Il Territorio come Destinazione

Lo sviluppo delle aree omogenee a vocazione turistica

La Riforma della legislazione nazionale del turismo non definisce le imprese turistiche ma prevede che l’individuazione delle tipologie, sia delle imprese ricettive, di servizio o di intermediazione, che delle attività di accoglienza non convenzionale , venga stabilita da un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, sentite le associazioni di categoria degli operatori turistici e dei consumatori.

Dunque flessibilità della norma in luogo della rigidità della vecchia Legge Quadro che faceva riferimento solo ai comparti della ricettività, delle Agenzie di viaggio e dei T.O.

Pertanto , in base alla nuova disciplina, oltre agli stabilimenti balneari e ai gestori di infrastrutture come gli impianti di risalita, anche gli esercizi pubblici, compresi quelli di somministrazione, possono essere inclusi nel novero delle imprese turistiche, purché facenti parte dei “sistemi turistici locali”. Il territorio, quindi, anche da un punto di vista normativo, viene riconosciuto come il vero soggetto dell’economia turistica.

Imprese e territorio

Nel dibattito politico in corso in Italia, il Sistema Turistico Locale è inteso come un “distretto” pubblico-privato che mette insieme le risorse turistiche , i beni culturali e ambientali, gli eventi etnici o artistici, i prodotti tipici della ristorazione localizzati in un ambito territoriale omogeneo facente capo a uno o più Comuni, con l’eventuale partecipazione di altri enti territoriali quali le Provincie, le Camere di commercio e le Regioni – anche a livello interregionale – con le progettualità imprenditoriali interessate.

Questa definizione è meramente operativa, ma ad essa dobbiamo fare riferimento se vogliamo analizzare la portata dell’art. 5 della Riforma della legislazione turistica che non ha solo – come alcuni hanno detto – la finalità di decentrare le competenze in materia di turismo dal livello regionale al territorio ove concretamente si organizza il prodotto e si definisce l’immagine della destinazione: non si tratta, infatti, di evitare che al centralismo statale succeda un nuovo, centralismo regionale, ma di collegare la gestione del prodotto turistico all’ambito dove effettivamente il prodotto si definisce.

Ben sapendo che, ad eccezione dell’Umbria, della Toscana e della Sicilia  che possono essere considerate delle “mete” turistiche con una precisa identità riconosciuta nel mercato della domanda, le altre regioni italiane non hanno – in quanto realtà geografiche e politico-culturali- un “posizionamento”  nell’immaginario turistico collettivo e del resto il turista straniero, quando attraversa la penisola, non si accorge di passare da una regione ad un’altra.

Ciò nonostante, finora, più che l’ente locale è stata proprio la Regione ad assumere un ruolo strategico nel definire l’identità turistica dei luoghi promossi all’estero e sul mercato interno, anche se è andato crescendo, negli ultimi tempi, il ruolo degli enti territoriali sulla spinta del protagonismo delle comunità locali. Di qui l’immissione di nuove mete turistiche, sia a supporto delle attrattive naturali e paesaggistiche o dei magneti urbani più noti, sia con la creazione di nuovi prodotti interpretati, in modo imprenditoriali da aziende locali e dai big players del turismo internazionale (tour operators, catene alberghiere, vettori aerei).

Da questo punto di vista bisogna notare che nell’articolo 5 della nuova “legge quadro” gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso  forme di concentrazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell’offerta turistica….”

Questa può essere la” leva” per diversificare l’offerta turistica italiana e per “progettare” nuovi prodotti motivazionali, nuove località turistiche, nuove attrattive urbane.

Oggi il panorama delle destinazioni è concentrato su mete tradizionali e aree ben precise, le città d’arte e le destinazioni marine più organizzate, ma si sta anche tentando  di articolare e diversificare le occasioni turistiche con la creazione di nuove offerte, spesso basate sule risorse esistenti  ma talvolta anche creando sulle attrattive artificiali. In questo, le istituzioni regionali hanno svolto un ruolo molto importante che non è stato in grado, tuttavia, di assicurare un tessuto forte di relazioni cooperative sul territorio tali da considerare  i fattori di successo dei nuovi prodotti in un mercato sempre più competitivo ed affollato di new entry: da questo punto di vista la nuova legge quadro può aprire inedite e interessanti opportunità per tutti i soggetti coinvolti nella complessa filiera dell’accoglienza e dell’ospitalità turistica.

