come cultura diffusa dei cittadini. Questo disegno risulta dalla creazione di un oculato Piano Strategico della città. E’ così, quindi, che l’appuntamento del 2006 diventa stimolo e occasione da non perdere per scrutare nel proprio futuro, di città leader oggettivamente ed in modo pianificato: a riguardo, sta provvedendo un’associazione presieduta dall’ex sindaco Valentino Castellani, che ha riscosso un ampio consenso fra le varie categorie di lavora e d’impresa.

Torino internazionale

L’associazione che si chiama “Torino Internazionale” ha raccolto attorno a sé la partecipazione di 20 Comuni e 78 fra enti, società, associazioni, aziende di fama internazionale, università, ordini professionali, oltre allo stesso comune di Torino ed ai locali enti camerali.
Dunque, non si può riconoscere in questa iniziativa un sicuro impegno di quella parte della città che veramente costituisce l’anima – che solo riduttivamente potrebbe definirlo “locale” -ma che in verità, com’è accaduto nel passato, potrebbe essere l’anima di tutto il Paese.

Che significato ha questo piano, e che cosa si propone? Se fino a poco tempo fa le città vivevano di relazioni economiche e culturali col mondo esterno, limitatamente ad una dimensione regionale o tutt’al più nazionale, da oggi in avanti la città si estenderà con le sue reazioni a scala planetaria, nel senso che dovranno essere in grado di superare e annullare le vecchie barriere localistiche.
Questo piano strategico, infatti, stimola il mondo politico, quello economico e quello sociale ad operare, aiutando Torino ad entrare nel nuovo secolo con una nuova veste ed una specifica preparazione, la più internazionale possibile, e con progetti che siano in grado di migliorare la qualità delle infrastrutture urbane e la coesione sociale. Tutto questo, articolato in uno sviluppo sinergico fra tutti i settori.
Il complesso delle azioni dev’essere possibile da parte di tutti i cittadini ed in particolare di coloro che hanno a cuore il futuro di questa città, con iniziative dove la libertà e la capacità d’innovazione possano rappresentare i punti sostenibili e che interessino le reti internazionali di cooperazione economica, scientifica e culturale.

Per esempio, un’interessante progetto è Hidroaid, la “scuola internazionale dell’acqua per lo sviluppo” il cui compito è quello di formare specialisti nella gestione delle risorse idriche dei paesi in via di sviluppo (PVS). Un’altra iniziativa, che noi riteniamo decisamente valida, è quella della creazione di un Master Internazionale in Management e Marketing del Turismo, con l’obiettivo di dare una preparazione che incontri le esigenze di managerialità espresse dalle aziende del settore turistico internazionale e, contemporaneamente, permetta ai corsisti la diretta conoscenza dei processi di gestione dei prodotti turistici, anche complessi con effetti macroeconomici.
Un da farsi, quindi, almeno in un contesto europeo in cui altre cinque città continentali hanno già iniziato, in modi più o meno simili, a ricercare una nuova identità adatta ai tempi e alle circostanze. Esse sono Glasgow, fin dal 1976, Francoforte dal 1977, Lione dal 1982, Bilbao dal 1988, e Barcellona e Lisbona dal 1990.

Il piano torinese, come si è detto, non prevede una sterile titolazione soltanto propositiva, ma detta già le linee operativa di sostanziali adeguamenti ai tempi, di cui la nuova formula dell’Urbsturismo offre contenuti e modalità d’innesco di alcune strategie per raggiungere, nel più breve tempo e secondo un’intelligente gradualità degli intenti, una attrattività turistica nuova che asssicuri un reale loisir, moderno e soddisfacente, ma proiettato verso il recupero di valori che, nonostante l’evoluzione dei tempi, idealizzi i significato profondi dei raccordi di una civiltà con quella che rappresenta la sua storia.
Pertanto, oltre ai percorsi urbani e nelle aree metropolitane alla ricerca di forme di vita nella città fatta a misura d’uomo, il piano mira alla valorizzazione e alla promozione della cultura dove è possibile individuare talune radici del passato, come capitale sabauda e d’Italia, di capitale industriale e dello sport.
Perchè questo? Perchè questo Piano si riferisce al patrimonio storico-culturale della città e perchè oggi – proprio in una continua ed inarrestabile evoluzione economica e sociale che si protrae fino all’intrigata visione globalizzante della vita di tutti i popoli – Torino si ripropone di offrire l’occasione della ricerca di un legame col territorio, dove dalla natura dei luoghi e dai resti del passato si possono percepire certe emozioni che parlino delle proprie origini.
E’ così sembra più possibile qualunque cerchio di relazioni e di sentimenti che saldano la persona con il proprio territorio. E a Torino, il territorio è rappresentato dalla valorizzazione delle aree urbane, che parte da quelle più centrali, come Piazza Castello, Piazza Carignano, via Po, la Mole, il museo di Scienze Naturali. Nel programma non ù stata trascurata la Palazzina di Stupinigi, la Reggia di Venezia, gli straordinari monumenti religiosi, come Superga dello Juvarra, San Lorenzo del Guarini e molte altre chiese. Oltre a questi monumenti, molti stupendi palazzi gentilizi e d’epoca.
Questo immenso patrimonio architettonico, dalle linee preziose, dai cortili splendidi e dai saloni sontuosi, riccamente decorati ed affrescati, nell’insieme, ridonda di valori e di significati della storia che costituisce l’orgoglio ed il vanto dell’arte e del gusto italiani.
E che dire di 15 Km.di porticati continui? Oppure della razionale espressività urbanistica torinese? Quante città al mondo possono vantare la possibilità di vivere un centro abitato in termini più partecipativi come a Torino? E’ così che strutture e sovrastrutture come queste certamente possono determinare una maggiore capacità di attrarre flussi di turisti come se fossero cittadini nella propria casa.

Nel Piano Strategico si legge che “l’obiettivo è di rendere Torino una città che riveste un ruolo riconoscibile nel panorama internazionale e risponda all’esigenza di migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti e delle persone che vi si recano per lavoro, per affari o per turismo”.
Ottimi proponimenti in questa enunciazione, ma se la qualità urbana significa qualità degli spazi urbani, dei manufatti architettonici, della funzionalità e sicurezza del traffico, della coesione sociale e della riduzione degli ambiti di marginalizzazione e di emarginazione, a Torino tutto questo esiste. Sarebbe una condizione necessaria già superata per soddisfare le esigenze di un nuovo modello di turismo urbano.
Per queste ragioni – con tutte le sue variabili e con tutte le sue incognite – Torino potrebbe essere una città modello, dotata fin dalla sua nascita di quelle caratteristiche che, oltre ad una precisa identità, le assicurano anche una precisa reputazione.
Torino, infatti, è figlia di una cultura razionale e regale, dover il turismo potrebbe prima di ogni cosa essere attratto per il rispetto che la città ha per la sua individualità , da renderlo sicuramente soddisfatto della sua scelta.
Infine, di tutto questo ne rimarrebbe appagato per aver provato sensazioni ed emozioni di una cultura trasmessagli con sobrietà e garbo, com’è costume di questa vecchia capitale pronta a ricavalcare l’onda di un meritevole successo internazionale

di Luca Baldassarre

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