Il turismo va all’Università

Istruzioni per l’uso

Nel decimo rapporto sul turismo della Presidenza del Consiglio, insieme al professor Guido Martinotti, abbiamo messo in evidenza che una delle innovazioni più importanti della riforma universitaria è stata la casse 39 denominata “Scienze del turismo” con la laurea specialistica in “Progettazione e gestione dei sistemi turistici”. Quest’ultima si collega, negli obiettivi cognitivi e professionali, all’art.5 della nuova legge quadro, ispirato da una prevalente prospettiva socio-territoriale, con l’istituzione dei Sistemi Turistici Locali.

Dopo l’approccio aziendalistico, che ha innovato l’offerta accademica durante gli anni Novanta riconoscendo l’opportunità di formare operatori turistici con competenze gestionali adeguate al ruolo strategico del turismo per l’economia italiana, le due riforme promuovono ora l’approccio sistemico: il vantaggio competitivo delle organizzazioni turistiche è individuato nelle interdipendenze settoriali con i trasporti, i beni culturali, l’ambiente, l’agricoltura e l’artigianato, con la capacità degli attori locali nel saper collaborare per offrire città globalmente ospitali. Rispetto a questo obiettivo, l’indispensabile cultura economica e aziendale, da sola, non è sufficiente, perchè la competizione si gioca sempre più tra località e non soltanto tra singole imprese.

Tuttavia, stanno sorgendo delle perplessità. Dalla disattenzione scientifica e formativa degli anni sessanta e settanta all’eccesso di proposte, oggi. L’elenco dei corsi di laurea evidenzia che già con l’anno accademico 2001-2002 vi è una proliferazione di lauree triennali. Queste richieste al Ministero dell’Università sono ben 68 (dati aggiornati a novembre 2001) ma, oltre alla rivitalizzazione delle lauree ad indirizzo economico non vi è stata soltanto l’auspicata attivazione della classe 39, ma anche l’irruzione di nuovi corsi di laurea come quelli “mediatori linguistici”, di “geografi-turistologi” e perfino lauree monotematiche come quella di “ecoturismo” provenienti dai settori disciplinari più disparati.

Nel libro bianco “Occupazione e formazione nel turismo in Italia”, pubblicato dal Touring Club Italiano nel febbraio 2000, è stato rilevato che la presenza di personale altamente qualificato è piuttosto bassa nelle aziende strettamente turistiche (tour operator, agenzie di viaggi, alberghi e catene alberghiere, ecc,). Le uniche prospettive in cui un’alta formazione, volta a creare operatori turistici polivalenti e cosmopoliti può dare risultati positivi, è quello della messa in rete dei giacimenti culturali, ambientali ed enogastronomici di cui il nostro paese è ricchissimo. Da questo punto di vista l’avvio dei Sistemi Turistici Locali può replicare, seppur con le dovute correzioni, il successo mondiale del made in Italy fondato su “distretti industriali”. E’ possibile che le imprese siano attive tutto l’anno, superando la stagionalità che è sempre fonte dei lavori precari con skills di basso livello.

E’ possibile che si sviluppino operatori dell’incoming, animatori socio-culturali del territorio, esperti di marketing territoriale con finalità turistiche e, quindi, progettisti e gestori di sistemi turistici organizzatori di eventi, in aggiunta ai direttori d’albergo o di agenzia di viaggi. Vi sono, dunque, scelte strategiche che dovrebbero aiutare le università a definire meglio gli indirizzi in funzione del mercato del lavoro e occorre interrogarsi attentamente se sarà possibile assorbire l’alto numero di persone che l’università immetterà nel mercato turistico. Infatti, uno degli obiettivi della riforma universitaria è il raccordo – tramite i moduli, i tirocini e gli stage – con il mondo del lavoro.

Un metodo di valutazione per capire se l’offerta didattica di una determinata università è effettivamente in sintonia con queste esigenze può essere il seguente:

costo di iscrizione: se si chiedono, ad esempio 7 milioni di lire, gli studenti e le famiglie dovrebbero diffidare e chiedere quali servizi di eccellenza vengono offerti rispetto alla concorrenza. Una laurea triennale può aiutare a svolgere un lavoro impiegatizio di livello intermedio negli enti locali o nei consorzi turistici o nel settore privato dell’industria dell’ospitalità e non attività di top management, che possono essere svolte con laurea specialistica ed eventuale master. Un costo di iscrizione alla laurea triennale che non superi i due milioni l’anno garantisce che l’università non vuole solo fare profitti, ma dare un servizio accessibile alle famiglie italiane;

numero programmato: se si accetta un alto numero, ad esempio 400 iscritti, è difficile una didattica personalizzata che, finalmente, tramite il tutoraggio e il frequente contatto con i docenti, può mettere gli studenti al centro del processo educativo. Se l’alto numero si collega a tasse alte, allora è bene diffidare dell’istituzione accademica che ha evidenti finalità di lucro e quindi è orientata – probabilmente – a rendere il corso “facile” per non perdere iscritti. Un numero programmato, collegato al bacino potenziale di utenti (150-200 per le aree metropolitane, 80-100 per i centri con minore densità demografica) è invece un indizio di serietà;

patrocini istituzionali e dell’associazionismo imprenditoriale: se l’Anci o la Federturismo o le altre organizzazioni imprenditoriali del settore si impegnano a collaborare con il corpo dei docenti attraverso la didattica dei loro manager, migliori o la costituzione di stage che effettivamente costituiscono un avvio al lavoro, favorendo così la socializzazione anticipataria dei giovani perchè mettano in pratica quanto appreso, allora il corso può mantenere le promesse. Se invece insegnano con la qualifica di “professori a contratto” divi dello spettacolo o dirigenti aziendali che non collaborano nelle procedure di inserimento, allora l’università serve soprattutto all’immagine degli esterni e non a valorizzare il ruolo dei “professori riflessivi” al servizio dell’auspicato raccordo università-lavoro;

discipline scientifiche: verificare le connessioni cognitive in funzione delle competenze e delle abilità turistiche che si vogliono acquistare. Se viene impartita “Letteratura italiana” o “Storia delle letteratura induista” o “Matematica” e non si è convinti della validità didattica di questa scelta, nel senso che nessun credito è previsto in funzione dell’operatività, è opportuno essere perplessi. Più in generale, è opportuno verificare la mission del corso di laurea, che può essere lo sviluppo locale e l’incoming oppure l’outgoing ma non la generalità di figure alla moda. La mission serve quantomeno a chiarire il percorso didattico e orientare l’energia emozionale e cognitiva dei giovani verso obiettivi ben definiti.

Questi consigli sono soltanto un contributo per orientarsi nella scelta. Maggiori chiarimenti verranno dall’applicazione della legge di riforma del turismo che prevede, all’art.2, la disciplina delle professioni turistiche da parte delle Regioni, Ma verranno anche dall’interno del mondo accademico e dalle Università, in particolare da quelle che hanno avviato la classe 39 e che si vorranno impegnare nell’autocoordinamento per rivedere le proposte iniziali. Del resto, il buon alpinista sa che lo zaino si aggiusta sulle spalle cammin facendo.

di Nicolò Costa

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