Ormai è presente nella coscienza collettiva degli imprenditori turistici che sono proprio le risorse primarie (l’arte, la cultura, l’enogastronomia e, seppur in fase calante, il clima e il mare) a connotare  il turismo  verso l’Italia e che, laddove si sviluppi un adeguato sistema turistico, “a rete” – con un intreccio tra le risorse e i modelli organizzativi – si possono efficacemente rivitalizzare le molteplici funzioni dell’offerta, attirando  quote crescenti di una domanda sempre più esigente.

Per questo motivo l’organizzazione turistica diventa – sempre più – una componente essenziale della dotazione fattoriale di un’area turistica, ed è proprio l’organizzazione che comincia a fare la differenza competitiva tra le destinazioni, quasi sullo stesso piano delle risorse primarie.

Di qui l’attenzione  delle istituzioni, delle imprese e degli esperti ad occuparsi sempre di più degli aspetti connessi con l’organizzazione turistica intesa in senso globale: accessibilità e fruibilità dei luoghi, strutture ricettive, infrastrutture, servizi e attrezzature per il divertimento e per il tempo libero, formazione, cultura diffusa dell’ospitalità e promozione di accoglienza.

Sulla base di queste considerazioni, l’idea del Sistema Turistico Locale si è andata affermando dopo il successo dei Distretti  Industriali del Made in Italy fondati sulla collaborazione –competizione di imprese e di fornitori specializzati, fra l’altro, nell’uso produttivo della ‘cultura visiva’ (design industriale, artigianato artistico, ecc.).Anche il turismo si basa sulle attrattive che richiamano lo ‘sguardo’ verso un determinato luogo e, per questo motivo, rientra a pieno titolo fra le caratteristiche distintive della ‘marca’ Italia, in cui l’intreccio tra cultura visiva e produzione di beni e servizi a forte contenuto estetico consente alle imprese di prosperare con successo sui mercati internazionali, assumendo i caratteri dell’industria.

L’industria dell’ospitalità

Il concetto di industria turistica si è affermato in Italia solo ai primi anni novanta, ma si è rapidamente consolidato e rappresenta, oggi, un modo di concepire l’attività imprenditoriale e di erogazione dei servizi basati sull’ uso produttivo e strategico delle risorse di base più che sulla mera commercializzazione dell’offerta esistente – come avveniva in passato – come  una prevalente attenzione a massimizzare i margini di contribuzione nella fase terminale dell’attività di vendita del prodotto/servizio.

Per quanto riguarda il comparto alberghiero, questa nuova cultura imprenditoriale ha indotto, ad esempio, a riconsiderare il capitale fisso, privilegiando il “valore d’uso” della struttura rispetto al suo valore meramente immobiliare, valorizzando tutti gli spazi interni ele pertinenze per ottimizzare la sua fruizione e spesso ripristinando il servizio di ristorazione.

Parallelamente, nel campo della produzione e della distribuzione, la spinta ad intraprendere pensando allo sviluppo e non solo al mark-up immediato, ha fatto diffondere processi di cooperazione o di affiliazione tanto che, nel comparto agenziale, si vanno affermando logiche di partecipazione e di coinvolgimento nella “valorizzazione” dei prodotti destinati alla vendita.

Da qui una maggiore attenzione per la catena del valore, sapendo che “le convenienze” dell’impresa derivano in buona parte dalla competitività dell’intera filiera produttiva e dalle esternalità che lo condizionano:  fornitori, imprese di servizio, istituzioni pubbliche. Da questo punto di vista, il comma 4 dell’articolo 5 della legge di riforma prevede, tra le finalità dei sistemi locali, quella di “sostenere attività e processi di aggregazione e di integrazione tra le imprese turistiche, anche in forma cooperativa, consortile e di affiliazione”.

Per questo motivo, anche in Italia come nel Regno Unito, oggi si può parlare di tourismindustry, perché l’attività imprenditoriale si è allargata alla gestione delle risorse culturali e ambientali, inserite nella filiera dell’ospitalità commercializzata. L’attribuzione delle competenze amministrative in materia di turismo al Ministero dell’’Industria (che diventerà Ministero delle Attività Produttive), riconfermato dalla nuova “legge quadro”, non può che rafforzare questa evoluzione del sistema turismo, ma anche la nuova legislazione dei beni culturali, va certamente in questa direzione, come mostra il processo di “aziendalizzazione”  dei musei pubblici e l’istituzione di un “Amministratore Delegato” per l’area archeologica di Pompei.

