Più Stato e più mercato

Sembra che la tragedia di New Work, a cui abbiamo assistito con orrore dalle nostre case, abbia veramente fermato il tempo e ci porti a riflettere, a cercare di capire perchè questo mondo è così sbagliato. a riflessione individuale e collettiva è più che mai necessaria non solo per confrontarci, ma anche per tentare di costruire alcune di quelle certezze di cui tanto ci siamo fidati ma che oggi vacillano. Certo dovrà essere ridiscusso e ricollocato anche il modello economico e sociale sui cui l’occidente ha tanto investito.

Si pensi ad esempio alla polemica che nel nostro paese è stata condotta, fino a pochi mesi fa, contro lo Stato, insultato come socio occulto, sgradito e inetto che ingoiava più della metà dei sani guadagni prodotti dal lavoro , polemica che oggi è scomparsa dalle discussioni politiche.
L’attentato alla nostra sicurezza ha fatto, invece, velocemente riemergere una esigenza di tutela super partes, di ricorso ad una organizzazione forte, estesa, paterna, che ci metta al riparo dalla violenze. La deregulation nei trasporti aerei, le privatizzazioni di servizi essenziali quali i controlli sulle persone o i trasporti ferroviari, dicono chiaramente che non è vero che la gestione privata sia poi così vantaggiosa se, in nome del profilo, vengono sacrificati beni essenziali ed irrinunciabili ed addirittura la vita stessa dei cittadini. E’ proprio l’11 settembre, le istituzioni sono state la prima linea di difesa contro le barbarie, hanno garantito l’immediatezza degli interventi, hanno raccolto la pena delle persone colpite, hanno consentito che si riprendesse a vivere.

L’esigenza di riconoscersi in un’organizzazione più vasta che superi i limiti del contingente è naturalmente più sentita in periodi di crisi, ma forse questa terribile esperienza induce a maggior cautela nel celebrare i vantaggi di un mercato affidato ai soli meccanismi economici. Un desiderio quindi di Stato, nella sua migliore accezione certo, ma pur sempre Stato, res publica, punto di riferimento e mediatore di esigenze complesse, tanto più complesse quanto maggiore è l’evoluzione della società. Più Stato, quindi, in primo luogo per garantire più sicurezza, che oggi è la maggiore urgenza, ma più Stato a garantire le nostre libertà: politiche,economiche,sociali,culturali e personali migliorando le istituzioni pubbliche.

Possiamo viaggiare con maggior tranquillità, spostarci, produrre, comunicare, occuparci di tutto quello che ci interessa. Ed ugualmente un mercato efficiente, dinamico, rispettoso delle regole ( sia di mercato che giuridiche) raggiunge risultati economici e sociali vantaggiosi per chi produce e chi consuma. Tutto sta a saper armonizzare le componenti della società abbandonando il semplicissimo slogan del “meno Stato,più mercato”. L’evoluzione dei rapporti tra Stato, società e mercato che oggi è condizionata che oggi è condizionata dalle gravi minacce del terrorismo può anche facilitare un percorso di crescita che veda una espansione dello Stato funzionale o quello del mercato e della società. Così da poter dire che in realtà, oggi, più Stato determina più mercato.
E lo constatiamo proprio negli Stati d’America, bandiera del liberalismo economico, che ha messo in campo interventi solidi a sostegno dell’economia ricorrendo agli strumenti tradizionali del deficit spending,elaborato a ridosso della crisi del 1929, della manovra del tasso di sconto, degli sgravi fiscali volti a favorire le imprese ma anche i consumi privati, tutto un sistema, quindi, di interventi pesanti pubblici, possibili cioè solo da parte di un’istituzione pubblica, lo Stato appunto.

Riconoscere il ruolo dello Stato significa capire che nella produzione culturale, sociale ed economica tutte le società evolute si fondano su strutture pubbliche che garantiscono la libertà di tutti, compresa, ovviamente quella economica. Lo Stato deve essere uno Stato vero, che adempia naturalmente alle sue funzioni e non debordi in aree che non gli competono, mentre anche il mercato deve essere un mercato vero, un mercato adulto, senza elemosine, furbizie ed imbrogli, cartelli o abuso di posizioni dominanti.
Allora il problema è quello di definire i ruoli dello Stato e, per esclusione, lasciare che tutto il resto venga regolato dal mercato. E la definizione del ruolo delle istituzioni è stata largamente compiuta durante gli ultimi anni con una serie di leggi fondamentali a partire dalle leggi 59/97 di delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa, fino alla recente legge costituzionale sull’ordinamento federale della Repubblica, definitivamente approvata con il referendum popolare del 7 ottobre 2001.

