Solitamente, quando si quantifica lo “stato” del verde in Italia, soprattutto del verde pubblico, l’unico parametro utilizzato è il parametro quantitativo. Tuttavia, parlare in termini di mq. o di quantità di biomassa presente in un certo sistema, rende difficile identificare la qualità del verde. I parametri quantitativi, infatti, non possono dare conto del beneficio sociale realizzato dal verde, né indicare come la gestione del verde si rapporti con i problemi legati alla sicurezza di questi spazi che, particolarmente nelle grandi città, sono spesso anche luogo di degrado sociale e motivo di preoccupazione per gli amministratori pubblici e per i residenti. Diventa quindi importante precisare con accuratezza l’efficienza delle diverse componenti del Parco, anche se la sua natura complessa, come insieme polimaterico di organismi viventi e di minerali inanimati, rende difficile la realizzazione di un obiettivo che implica la necessità di tener conto dell’impatto che le azioni esterne possono produrre su un equilibrio così delicato.
Concetto di parco urbano
Tuttavia, per comprendere più nel dettaglio come si presenta, attualmente, l’offerta di verde, occorre anzitutto considerare che il concetto di parco urbano, nel corso del ventesimo secolo, ha subito profondi mutamenti, portando al superamento dell’idea di Olmested che, all’interno del Parco, vedeva realizzato un piccolo mondo protetto dalla realtà urbana esterna. Al contrario, oggi, il Parco è sempre parte integrante della Città e, quindi, la progettazione, la costruzione e la gestione dei Parchi non riguarda ormai solo gli spazi verdi, ma coinvolge tutto il contesto urbano all’interno del quale si vogliono inserire le sue nuove funzioni che, per citare Bernard Tschumi, “devono basarsi sulla cultura, sull’educazione e sul divertimento e non più su una utilizzazione puramente estetica e passiva”.
La crisi del parco urbano, soprattutto, in Italia, nasce dunque dall’estrema genericità con cui sono stati progettati e costruiti molti spazi verdi, oltreché dall’ovvietà con cui vengono gestiti.
Al contrario, si fa sempre più viva la necessità che il parco urbano perda i suoi connotati di spazio ovvio ed inqualificato, per diventare un luogo produttivo, in grado anche di rappresentare un’offerta turistica ed un’occasione economica di sviluppo.
Diverse tipologie di parco
Pertanto, nel tracciare una panoramica generale degli spazi verdi, ha molto più senso parlare delle risposte che possono essere fornite dalla diverse tipologie di parco. Sotto questo profilo, la prima tipologia da considerare è quella dei parchi storici, il cui decadimento, che è un fatto di portata nazionale, trae origine da una molteplicità di fattori. La frantumazione delle proprietà, spesso costituite da dimore, giardini e annessi agricoli, ha di fatto impoverito questi beni, mentre l’abbandono dovuto all’attesa di nuove destinazioni, ha ulteriormente aggravato la situazione. In molti casi, poi, le nuove destinazioni hanno determinato una situazione di incompatibilità tra il verde storico e le sopraggiunte utilizzazioni, dal momento che gli stessi spazi destinati un tempo alla contemplazione, al passeggio e al godimento estetico, sono stati trasformati in aree verdi di quartiere ed ammessi ad una frequentazione priva di regolamentazione. Molti di questi parchi storici, sono diventati palcoscenico di grandi manifestazioni di massa, senza alcuna cura per l’impatto che tali eventi producono sui fragili equilibri che reggono la sopravvivenza di questi spazi, mentre la mancanza di interventi volti ad evidenziare il valore culturale li ha molto spesso esposti ad atti di vandalismo o, più semplicemente, alla indifferenza generale.
A queste forme di degrado vanno poi aggiunti i danni provocati da una manutenzione approssimativa e carente, imputabile alle ridotte disponibilità finanziarie e alla mancanza di figure professionali adeguate, all’interno dei servizi adibiti al verde pubblico.
Questo desolante quadro ha tuttavia stimolato un dibattito ed una presa di coscienza che, dal punto di vista tecnico scientifico, ha già raggiunto risultati tangibili.
Carta dei giardini storici
E’ questo il caso di un’iniziativa promossa, nel 1981, dal Comitato internazionale dei giardini e dei siti ICOMOS-IFLA il quale, intervenendo su un problema di particolare rilevanza come quello dei giardini storici, che per le pubbliche amministrazioni rappresentano una parte rilevante del patrimonio verde, ha predisposto una Carta dei giardini storici detta “Carta di Firenze”, in cui vengono fissati, con grande chiarezza, tanto i criteri d’uso che gli obiettivi della conservazione, della manutenzione e del restauro. Ciononostante, permane un sensibile scollamento tra realtà e teoria, anche perché la stessa museificazione dei siti storici comporta costi di manutenzione tali da complicarne ulteriormente la gestione.