L’inversione di tendenza è netta rispetto all’impostazione puramente commerciale e alle rendite di posizione che facevano leva sul fatto che “i turisti arrivano lo stesso perché l’Italia è il Bel Paese”. C’è una maggiore disponibilità da parte di tutti gli operatori turistici a “fare sistema”, come si dice con una espressione fin troppo abusata, per abbattere i costi d’uso del mercato, riducendo l’area delle funzioni antagoniste a vantaggio di quelle cooperative e puntando sulle economie di scopo oltre che sulle economie di scala.

Ed è proprio per questo motivo che – superando l’improvvisazione tipica dell’atteggiamento mercantile – le nuove imprese dovranno essere guidate dalla conoscenza e dalla progettualità. In tale contesto, l’industria del turismo richiederà, sempre di più, competenze specializzate, come oggetti di sviluppo locale, nella “intellettualizzazione” dell’offerta e nel cosmopolitismo relazionale, così che la formazione –insieme con l’organizzazione – diventerà un fattore produttivo fondamentale per lo sviluppo turistico locale.

Non si tratta, tuttavia, della tradizionale formazione turistica finalizzata alla mera acquisizione di competenze settoriali e di abilità specialistiche. Occorrono persone in grado di progettare e valorizzare i fattori di richiamo turistico locale, sia in termini ‘ristretti’ di offerta ricettiva che in termini ‘allargati’ di integrazione intersettoriale della dotazione fattoriale. Occorrono professionisti riflessivi con conoscenze interdisciplinari in grado intervenire nei circuiti dell’offerta locale, creando opportunità per lo start up di nuovi fornitori di servizi in rete.

Del resto, già adesso, gli operatori turistici più aperti e innovativi ragionano secondo una diversa consapevolezza del loro ruolo, nel senso che sono in relazione con tutte le componenti del sistema. per cui sia il direttore d’albergo che il gestore di un’edicola, sia l’addetto all’ accoglienza negli lat-Apt che l’organizzazione di spettacoli live, sanno di rappresentare le risorse umane che operano in un  sistema di relazioni territoriali, in connessione con i prodotti tipici dell’agricoltura e dell’artigianato locale, nonché con il patrimonio culturale.

Ciascuno è parte dell’offerta complessiva dell’area e si sente il rappresentante di una località che sa essere ospitale con i turisti proprio perché ha una organizzazione integrata di tutte le funzioni dell’accoglienza e dell’ospitalità.

Occorre, quindi, una formazione in grado di promuovere nuovi  saperi interdisciplinari perché, oltre alle competenze specialistiche, la conoscenza deve essere applicata alle risorse del territorio e alla capacità di organizzarle e di comunicarle, deve essere applicata alle sfide del mercato e all’ innovazione tecnologica: non è più una prerogativa degli esperti e dei consulenti aziendali, né dei pochi uffici studi delle aziende.

La conoscenza applicata – nello stesso tempo specialistica e polivalente – deve coinvolgere tutti gli operatori turistici, dagli amministratori pubblici al personale di contatto,ai quadri intermedi fino al top management  aziendale. Per questo motivo, la collaborazione con le Università diventa un aspetto strategico del sistema turistico locale, proprio perché esso deve essere basato sulla capacità di apprendere, come una learningorganization e di “progettare” il suo sviluppo.

Avendo ben compreso questa esigenza, la riforma degli studi universitari appena avviata ha previsto nuove lauree in Scienze turistiche che tendono ad integrare sapere umanistico con quello economico-giuridico per formare professionisti “riflessivi” in grado di interpretare la vocazione turistica della località e progettare il suo sviluppo come “destinazione”.

E, da questo punto di vista le Fondazioni Universitarie previste dall’art. 59 (comma 3) della Legge Finanziaria 2001, che vanno costituite, insieme con i soggetti privati e con gli enti locali, possono essere uno strumento strategico per valutare esigenze e opportunità del territorio e per definire gli obiettivi in grado di coinvolgere tutti gli attori locali.

Ciò a maggior ragione poiché, sul piano progettuale, la filiera turistico-culturale si distingue da quella del Made in Italy per il ruolo ineliminabile svolto dagli enti pubblici.  Infatti, molte risorse primarie – dai beni culturali all’ambiente – sono innanzitutto beni relazionali che devono essere conservati per il loro valore intrinseco e non possono essere considerati solo come fattori produttivi, “materia prima” del prodotto turistico.