Il paese ha ora a disposizione un sistema giuridico di eccezionale spessore, un patrimonio avanzato di elaborazione in grado di cambiare radicalmente i rapporti all’interno della società civile, attribuendo dinamismo ed efficienza alle istituzioni locali e nazionali, ma garantendo ad imprese e produttori piena libertà operativa. Purché questo sistema non vada sprecato nella palude della burocrazia, nell’attesa infinita di norme di attuazione, di emendamenti e di modifiche.
L’innovazione giuridica della legge sull’ordinamento federale, che genera effetti su tutto il sistema-paese, naturalmente influirà pesantemente anche sulla regolazione del turismo.

In primo luogo perchè l’art.117 della Costituzione, così come modificato dalla nuova legge costituzionale, che elenca in maniera rigorosa la materia di competenza statale, non comprende.
ovviamente, il turismo che già nella precedente formulazione costituzionale era materia di competenza regionale, sia pure “nei limiti dei principi fondamentali, stabiliti dalle leggi dello Stato”. Ma il turismo viene escluso anche dalle materie che lo Stato regola con disciplina generale, anche se tra queste sono numerose le materie che hanno attinenza diretta o mediata con il turismo. Ed infine il turismo viene escluso anche dalle materie in cui lo Stato e le Regioni intervengono, con legge, in tema di valorizzazione e promozione: lo Stato e le Regioni disciplinano con legge, ciascuno nel proprio ambito, la valorizzazione dei beni culturali e la promozione e l’organizzazione di attività culturali,(art.5 della legge sull’ordinamento federale della Repubblica). Il turismo, quindi, rientra nell’ambito di competenza delle altre istituzioni che compongono la Repubblica: Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

E’ evidente che questa nuova legge costituzionale dovrà ridisegnare l’assetto giuridico di fondamentali aree sociali ed economiche del paese, che in gran parte incidono sulle produzioni di beni e servizi turistici. Si pensi alla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai trasporti, alla tutela di sicurezza del lavoro , alla comunicazione, alle professioni, e numerose altre materie. Serve, quindi, un impegno serio, concreto che richiede eccezionali capacità.
L’utilizzazione dei nuovi strumenti giuridici finalizzati alla creazione di un sistema più efficiente, funzionale, flessibile e dinamico potrà dare una risposta strutturale alla crisi innescata dalla tragedia di New Work. E’ naturale che, nell’immediato, da parte degli operatori vi sia stata una forte richiesta di intervento(più Stato) per fronteggiare l’emergenza, ma è altrettanto chiaro che si dovrà anche pensare e progettare un percorso di lungo periodo che produca effetti positivi di lunga durata
sulla domanda nazionale ed estera.

Va da sé che nel tempo l’attuale crisi della domanda verrà ammortizzata, ma d’altra parte la globalizzazione porta anche a questo: tutti i luoghi sono ugualmente insicuri, nessuno è in grado di affermare che sia meglio andare a lavorare in metropolitana che andare in vacanza, e che restare a casa dia maggiori garanzie che passeggiare per le strade di una grande città o in riva al mare. Così, se vi è stata una riduzione consistente nei trasporti aerei, si è avuto anche un aumento di utenti nel trasporto ferroviario, e ad un prevedibile calo della domanda turistica intercontinentale si può opporre un altrettanto prevedibile aumento della domanda domestica (nazionale e di provenienza europea).

Nuovi modelli di consumo turistico

Cambiano, dunque i modelli di consumo, gli stili di vita. La prova dell’11 settembre potrebbe cambiare, e sarebbe un bene, le modalità di uso del consumo turistico, sostituendo i veloci tour mordi e fuggi, con veri viaggi dentro il territorio e la sua storia, un turismo full immersion che diventa patrimonio culturale di chi lo fa. La paura di oggi non può essere semplicemente onestetizzata con banali interventi, magari tradizionalmente promo-pubblicitari con slogan-boomerang, ma i due grandi protagonisti dell’economia e della società, lo Stato ed il mercato, dovrebbero saper proporre nuovi modi di produzione di servizi turistici e di servizi al turismo “ciascuno nel proprio ambito” per offrire ad ogni cliente tutti gli strumenti di conoscenza ed approfondimento funzionali alle sue esigenze.