Anche sotto questo profilo, quindi, il turismo può rappresentare una valida risorsa, dal momento che l’interesse dei viaggiatori globali per altre culture, così come per la qualità del disegno dei giardini, ben si coniuga con l’esigenza di alimentare le entrate necessarie o finanziare i costi legati alla manutenzione. In altri termini, i grandi parchi sono luoghi ideali di richiamo turistico e quindi anche di produzione di reddito per i soggetti incaricati della loro gestione, oltreché per le stesse comunità locali.
Tuttavia, per evitare l’insorgere di fenomeni di degrado, l’inserimento dei giardini storici nei circuiti turistici non può prescindere da una corretta valutazione delle caratteristiche di ciascuno di essi, al fine di determinare il carico dei visitatori ammissibili in relazione alla delicatezza di ciascun sito. Del resto, per le loro stesse prerogative, i giardini storici sono assimilabili agli spazi museali e richiedono una vigilanza particolare e da una regolamentazione dell’accesso che, nella maggior parte dei casi, può essere garantita dal pagamento di un biglietto d’ingresso. In effetti, come è ampiamente dimostrato dall’esperienza del National Trust, l’ente privato inglese che ogni anno gestisce milioni di visite a parchi e giardini, l’afflusso di massa non è un problema insolubile e anche in Italia non mancano gli esempi di una simile organizzazione gestionale e dei risultati positivi che ne possono derivare.
A tale proposito, si può citare l’esperienza realizzata nel Parco di Villa Durazzo Pallavicini, a Pegli. Dopo i lavori di restauro disposti dal Comune di Genova, sia la Villa, oggi sede del Civico Museo di Archeologia Ligure, che il Parco,con il Giardino romantico realizzato, tra il 1840 ed il 1846, su progetto dell’architetto Michele Canzio, sono stati aperti al pubblico ed affidati in gestione ad una cooperativa che ne cura la manutenzione e la sorveglianza.
Parchi tematici
Un’altra tipologia di parchi particolarmente interessante, sotto il profilo della fruizione turitica, è quella dei parchi tematici.
Seguendo l’intuizione di Huizinga (1938), secondo cui la creatività ludica si prolungherebbe nell’uomo per un periodo più lungo che in ogni altra specie, accompagnandolo per tutta o per gran parte della sua esistenza, il gioco sarebbe alla base del successo registrato, anche il Italia, dal fenomeno dei parchi tematici. Sulla scia di quanto sta avvenendo nel Nord Europa e negli Stati Uniti, infatti, molte città, soprattutto nelle località turistiche, hanno assistito ad una costante crescita dei parchi tematici, anche grazie agli investimenti effettuati, a partire dalla metà degli anni 80, dagli imprenditori privati attratti dal forte richiamo turistico e dall’indotto legato allo sviluppo di questo tipo di offerta.
Tuttavia, nell’attuale panorama manca ancora o è scarsamente rappresentata l’offerta dei parchi tematici che, accanto al gioco ed al divertimento, sappiano offrire occasioni di approfondimento didattico simili a quelle realizzate nel 1969 a Parigi, con il Parc Floral. In quell’anno, in occasione della Floralies Internationales, la municipalità di Parigi realizzò, presso il Bois de Vincennes,un parco tematico di 35 ettari con numerosi settori destinati al gioco, alla didattica e all’animazione, oltre ad una serie di aree specializzate come la Maison Paris-Nature, dedicata alla scoperta delle piante medicinali ed aromatiche, o i padiglioni coperti in cui sono ospitate, tra l’altro, numerose collezioni di bonsai e di acidofile. Ma il Parc Floreal è amato dai parigini anche per essere la sede di concerti e di manifestazioni culturali temporanee accessibili tutto l’anno a prezzi estremamente competitivi.
Sempre in Francia, un’iniziativa analoga è stata realizzata a Nizza, presso il Parc Phoenix dall’imprenditoria privata. I temi trattati, che sono quelli della etnobotanica, della ecologia e della evoluzione-riproduzione, si sviluppano lungo tre diversi itinerari, all’interno di una superficie di 14 ettari sulla quale, oltre ad una serra di 7.000 mq. divisa in sette zone climatiche, trovano posto innumerevoli proposte didattiche ed attrazioni che vanno dalla ludoteca, all’infoteca, al giardino astronomico, alla serra delle farfalle, con un ritorno di pubblico che supera i confini regionali, richiamando ogni anno più di 500mila visitatori.
In Italia, invece, gli unici spazi conosciuti e valorizzati, almeno sul piano dell’offerta culturale, sono gli orti botanici, con una netta prevalenza di quelli legati ad istituzioni universitarie o di ricerca.