In tal senso, l’espressione industriadell’ospitalità indica un ‘metodo’ per gestire l’offerta locale che sappia coniugare tutela e uso produttivo delle risorse di base, in modo da favorire l’adozione di modelli imprenditoriali anche da parte degli enti pubblici preposti alla gestione delle infrastrutture, dei servizi civili e alla conservazione del patrimonio culturale e ambientale.

L’ente locale metamanager dell’industria dell’accoglienza

La messa a rete dell’offerta enogastronomica, del patrimonio culturale, delle attrezzature per lo svago e per il tempo libero, delle attività di comunicazione, dei servizi, delle strutture ricettive e dei trasporti locali richiede un ruolo particolarmente attivo degli enti locali come promotori del modello di sviluppo turistico centrato sulle capacità autopropulsive degli attori economici, culturali e sociali.

Solo l’ amministrazione pubblica può avere la missione di coordinare, in modo flessibile, la complessa filiera dell’accoglienza.

Gli enti locali, funzionali territoriali, possono diventare quindi i meta – manager dell’industria dell’ospitalità: non c’è industria dell’ospitalità che possa essere incentrata sulla massa in rete delle imprese private – strutture ricettive, servizi commerciali, trasporti locali, ecc. – perché gran parte del prodotto turistico di base è costituito da elementi appartenenti ai beni pubblici e al territorio.

La funzione degli enti locali come metamanager è ancora più evidente se riprendiamo il concetto di filiera turistico-culturale e ambiente. Proprio perché  si mettono in rete beni e servizi di interesse collettivo come i musei, i monumenti, le aree protette o i parchi, il Sistema Turistico Locale ha una chiara valenza istituzionale.

Molto più accentuata di quella dei distretti industriali. La struttura propulsiva e il magnete del sistema turistico locale, quindi, vede al vertice dell’organizzazione gli amministratori pubblici che, dovendo garantire continuità gestionale e competenza specialistica, non possono essere sostituiti da imprese private, come avviene nel distretto industriale. E la creazione del sistema turistico locale può raggiungere l’obiettivo di trasformare le imprese commerciali del turismo in unità produttive dell’industria dell’ospitalità solo se si diffondono regole e pratiche di collaborazione finalizzata allo sviluppo.

Va da sé che ciò è tanto è più importante se si tiene conto della diffusa mentalità  “commerciale” ancora presente tra gli operatori turistici italiani. Per questo motivo, il tema della regolazione, seppur flessibile e non autoritativa, da parte delle istituzioni pubbliche che  sono in grado di incidere sulle esternalità territoriali delle imprese turistiche, è decisivo per favorire lo sviluppo delle stesse imprese. Soprattutto dal momento che la Riforma , accogliendo una impostazione già prospettata con la legge 394 del 19.7.81, ha parificate le imprese turistiche a quelle industriali, ampliando così  il concetto  stesso di “impresa turistica” a tutte le ” attività economiche organizzate per la produzione e la commercializzazione , l’intermediazione e la gestione di prodotti e servizi…. concorrenti alla formazione dell’offerta turistica”.

Tutte le attività d’impresa, quindi, che concorrono alla formazione dell’offerta turistica – com’è scritto nel testo della legge di riforma –  e questa logica di sistema  dovrebbero  avere  l’effetto di stimolare il cambiamento organizzativo delle stesse imprese commerciali, perché soltanto tale adeguamento consente  loro di essere inserite nella rete territoriale, facendo dismettere  rendite di posizioni e gestioni che tendono alla massimizzazione del profitto immediato. Il sistema di relazioni territoriali diventa così un supporto e sostegno attivo alle azioni dell’imprenditore turistico e delle sue esigenze di sviluppo.

Ma il sistema turistico locale funziona solo se il territorio svolge un ruolo importante, che non può essere ridotto a mero sfondo dell’azione imprenditoriale. Il territorio è un soggetto  collettivo che agisce come potente coordinatore delle attività turistiche e come contenitore di un diffuso capitale sociale e culturale, in cui le relazioni interpersonali e quelle delle imprese private con gli enti locali sono improntate a fiducia e collaborazione  inter-organizzativa.

