Habitat urbano e soddisfazione residenziale

Nelle società delle reti e delle connessioni virtuali la città rappresenta il luogo dove si realizza la sintesi tra la comunicazione intesa come mobilità e la comunicazione intesa come conoscenza, dove gli spostamenti delle persone sono sempre più motivati e sorretti dai flussi di informazioni, dove ogni differenziazione funzionale deve essere inserita in una relazione territoriale, in un disegno spaziale che possa essere percepito come un “insieme integrato”. Nessuna città, grande o piccola che sia, può essere intesa, oggi, come semplice contenitore di attività e di servizi: la città è, prima di tutto, un luogo di comunicazione sociale ed anche il parco urbano deve trovare la sua ragion d’essere e la sua funzione come luogo di comunicazione: sia fisica e di cerniera tra le diverse aree edificate, nell’uso orizzontale dello spazio, sia di comunicazione immateriale per far interagire le diverse funzioni e i diversi usi “verticali” della città.

La presenza del verde nell’ambiente urbano, quindi, non può essere visto come semplice complemento di arredo, come lo “sfondo” passivo delle aree edificate, riconducibile ad una funzione di infrastruttura per le attività di tempo libero dei residenti o ad una funzione di articolazione del paesaggio per lo sguardo turistico. Perché non si tratta solo di ripristinare un equilibrio nel rapporto tra natura e volumi costruiti, quell’equilibrio che lo sviluppo industriale aveva compromesso con la diffusione intensiva degli insediamenti e a cui la pianificazione urbanistica aveva cercato di porre rimedio con l’inserimento degli spazi verdi nel tessuto urbano e con i tracciati dei grandi boulevards alberati. Le nuove “architetture vegetali” devono rappresentare sempre più uno strumento attivo di urbanità, favorendo una fruizione dello spazio meno frenetica di quella che ha reso invisibili la maggior parte delle città industriali, anche in presenza di una certa razionalità del loro disegno.

Per questo il verde urbano ha prima di tutto un ruolo di comunicazione: del resto, come ogni manufatto, anche la trasformazione dello spazio a livello tridimensionale non esprime solo la funzione d’uso per la quale è stata progettata, ma trasmette soprattutto valori simbolici connessi a tale funzione e quindi non solo consente, ma promuove comportamenti sociali omogenei alle nuove possibilità di fruizione dello spazio fisico.

Negli ultimi anni le condizioni di vita urbana sono profondamente mutate con l’incanutimento della popolazione e lo sviluppo demografico assicurato solo da un’immigrazione mal gestita, con l’appannamento dell’identità tradizionale di molti quartieri e la diffusione di spazi inespressivi che non fanno più distinguere un posto da un altro, il centro dalla periferia, con l’omologazione delle forme dell’abitare in conseguenza dell’affermarsi di abitudini di vita comuni ai diversi strati sociali. Ma sono cambiate anche le esigenze dei cittadini, che esprimono sempre più bisogni postmaterialistici legati alla sfera del piacere estetico e della identità, bisogni che possono essere soddisfatti solo in presenza di una percezione dello spazio urbano inteso non come rete di tracciati da percorrere in tempi sempre più brevi per richiudersi in qualche alveolo, ma inteso come area di relazioni sociali e quindi come “territorio”nel quale identificarsi.

Per questi motivi la qualità residenziale delle città – che è qualità della vita per gli abitanti, è la qualità del soggiorno per le popolazioni transitorie ed è la qualità dell’accoglienza per i turisti – non è determinata dalla razionale dislocazione delle attività e delle funzioni urbani nello spazio fisico, ma dell’immagine complessiva del luogo comunicata attraverso segnali di integrazione e di coesione. Da questo punto di vista le dotazioni infrastrutturali, gli standard dei servizi civili, la presenza di moderni centri commerciali, il livello del reddito e gli altri indicatori socioeconomici che generalmente vengono utilizzati come parametri per valutare la “qualità della vita”, non possono essere considerati i fattori principali che determinano il grado di soddisfazione residenziale
in un ambiente urbano, ma diventano solo elementi di supporto.

Dalla città si può avere molto di più di quanto non si abbia oggi in termini di qualità della vita. E’ certamente ad essa chiedono molto di più coloro che – a differenza dei cittadini che la abitano e che molto spesso non sono in grado di accorgersi del suo impoverimento comunicativo – la scelgono per un tempo limitato, come turisti o come residenti temporanei.