Un cenno particolare meritano i parchi etnografici, che nel nostro Paese trovano un bell’esempio nel parco del Museo degli usi, costumi e tradizioni di Tedone di Brunico dove, sia all’interno del museo che negli oltre 4 ettari adibiti a parco, trovano posto le accurate ricostruzioni delle malghe, delle case rurali, dei granai e degli antichi laboratori del fabbro o del fornaio, in cui si svolgeva la vita ed il lavoro dei nostri antenati.
Sempre con l’obiettivo di relazionare la città con la campagna, sarebbe anche opportuno potenziare il ruolo dei Parchi agricoli, in modo da rendere visitabili le aree e le aziende agricole che ancora sopravvivono a ridosso delle periferie urbane. Si tratta, in molti casi, di riconvertire l’agricoltura praticata all’interno di questi parchi, recuperando quelle pratiche che, per il fatto di appartenere alla tradizione delle nostre campagne, sono anche custodi del significato culturale che questa forma di economia aveva per il nostro territorio.
Grandi esposizioni
Infine, un’altra occasione di offerta turistica nei Parchi è rappresentata dalle grandi esposizioni. Questo genere di eventi ha sempre ha sempre suscitato un grande interesse di pubblico, tanto da costituire, per alcune località, un elemento di forte richiamo turistico, che assume particolare rilievo laddove le manifestazioni si ripetono con periodicità, tanto da costituire degli appuntamenti fissi. In Italia, il merito di avere aperto la strada a questo genere di manifestazioni spetta a Flor 61. Organizzata a Torino, presso il parco del Valentino, Flor 61 riscosse un grande successo di pubblico e di critica, consentendo anche l’ampliamento di una paerte del parco. Ad essa seguirono, sulle orme delle grandi manifestazioni floreali organizzate a Gand, come delle Floralies di Parigi e di Orléans, l’esposizione internazionale Euroflora di Genova e la Biennale di Pescia. Le prime esperienze tedesche, risentendo dei problemi legati alla ricostruzione postbellica, tendono invece al duplice obiettivo di offrire spettacolo e di trasformare in parco vaste aree delle città. Oggi, le esposizioni, internazionali (IGA), come quelle regionali(BUGA) e locali(LGS), costituiscono occasioni uniche di promozione di un’offerta turistica nuova. La più vicina sembra essere la “Un Pofiorito”, che nel 1999 dovrebbe consentire l’apertura di un nuovo grande parco cittadino.
Questa breve rassegna sulle differenti tipologie di parco, permette di trarre alcune conclusioni.
I parchi urbani, ciascuno secondo le rispettive caratteristiche tipologiche, sono un sicuro richiamo per i visitatori, quando la progettazione o il restauro hanno favorito lo sviluppo di peculiarità che li rendono interessanti dal punto di vista culturale, didattico e ludico. Tali spazi richiedono comunque
la realizzazione di elevati standard manutentivi e, in molti casi, la presenza di forme di vigilanza e di custodia che devono essere garantite da personale qualificato, mentre il loro inserimento nei circuiti turistici, oltre a rappresentare una fonte di reddito per i soggetti che li hanno in gestione, favorisce la creazione di un indotto che si ripercuote positivamente sulle attività di ristorazione,di accompagnamento nei percorsi guidati e di vendita di prodotti artigianali o di pubblicazioni.
Ma i risultati sono ancora più interessanti se si considerano gli effetti che si producono a vantaggio delle comunità locali. Ciò non vuol dire che l’inserimento di un parco o di un giardino in un circuito turistico non debba essere fatto oggetto di un preventivo ed attenta valutazione, è in particolare per ciò che riguarda il calcolo del carico di visitatori ammissibili per la conservazione del sito, che a sua volta va rapportato alla delicatezza degli equilibri tra le componenti naturali e quelle costruite e che dipende, in certa misura, anche dal livello di manutenzione che è possibile attuare. In altri termini, sviluppo e tutela dell’ambiente sono compatibili nella misura in cui sono frutto di uno studio accurato e di una verifica attenta e continua delle diverse componenti che entrano in gioco.
In questo senso, la fantasia e le risorse dell’imprenditoria privata possono essere chiamate a svolgere un ruolo determinante ma non sostitutivo rispetto alla funzione che spetta alle pubbliche amministrazioni, nella promozione e nel confronto dei processi attivati, come nel potenziamento delle risorse umane disponibili, che vanno qualificate rispetto a questi nuovi settori d’investimento, nei quali sono certamente racchiuse le opportunità più interessanti per il futuro sviluppo del settore.
di Gianpaolo Barbariol
Presidente dell’Associazione Italiana
Direttori e Tecnici dei Pubblici Giardini