Il territorio dei sistemi turistici funziona, quindi, come un fattore di integrazione flessibile delle imprese turistiche e delle organizzazioni intermedie, offrendo al singolo atto economico quelle risorse che lo mettono in grado di collegare la propria iniziativa con l’insieme dei beni e servizi turistici prodotti e scambiati.

Il sistema turistico locale deve essere pertanto un modello di riferimento, un obiettivo che le forze economiche, sociali e culturali devono realizzare con la re-ingegnerizzazione  dell’offerta locale, affinché esso apprenda nuovi modelli organizzativi ed esca dalla situazione attuale  di frammentazione per concorrere al processo di cambiamento verso più evolute forme di collaborazione-competizione tra i molteplici soggetti economici, sociali, politici e culturali interessati in modo diretto o indiretto all’innovazione e allo sviluppo.

Il ruolo della comunicazione

La progettazione e l’organizzazione di ogni offerta turistica non può trascurare gli aspetti della sua comunicazione perché, la comunicazione è una componente essenziale del bene offerto sul mercato. Senegli altri settori merceologici il prodotto può esistere in quanto tale – e quindi l’attività di comunicazione può limitarsi alla sua presentazione o promozione – nel campo del turismo il prodotto senza comunicazione semplicemente “non esiste”, perché la pratica turistica non è solo un atto di consumo, ma è sempre una esperienza basata sullo scambio comunicativo.

Il turismo è un’attività complessa il cui valore deriva tanto dalle risorse concrete che vengono offerte sul mercato (struttura ricettiva, località, evento, occasione) quanto dai significati che queste forme-oggetto assumono nel processo  di comunicazione turistica e che, attraverso questo processo, diventano messaggi in grado di suscitare immaginario e desiderio: il sito geografico diventa località turistica solo in quanto comunicato come destinazione, il viaggio in un luogo diverso da quello di residenza diventa esperienza turistica solo se comunicato come spostamento finalizzato a realizzare le attese del viaggiatore; il soggiorno temporaneo in una determinata area acquista un significato turistico solo se lo spazio fisico e il contesto sociale sono in grado di emettere  un messaggio di accoglienza e di gratificante fruizione.

Il prodotto turistico, cioè, è sempre una manifestazione che incorpora sia il segno della fruizione d’uso del bene, della località o del servizio offerti sul mercato, sia un insieme di significati che devono  essere percepiti dal potenziale fruitore come risposta alle sue attese di utilità/piacere/esperienza.

Se è così, la comunicazione turistica non può essere solo informazione e promozione, ma è un processo di semantizzazione  che attribuisce “senso turistico” all’oggetto fisico, allo spazio, al servizio o all’evento , e cioè ai beni materiali o relazionali  che vengono offerti sul mercato.

Da questo punto di vista il Sistema turistico locale comunica la sua immagine attrattiva e la sua funzione ospitale non tanto attraverso i valori reali delle sue proprietà intrinseche – sia naturali che socio-culturali –quanto attraverso le connotazioni con cui questi valori vengono percepiti dagli attori locali, compreso gli stessi cittadini, e quindi vengono organizzati  e comunicati al potenziale visitatore e all’ ospite temporaneo: non si tratta solo di fare una efficace promozione della località ma di “suscitare identificazione” attraverso l’ autorappresentazione della comunità locale.

Tutto ciò è molto semplice da dire ma probabilmente  difficile da realizzare, anche perché richiede un’articolazione di funzioni che non possono essere gestite solo dall’ APT o dall’ Ufficio per le Relazioni con il Pubblico dell’ente locale o dai consorzi  degli operatori turistici. E anche qui   occorrono nuove professionalità in grado di assicurare la regia della complessa attività di valorizzazione, promozione e comunicazione della meta turistica. Una regia  che deve essere “messa  in capo” alla pubblica amministrazione perché questa può rivolgersi sia alla popolazione residente, ai gestori dei beni tradizionali e dai servizi collettivi, agli operatori dell’accoglienza e agli organizzatori delle iniziative culturali o di intrattenimento, sia – nello stesso tempo – alle popolazioni transitorie dei visitatori e dei turisti.