Una seria politica strutturale di lungo periodo potrebbe garantire buoni risultati a patto che preventivamente Stato e mercato delimitino, sulla base delle previsioni costituzionali, i ruoli e le competenze di ciascuno così da realizzare un vero concerto operativo.
Più Stato,quindi, per più mercato, quindi. Più Stato, però, non significa occupare più spazio, ma progettare e realizzare uno sviluppo verso la qualità delle prestazioni dello Stato rigorosamente nelle aree che gli sono riservate, con processi decisionali chiari, efficaci e mirati alle esigenze del cittadino ed alla trasparenza del mercato.
La produzione legislativa che dovrà seguire la nuova impostazione costituzionale sarà il banco di prova della civiltà giuridica, culturale e sociale del nostro paese; ma anche il mercato dovrà proporsi come un sistema produttivo più attento ai bisogni del consumatore, intercettare le esigenze ed adeguarsi ad esse fidando sulla propria forza ed assumendo il rischio d’impresa come fattore di dinamismo.
E questo è un impegno enorme considerate le quantità e le qualità della nostra offerta culturale ed ambientale. Certo, richiede grande professionalità, preparazione specifica, costanza ed esperienza; ma i risultati possono essere di straordinaria portata, sia per l’immagine del nostro paese che per la qualità dell’offerta turistica.

Inoltre lo Stato, sempre nell’ottica di fornire servizi al turismo ed ai suoi utenti, ha la possibilità di intervenire attraverso lo stanziamento di fondi diretti a premiare determinati standard qualificativi dell’offerta, ad incentivare lo sviluppo e la promozione di aree emergenti, a facilitare l’attività di istituzioni locali pubbliche e private. Insomma lo Stato può svolgere, come fornitore di servizi su domanda, gran parte dei compiti che finora gli sono stati assegnati da leggi.
Ed infine lo Stato, può garantire la tutela di quei diritti dei consumatori che, già individuati nelle norme comunitarie, sono codificati nella legge 281/99. Chi meglio potrebbe ad esempio vigilare sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti e dei servizi o sulla tutela della salute oppure sulla adeguatezza delle informazioni fornite e sulla correttezza della pubblicità, che sono, appunto, alcuni dei diritti riconosciuti ai cittadini comunitari?
Ed anche qui, l’intervento dello Stato si risolve a vantaggio della qualità dell’offerta, rassicura i consumatori, incentiva la domanda e quindi agevola le imprese a vantaggio delle economie locali e di quella nazionale.

Sta soprattutto ai cittadini, imprenditori ed utenti, pretendere che lo Stato, le Regioni e gli altri enti locali provvedano , e con urgenza, a stabilire le nuove regole, perchè senza di esse nessun fenomeno può essere governato in modo equo. Va da sé che invece l’assenza di regole favorisce il più forte o il più prepotente.
L’elaborazione di un sistema normativo basato sulla nuova previsione costituzionale è la struttura portante del futuro sistema-paese, se veramente si vuole costruirlo.

La legalità, la redazione di regole semplici e chiare sono la protezione più sicura per i cittadini,. E su questo terreno dovrebbero orientarsi le azioni di stimolo e controllo delle organizzazioni dei consumatori e delle formazioni politiche e sindacali.
A capo di questo grande riforma dovrebbe proprio porsi lo Stato per avviare insieme alle istituzioni locali un processo di raffinazione delle regole del gioco. Forse così le attuali quattrocento ingarbugliatissime leggi speciali sul turismo potrebbero non solo ridursi di numero ma diventare un reale strumento di garanzia nei confronti dei cittadini-turisti, italiani e stranieri che siano.
Uno Stato virtuoso mette in moto una filiera altrettanto, ma fino a che punto il nostro Stato è virtuoso. La partita si presenta interessante : i giocatori ci sono, il pubblico pure. Aspettiamo il fischio d’inizio.

di M.Raffaella Tiberino

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