Ora, è soprattutto rispetto a questi nuovi target che si sta sviluppando, da qualche anno, una competizione tra le città europee per attirare investimenti, localizzazione di nuove attività terziarie e flussi di visitatori, una competizione che si sta affermando anche in Italia con l’adozione diffusa del marketing territoriale. E gli attori di questa competizione non sono tanto i soggetti imprenditoriali che gestiscono strutture ricettive o di servizio, ma sono le stesse amministrazioni pubbliche perché il vantaggio competitivo è dato soprattutto dalla capacità di innovazioni cioè gli interventi di riqualificazione urbana per rendere la località più accogliente, le grandi opere e i grandi eventi con il loro impatto comunicativo e, infine, la gestione coordinata della “catena del valore” del territorio amministrato. Si tratta, infatti, di riposizionare complessivamente l’immagine urbana più che ampliare l’offerta, specializzare i servizi, diversificare i prodotti e le attrattive.

La realizzazione di un parco urbano, da questo punto di vista, può avere una doppia funzione: da un lato quello di favorire l’integrazione tra architettura e natura (sempre ammirata la prima,sempre desiderata la seconda) e, dall’altro lato, quella di comunicare l’attenzione delle classi dirigenti e della stessa comunità locale per i valori della sosta, dell’accoglienza e della socialità che, nel parco come nell’antica piazza, trovano la più diretta espressione.

Il Parco urbano di Salerno

Uno degli esempi più interessanti di progettualità urbana finalizzata ad esaltare i valori della città accogliente è dato dal Parco urbano di Mercatello, realizzato a Salerno. Bisogna tener conto che la condizione sociale ed urbanistica di questa città, negli anni ’80, era simile, se non peggiore, a quelle di molte altre città del Mezzogiorno che – vantando una storia secolare – erano state piegate e sconvolte da un urbanesimo miserabile, dalla speculazione immobiliare e dall’abusivismo edilizio, dalla carenze delle infrastrutture e dalla dotazione dei servizi sociali, dal caos del traffico. In una parola, dalla crescita senza sviluppo.

Ma all’inizio degli anni ’90, in conseguenza anche della vicenda politica che ha rinnovato completamente la classe dirigente amministrativa, si è avviato un processo di risveglio della città, nella vita sociale come nella gestione della cosa pubblica e, soprattutto, nella capacità di autorappresentazione delle popolazioni locali. Dopo una serie di interventi coordinati dall’architetto catalano Orial Bohigas, principale artefice del rilancio di Barcellona, che hanno profondamente inciso sull’immagine comunicata della città, si è dato avvio alla realizzazione di un grande parco urbano in un’area fortemente degradata e compromessa. Ma il parco urbano di Mercatello non è stato concepito solo come progetto di riqualificazione di una parte della città:un’area di “vuoto urbano” è stata trasformata in uno spazio collettivo connotato da una qualità funzionale ed estetica che si è riverberata su tutto l’intorno costruito, assumendo anche un ruolo di cerniera.

Non un’oasi di verde, quindi, un intervallo di natura all’interno di un panorama smagliato, ma un’occasione per ridare coerenza territoriale e ruolo rappresentativo ad alcuni spezzoni urbani che non avevano neanche una dignità toponomastica e venivano denominati ancora con le sigle amministrative Q2 e Q4.
Non si è trattato semplicemente di ridare una prospettiva di inclusione e un valore percettivo ai manufatti edilizi con il solo criterio di massimizzare la capacità abitativa e senza nessuna attenzione per la qualità, anche estetica, dell’abitare: con la realizzazione del parco si è avviato un processo di riequilibrio sociale complessivo dell’area puntando sulla constatazione che uno spazio pubblico riqualificato produce sempre degli effetti osmotici sugli spazi privati adiacenti, non solo per l’incremento dei valori immobiliari, ma soprattutto per le nuove possibilità di autorappresentazione offerte a popolazioni marginali che vengono reinserite nella trama della città. Se si pensa a ciò che è stato fatto a Parigi per il parco Citroen – dove sono stati coinvolti gli abitanti del quartiere che hanno addirittura sostenuto l’investimento sottoscrivendo quote azionarie, con il risultato che oggi essi partecipano alla gestione amministrativa del parco e sono divenuti gli scrupolosi controllori della qualità e dell’immagine di quello spazio territoriale nel quale si sono identificati – si può comprendere quanto sia importante la soddisfazione residenziale per favorire i processi di autorappresentazione dei cittadini e, attraverso questa, la capacità di trasmettere segnali e valori di urbanità.

Grazie anche al parco urbano di Mercatello, quindi, Salerno ridefinisce oggi la sua immagine come città accogliente,proprio perché migliora la qualità della vita dei residenti e, nello stesso tempo, potenzia e rilancia la sua forza attrattiva per le popolazioni transitorie, assumendo un nuovo ruolo turistico significativo e veicolato proprio dalla capacità che ha dimostrato di saper sperimentare innovazione e progettualità urbana.

Ciò che ha fatto, del resto, Barcellona e che sta facendo Berlino o – per restare nella scala delle città più piccole – ciò che si è fatto a Glasgow, a Lille e in tante altre “eurocittà”.

di Giuliano Faggiani

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