Un convegno del Ministero della cultura e della direzione del Turismo
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, come è noto, ha proclamato il 2002 “Anno internazionale della montagna” per concorrere ad assicurare lo sviluppo sostenibile delle aree montane dell’intero pianeta ed il benessere delle popolazioni residenti. In Italia, per dare attuazione e concretezza a questa iniziativa dell’Onu, si sono svolte moltissime manifestazioni durante tutto l’anno, con analisi e dibattiti che hanno approfondito i problemi sociali, ambientali ed economici di queste aree particolarmente fragili e sensibili.
Anche nel mondo del turismo si sono svolte riflessioni sul tema della montagna ed un convegno particolarmente interessante è stato organizzato dalla Direzione Generale per il turismo del Ministero delle Attività Produttive e dalla Direzione Generale per i Beni Architettonici e il Passaggio del Ministero per i Beni e le Attività culturali.
Il convegno si è tenuto il 22 novembre, nell’Istituto San Michele di Roma, in modo che, oltre agli interventi dei relatori invitati al convegno,la suggestiva cornice del complesso San Michele ha fatto da sfondo a una mostra di foto artistiche sul tema “Alpi, Spazi e Memorie” e alla proiezione del film-documentario “Il guardiano degli segni” di Renato Morelli.
Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giuliano Urbani, ha aperto i lavori del convegno affermando l’importanza di formare in ogni cittadino italiano la coscienza di essere comproprietario di un patrimonio territoriale di valore inestimabile, ma minacciato dal modo noncurante e privo di criterio con cui questo viene gestito. E, sulla felice formula “siamo tutti azionisti delle nostre montagne”, proposto dal Ministro delle Attività Produttive, Antonio Marzano, si sono basati tutti gli interventi successivi, che hanno localizzato l’attenzione sulle condizioni di grande sfavore e disagio in cui si trova l’ambiente montano rispetto al turismo e, in special modo, alla tutela del patrimonio culturale.
Il problema della precarietà della conservazione e promozione del patrimonio culturale della montagna infatti, è solitamente poco o per nulla discusso. Ma da esso non si può prescindere, qualora si voglia effettuare un’indagine lucida e non approssimativa delle ragioni di impedimento allo sviluppo dell’ambiente montano,turistico e culturale.
Chi sceglie la montagna come meta di villeggiatura lo fa raramente per godere del patrimonio culturale e tradizione che questa è in grado di offrire. Prevalgono le esigenze di relax lontano dallo smog e dal caos cittadini il divertimento e la pratica degli sport invernali, che orientano la scelta della vacanza nell’ambiente montano. Verso “una montagna”. Una qualsiasi: si sceglie una meta montana piuttosto che un’altra solo comparando offerta economica e soprattutto ludica, trascurando del tutto il patrimonio culturale e di tradizioni che caratterizzano una località di montagna piuttosto che un’altra.
E’ questo l’atteggiamento ancora prevalente nelle motivazioni dei turisti che scelgono la montagna, soprattutto per le vacanze invernali (come appare anche nell’articolo di Nicola Costa pubblicato più avanti), un atteggiamento che, del resto, affonda le sue radici nella storia dell’interesse per la montagna nell’evoluzione del turismo moderno,una storia che abbiamo voluto richiamare, in questo stesso inserto,con un articolo di Laura Sunzini.
Eppure, se lo sviluppo del turismo sostenibile deve essere perseguito anche contrastando il carico eccessivo delle frequentazioni turistiche indotte dalla moda e favorendo la diffusione dei comportamenti più consapevoli e autodiretti da parte del consumatore/turista, deve essere migliorata soprattutto l’informazione sui luoghi e sulle occasioni del turismo in montagna. Una informazione comunicazione che oggi appare fortemente egemonizzata dagli interessi dei T.O. e delle grandi imprese immobiliari che hanno realizzato complessi residenziali, alberghieri e in multiproprietà, megaattrezzature e infrastrutture per gli sport invernali.
Si tratta quindi di realizzare strumenti nuovi di informazione di promozione e “nuove convenienze” per far emergere i valori nascosti della natura e della cultura diffusi nei territori montani e nelle aree circostanti, affinché si possa moltiplicare l’offerta di destinazioni turistiche e di emozioni estetiche: quelle emozioni che il turista postmoderno cerca nelle mete esotiche o urbane che risultano più facili da raggiungere perché meglio comunicate e commercializzate.
Da questo punto di vista, il Sistema informativo territoriale del Paesaggio e del Turismo montano presentato nel corso del convegno e di cui parliamo diffusamente nel riquadro pubblicato di seguito, rappresenta uno strumento fondamentale per avvicinare questi territori allo “sguardo” del turista. E’,poiché lo sguardo – con riferimento non solo alla percezione visiva – è stimolato, nel campo delle attese turistiche, prevalentemente dalle immagini visive, i temi del convegno sono stati incorniciati nel contesto di una suggestiva mostra fotografica che ne ha fatto da sfondo.
La mostra fotografica si è posta d’ausilio all’illustrazione, quasi tangibile oltre che visibile, delle bellezze che si possono ammirare sulle montagne italiane per suggerire le emozioni e le suggestioni della rarità, ma molte fotografie avevano per soggetto il rapporto dell’uomo con l’ambiente montano perché è sempre la presenza antropica – e perciò la cultura – che riempie di significati il paesaggio naturale e lo compenetra di senso. Anche di fronte allo sguardo turistico.
Del resto, il rapporto tra l’uomo e la montagna è stato il tema centrale del convegno: un rapporto in cui l’uomo resta attonito, diviso tra lo sgomento, il senso di squilibrio di fronte alla bellezza intatta, di dimensioni maestose e non riproducibile in maniera artificiale, mentre la profonda simbiosi con una natura evoca un desiderio di libertà e di ritorno alla purezza di un’interiorità troppo spesso negata.
Il film di Renato Morelli il guardiano dei segni, ha evocato il contrasto tra lo stato nevrotico dell’”uomo della metropoli”, ingessato nell’esistenza del quotidiano, e lo stato di quiete, di silenzio e di libertà dell’”uomo della montagna”, che rifiuta di indossare gli abiti dell’artificio per conservare la spontaneità e la curiosità quasi puerile del rapporto con l’ambiente naturale: caratteristiche che lo portano così distante dallo stress che incombe ogni giorno per l’”uomo della metropoli”.
Soprattutto in una società che diventa sempre più complessa e inintellegibile e nella quale, forse, l’espressione turistica è un modo di comprendere il mondo confrontandosi con l’alterità, anche dei paesaggi rari, è un modo per trovare una direzione dello sguardo e un orientamento di senso.
di Alessandra Laraia
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