La geografia del paesaggio

Definire in maniera univoca il “paesaggio” al fine di poter intervenire superando le conflittualità oggi esistenti tra le diverse amministrazioni dello Stato e di contrastare più efficacemente l’abusivismo: sono state queste le linee guida delle prima Conferenza Nazionale per il Paesaggio, convocata dal Ministro Melandri, che si è svolta a Roma dal 14 al 16 ottobre scorso. L’ambiente naturale, quindi, non più separato dall’intervento dell’uomo e dalla cultura, perchè ogni paesaggio è definito sempre dai segni del vivere umano: dalle sue attività di lavoro, dal suo abitare, dagli usi produttivi e dalla fruizione estetica del territorio.

Quasi duecento anni fa, Giacomo Leopardi scriveva: “Una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale non lo è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante disposte in ordine….non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente”.

L’importanza che tutto ciò assume per il turismo, per la bellezza e per la vivibilità dei luoghi, è di tutta evidenza. Del resto, l’Italia vista come “giardino d’Europa”, “intreccio di natura e cultura” è il sottotesto caratterizzante delle mappe mentali che spingono il turista nordeuropeo, americano o proveniente dall’estremo oriente, a visitare il nostro Paese. Ma proprio la necessità di una “lettura turistica” del paesaggio, ci obbliga a far rilevare un limite riscontrato nell’impostazione della Conferenza, e cioè la scarsa presenza – tra i relatori ufficiali – dei geografi, e quindi l’assenza di un approccio interpretativo dinamico basato sull’interazione uomo/ambiente.

Di fatto, oltre ad una nuova impostazione giuridica che, attraverso una cooperazione tra le diverse amministrazioni pubbliche, tuteli meglio e quindi imponga rigide regole di salvaguardia, il paesaggio e l’ambiente necessitano di “comportamenti” più intimamente legati alle scelte di qualità connesse a quella particolare percezione che non può non essere nel settore socio-economico e non solo nel campo della organizzazione dello spazio fisico.

Il rispetto per tutto ciò che rientra nel concetto di “paesaggio” quindi, inizia da un’attenta osservazione che tenga in giusto conto, il rapporto tra uomo-natura-cultura, intendendo con quest’ultima, tutto quanto è opera dell’uomo. Natura ed ambiente hanno proprie regole che ne condizionano il delicato equilibrio, una stabilità così precaria e vulnerabile, che l’uomo non può stravolgere a piacer proprio,senza incorrere in ricadute negative, spesso irreparabili e irreversibili.
L’osservatore, lo studioso e il lettore del paesaggio è dunque il geografo e del suo apporto non si può fare a meno né in conferenze e convegni di questo tipo né a,maggior ragione, in altri ambiti dove si prendono decisioni di interventi sul paesaggio e sull’ambiente. Il geografo è l’esperto che è in grado di connettere diversi “ saperi” e che, per quanto complessa sia la dimensione del problema con cui ci si debba confrontare, può indicare e prospettare soluzioni idonee e ad una progettazione che tenga conto di tutte le problematiche poste dallo sviluppo.

A questa figura dunque dovrebbero far capo prima di prendere qualsiasi decisione, tutte le politiche di amenagement du territorie, di pianificazione ambientale-urbanistica e turistica, di salvaguardia ecologica, di piani strutturali.

Un qualsiasi discorso che abbia come obbiettivo l’individuazione e la realizzazione di una risorsa geografica in un bene produttivo non può esulare dalla considerazione della risorsa stessa e delle possibili conseguenze della sua trasformazione. Si innesta, infatti, una catena di condizionamenti, di fattori consequenziali e di interconnessioni che devono opportunamente essere previsti e affrontati scientificamente, nel senso geografico del termine: spazio ed ambiente costituiscono infatti il “paesaggio geografico”, un insieme complesso e variegato, la cui la stessa classificazione scientifica ha richiesto tempo e lunga meditazione per essere puntualizzata e definita.

E che dire poi di quel paesaggio che, in senso lato, possiamo definire “turistico”? Il turismo, come qualsiasi attività umana, arrecando trasformazione, investe problematiche molto ampie, relative alla qualità dell’ambiente e della vita, all’organizzazione del territorio, all’uso compatibile delle risorse: interessa insomma gli aspetti fisici e quelli antropici nella loro interezza. E’ pertanto chiaramente percepibile che l’obiettivo della valorizzazione o del recupero di un’area, deve basarsi, prima di qualsiasi intervento, su una profonda conoscenza delle caratteristiche fisiche delle intermediazioni concrete e di quelle indirette. Ed è questo il vasto campo della geografia, che abbraccia anche quelle motivazioni socio-psicologiche che possono essere determinanti, ad esempio, nella “moda” di un prodotto turistico.

L’uomo moderno, del resto, è un turista del mondo, un mondo a portata di mano, con tante finestre aperte, spicchi di territorio, più o meno turisticamente sfruttati; e uno di questi è l’Italia che necessita di una oculata gestione di politiche sia a livello locale che a livello più ampio e ciò richiede una complessa articolazione geografica, sia come osservazione scientifica che come area di intervento integrato.

La stessa sensibilità del patrimonio ambientale non può non nascere che da una corretta conoscenza di esso e non può non essere demandata ai media spesso troppo superficiali e non sempre del tutto attendibili. Gli operatori del paesaggio, siano essi geografi, architetti o altri specialisti nelle scienze naturali, non possono esimersi dall’apporto di conoscenze geografiche fornite da chi ha competenze trasversali, perchè è capace di “vedere” e di interpretare l’insieme del significato racchiuso nel termine paesaggio.

di Annamaria Augugliaro

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