Le norme sulla comunicazione pubblica e la legge 150 del 2000 (vedi scheda sotto) non devono essere intese come norme pensate solo per i cittadini e finalizzate a tutelare quelli che vengono definiti i “nuovi diritti di cittadinanza”: per i Sistemi turistici locali la legge 1510 sulla “Disciplina delle attività diinformazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni” può essere uno strumento importante per realizzare la promozione di accoglienza, anche attraverso la facilitazione dell’accesso ai servizi pubblici e – tenendo conto che, tra le finalità esplicite della legge vi è anche quella di promuovere l’immagine delPaese e degli enti – per realizzare un’attività dei comunicazione proiettiva della destinazione.

Da questo punto di vista la Riforma della legislazione turistica lascia ampio spazio agli enti locali e alle stesse Regioni per autoregolare le attività di informazione e promozione attraverso gli  strumenti e gli istituti che riterranno più adeguati.  Ma, quali che siano le strutture che verranno utilizzate o istituite, la funzione di metamanager degli enti locali risulterà determinante per il successo della destinazione.

La località turistica è come un computer per il quale lo spazio geografico e le sue risorse rappresentano l’hardwarementre il software è dato  dall’ immaginario turistico collettivo che “programma” la sua percezione, Ma per “usare” la località turistica si ha bisogno di un “manuale utente”, e questo manuale può essere predisposto solo da chi esercita il ruolo di metamanager del Sistema turistico locale perché, oltre a dare informazioni corrette, deve anche suggerire le peculiari linee  di lettura soggettive e di vissuto della destinazione, valorizzando tutte le potenzialità di fruizione delle risorse che possono  essere messe a disposizione dell’utente.

Ma la metafora del computer si deve fermare qui perché la capacità di attirare il potenziale turista deve essere basata sempre su un processo di identificazione indotta dallo scambio comunicativo:  la legge  consente di estendere i “nuovi diritti di cittadinanza” anche all’ospite temporaneo per determinare quel sentimento di appartenenza tanto importante per la fidelizzazione del cliente.

Comunicazione pubblica e promozione

La recente Legge  150 del 7/06/2000, Disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni, rappresenta l’ultimo atto del decennale processo di riforma avviato dalla Legge 142/90 ed ha riacceso, sia in sede politica che tra gli operatori, il dibattito sul diritto/dovere di comunicare dello Stato e degli enti locali.

Nel 1° articolo della Legge, si precisa che le attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni rivolta ai cittadini e alla collettività sono finalizzate- tra l’altro – a favorire  l’accesso ai servizi pubblici, ma anche a promuovere l’immagine del Paese e degli enti.

L’articolo 2 dispone che “le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo di  programmi previsti  per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità, l’organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi”. Nel secondo comma, inoltre, si precisa che “le attività di informazione e di comunicazione sono attuate con ogni mezzo di trasmissione idonea ad assicurare la necessaria diffusione dei messaggi, anche attraverso la  strumentalizzazione  grafico-editoriale, le strutture informatiche , le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici multimediali”.

Come per le norme fondamentali che l’hanno preceduta e che ne rappresentano i presupposti storici ed applicativi, anche il destino della 150/2000 è legato alla sua attuazione, che sarà guidata da appositi regolamenti  e  legata alla capacità di adeguamento delle singole amministrazioni.

La normativa, infatti, pur ribadendo nella sostanza principi e funzioni già regolamentate dai precedenti atti legislativi, rappresenta un ulteriore  passo avanti per alcuni contenuti profondamenti incisivi,  stabilendo anzitutto l’obbligatorietà della comunicazione da parte delle amministrazioni pubbliche, in relazione agli obiettivi di trasparenza ed efficacia dell’azione amministrativa, la professionalità e la formazione degli addetti, l’individuazione delle strutture organizzative “minime” e delle rispettive competenze (ufficio stampa, urp, portavoce), da coordinare e completare con eventuali altri servizi: sportelli polifunzionali,  informagiovani,  sportello unico per le imprese, sportello per i turisti, etc.

La nuova Legge 150/2000 dedica all’URP  ed ai suoi compiti l’art. 8, ribadendone il ruolo fondamentale per l’attuazione dei diritti di accesso e di partecipazione ,ma anche le altre funzioni via via assegnategli dai successivi atti normativi, sottolineando in  particolare il ruolo di “orecchio” dell’amministrazione, per la verifica ed il miglioramento dei servizi molti dei quali sono rivolti, oltre che ai residenti anche agli ospiti temporanei e ai city user.

di Nicolò Costa e Giuliano Faggiani

< Gli Articoli di Azienda Turismo