Organizzare le Risorse

Dalla ripresa turistica del 1994 a una politica di rilancio nel settore

Il ruolo che il turismo esercita per lo sviluppo socio-economico del Paese è fin troppo evidente, come testimoniano i dati riferiti all’andamento del settore nel 1994: un giro d’affari annuo di 100 mila miliardi, pari all’8%  del Prodotto Interno Lordo, ed un milione di occupati. Non solo, le rilevazioni Istat parlano di un volume di presenze complessive  pari a 63 milioni (+ 16% rispetto allo scorso anno).

Ora, si tratta di una crescita fragile, legata più a fattori congiunturali, che non all’avvento di una seria politica  di rilancio  del settore.  A questo  “boom” del turismo hanno infatti contribuito la svalutazione della lira e la “relativa sicurezza” del territorio italiano rispetto ad altri bacini del Mediterraneo, colpiti da conflitti e caratterizzati da instabilità politica.

Infatti, il turismo italiano soffre ancora, purtroppo, di una tradizionale disattenzione da parte dei responsabili della politica economica, che ad esso  non hanno destinato  un’adeguata “politica di sistema” e le necessarie risorse finanziarie.

Si è continuato a credere nelle autonome capacità di sopravvivenza del settore, confidando nell’inestimabile patrimonio di risorse naturali e culturali del Paese. Si è continuato a guardare al turismo come ad un a sorta di “volano” emergenziale, di riequilibrio di situazioni di crisi economiche  e finanziarie:  un turismo, dunque, inteso come ancora di salvezza e sportello “all’incasso” di flussi di monete forti.

Ma si è trascurato che la competitività sui mercati internazionali si difende e si costruisce piuttosto attraverso una strategia volta ad organizzare le risorse, in modo da farle agire come elementi di attrazione in un sistema finalizzato, a stimolare, indirizzare e coordinare i flussi turistici e le potenzialità ricettive.

Occorre, invece, aumentare la fruibilità del patrimonio turistico, diffonderne le conoscenze e tutelare  la conservazione dei suoi valori. In una parola, trasformare la vocazione naturale in progettualità strutturata:  dall’empirismo e dalle rendita storica, assicurata dai bei tempi andati, occorre passare alla centralità di una concreta politica del turismo. Il turismo è, infatti, una delle poche attività produttive in grado di irradiare stimoli positivi ad infinite attività collaterali, fungendo  da moltiplicatore intersettoriale ed interproduttivo, in una logica di sviluppo integrato che consentirebbe di far ripartire il ritmo del riequilibrio territoriale, sia in termini di reddito che di occupazione. Con riflessi positivi anche sul fronte dei consumi, rispetto ai quali il turismo funge da moltiplicatore del rapporto tra effetti diretti attivati dalla domanda ed effetti indiretti derivanti dalla necessità di servizio.

E’ questo un percorso obbligato, in un’economia  post-industriale, sempre più orientata alla valorizzazione del bene in quanto elemento catalizzatore di servizi e di valore aggiunto. Da sempre la Confcommercio si è attivata per creare un quadro di condizioni di base che consentisse la piena valorizzazione del sistema turismo,  considerando il settore come elemento cardine di una strategia di ammodernamento e rilancio dell’economia nazionale. Già nel lontano 1987, col “Progetto Sud” presentato a Sanremo, la Confcommercio pose fra i suoi obiettivi prioritari l’individuazione di un modello di sviluppo imperniato sulle potenzialità di attrazione della risorsa turismo, che, specie nelle regioni meridionali può sbloccare il processo di sviluppo ed attivare il superamento di situazioni di arretratezza infrastrutturale e produttiva. Una strategia riproposta l’anno scorso, al convegno di Milano in occasione della Bit, in cui la Confcommercio individuò una serie di percorsi per un approccio diverso alla questione turismo, cui accennerò brevemente.

Innanzitutto, qualsiasi intervento di carattere progettuale nel turismo deve partire da quelle che sono le specificità dell’offerta turistica italiana  nel suo complesso, che possono essere sintetizzate nella netta prevalenza  di piccole e medie imprese, nella loro capillare diffusione sul territorio, nella gestione  perlopiù “familiare”.

Tutto questo è spesso denunciato  quale limite allo sviluppo che dovrebbe essere, invece,  basato sull’industrializzazione del sistema turistico italiano.

Questa impostazione vorrebbe applicare i principi della standardizzazione del prodotto ad un prodotto quale il turismo italiano che, al contrario, si caratterizza per una estrema diversificazione dell’offerta, per una peculiare cultura dell’ospitalità, per la flessibilità della struttura ricettiva e per la presenza “storica” in tutti i luoghi di interesse turistico.

Né si può continuare a ragionare in termini di “sviluppo economico” con l’unica accezione che è quella di business diretti o ulteriori cementificazioni, per aumentare magari  la nostra capacità ricettiva senza preoccuparsi di una località turistica.

Occorre trovare una “risposta italiana” che valorizzi le interconnessioni esistenti sul territorio tra tradizioni, presenza di beni culturali ambientali ed artistici ed efficienza del  sistema  dei servizi turistici, ivi comprese le nuove e moderne infrastrutture.

In questo modo si potrà intervenire per riequilibrare gli assetti produttivi locali, ma all’interno di una strategia globale di crescita dell’economia  nazionale: puntando sul rilancio della qualità dell’offerta, sull’integrazione dei servizi, sul potenziamento delle infrastrutture, sulla destagionalizzazione dei flussi turistici. Questi gli  elementi  portanti della politica della Confcommercio  per il turismo, ben presenti anche nelle linee guida dell’ultima stagione contrattuale. Una stagione che si è chiusa con la sigla di un  accordo sindacale che salvaguarda le esigenze sia delle piccole che delle grandi aziende,  nella piena valorizzazione delle varie formule professionali, e con particolare riguardo al capitolo della contrattazione integrativa, agganciata ai livelli di produttività aziendali.

Nonostante quest’impegno politico e sindacale, rimangono scarse le risposte delle istituzioni. E si è ancora fermi sul fronte del necessario raccordo fra interventi pubblici e privati, a livello sia centrale che regionale.

Carenti, inoltre, gli interventi destinati a garantire sui mercati internazionali la competitività dell’offerta italiana, penalizzata da episodi ci  impegni di promozione e coordinamento organizzativo, che marginalizzano soprattutto le piccole e medie aziende. Ed è incomprensibile  come in un Paese con tradizionale vocazione alle esportazioni, sia possibile appoggiare sull’export manifatturiero una per congiunturale ripresa economica, senza riuscire poi ad organizzare una seria politica di “export del turismo”.

Incomprensibile le ragioni della mancanza di un adeguato supporto finanziario da parte dello Stato, così come dimostra quello 0% “riservato” alla voce turismo dalla Finanziaria 1995.

Una scelta, questa, che ha doppiamente penalizzato il Mezzogiorno: da un lato, perché carente di un sistema produttivo orientato all’export; dall’altro, perché la vera ed unica risorsa del Sud, il turismo, è stata ancora una voce trascurata.  Complice una visione miope, industrialista ed assistenzialista, che ha fatto del Sud una “pentola bucata” , ove far affluire flussi finanziari destinati solo alla costruzione di antieconomiche “cattedrali nel deserto”, che hanno snaturato  propensioni imprenditoriali  e caratteristiche del territorio.

Un intervento di rilancio del turismo può limitarsi solo ai grandi interventi infrastrutturali, lasciando tutto il resto a carico delle aziende.

Lo Stato, dunque, deve coinvolgere attivamente l’imprenditoria turistica in tutte le fasi del processo di rinnovamento in modo da analizzare non solo sinergia tra pubblico e privato, ma anche il raggiungimento di nuove soglie di aggregazione  aziendale,  con la strutturazione di un sistema turismo in grado di gestire domande territoriali e flussi internazionali:

  • Un “network” di conoscenze e professionalità a disposizione dell’utenza e degli operatori, in grado di orientare e favorire la domanda verso un’ottimale fruizione della potenzialità del sistema:
  • Un sistema ad interfacce che si colloca nel cuore stesso dell’economia dei servizi, esaltando la sua capacità di interagire con tutte le variabili dell’economia nazionale.

L’ammodernamento del sistema deve nascere  da un processo di interazione tra pubblico e privato, in grado di sostenere le energie  imprenditoriali presenti su di un territorio e di valorizzare, contemporaneamente, le risorse turistiche.

Insomma, se il turismo deve essere inteso come sistema e come fattore di sviluppo, un progetto deve essere organizzato con il contributo di coloro che il turismo italiano hanno costruito con  professionalità e con continuità di impegno imprenditoriale e di rischio economico.

Per la costruzione del “Sistema Turismo” che noi auspichiamo è necessario il  concorso di tutti i protagonisti, ma sia chiaro che non possiamo accettare  che interessi estranei al settore propongano progetti di egemonia che deviino dal percorso  di fare del turismo un fattore di sviluppo, indipendente ed autonomo, dell’economia e delle società italiane.

di  Francesco Colucci  Presidente Confcommercio

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