E-commerce nel mercato turistico
L’ecommerce è ormai una realtà con la quale gli operatori del settore devono confrontarsi. Si tratta di accogliere sistemi innovativi di ingresso sul mercato al fine di allargare il più possibile i bacini di utenza e rendere più veloci le transazioni. Detto in questo modo l’e-commerce turistico appare senza dubbio come una sorta di uovo di Colombo, una panacea per fornitori, organizzatori, enti di promozione e fruitori turistici.
Invece le cose non stanno proprio in questi termini ed è quanto cercheremo di dimostrare.
La rivoluzione della comunicazione diretta
Internet e derivati hanno certamente semplificato il sistema di comunicazione abbattendo barriere dello spazio e del tempo, ma hanno anche eliminato filtri da sempre esistenti in ogni attività economica. Non è un mistero che la direct comunication abbia eroso un sistema basato su tre livelli: quello del soggetto proponente, quello ricevente e quello dell’intermediario con potere illimitato(forse più nell’apparenza che nella sostanza) di decidere se e come mettere in contatto chi offre e chi vuole comprare. La comunicazione diretta e, soprattutto, i suoi derivati commerciali, hanno modificato regole merceologiche definite dall’economia dello scambio in forma precisa. E’ questa una rivoluzione che va memorizzata senza dimenticare che, tramontati dei totem, se ne sono aggiunti altri, forse più pericolosi (come tutti i totem, ovvero le “adorazioni” incondizionate), al momento sottostimati dal comprensibile entusiasmo che ogni rivoluzione porta con sé.
Ora, nel campo della comunicazione telematica e dell’e-commerce, dobbiamo andare a vedere chi sono i soggetti interessati ad investire ingenti risorse umane e finanziarie per proporre, aggiornare e rendere visibile il proprio prodotto. E, da questo punto di vista, dobbiamo evidenziare come molti settori merceologici hanno cominciato ad apparire sul web, compresi quelli culturali che si materializzano in beni-oggetto quali il libro, nonché quello turistico che non si può definire propriamente prodotto, ma che ancora non siamo riusciti a definirlo in altro modo. Anche se infungibile, non deteriorabile e non bene di consumo vero e proprio, siamo dunque costretti a chiamare l’offerta turistica ancora così, e forse proprio in questa definizione si annida il primo dei due equivoci sui quali vogliamo intrattenerci. Ma abbiamo l’impressione che, continuando gioco forza a definire i beni ed i servizi turistici, isolati o a pacchetto, un “prodotto”, qualcuno ci abbia poi creduto davvero, “trattandolo” come tale. Alla stregua di una saponetta o di un computer.
I soggetti coinvolti nella vendita di turismo
I soggetti interessati a vendere turismo sono gli stessi che da tempo operano nel mercato specifico, dunque fornitori di servizi, tour operator ed anche agenzie viaggi che vogliono migliorare la propria
visibilità. Una categoria a parte poi è rappresentata da Enti deputati alla promozione turistica del territorio. Questi sono gli unici che non vendono in senso stretto, ma forniscono orientamenti e notizie utili a chi richiede informazioni su luoghi dove bene o male ha già deciso di recarsi.
Una volta schematicamente individuati i soggetti proponenti, resta da individuare quelli ai quali l’offerta è diretta, e qui cominciano le prime note dolenti. Abbiamo poc’anzi definito l’e-commerce un mercato aperto dove, sebbene forse l’offerta prevalga sulla domanda, è tuttavia aperto a tutti. Tanto aperto da rischiare, se non si è capaci di “navigare” bene , di trovarsi nel sito sbagliato ovvero non richiesto. E’ ovvio che i destinatari siano i consumatori. E’ altrettanto ovvio che a soffrirne, nonostante conclamate rassicurazioni iniziali, sia l’intermediazione professionale, l’altra faccia del turismo. Intermediari che fino ad oggi detenevano il “potere” di indirizzare i propri clienti, ne chiedevano il compenso ai fornitori, in forma di commissione che maturava “dentro” il prezzo pagato dal pubblico, hanno cominciato a trovarsi in una situazione critica, talvolta in aperta diffidenza nei confronti di questi nuovi approcci commerciali.
I timori non dovrebbero essere di poco conto se consideriamo che si tratta di una categoria duttile e sempre ben disposta, nel corso di questi ultimi trenta anni, alla adozione di qualsiasi sistema tecnologico innovativo. La stessa categoria che, convinta delle nuove ulteriori opportunità offerte dall’e-commerce, ora prova la sensazione, non del tutto infondata, di perdere il controllo di strumenti finalmente più avanzati con i quali riteneva poter continuare a crescere. Si sorprende dunque di non essere più considerata la protagonista, non più “consulente professionale” indispensabile. Di colpo l’agente di viaggio si è trovato senza un ruolo, ma questo potrebbe essere il tema di altra riflessione che faremo nel prossimo numero della rivista. L’e-commerce, come tutte le rivoluzioni, ha portato scompiglio e smarrimento in un comparto comunque già in crisi di identità. Lo testimoniano le frammentazioni singoli, la corsa al si-salvi-chi può, la concorrenza senza regole tra fornitori e distributori, tra fornitori stessi. Tanto selvaggia da sconvolgere tariffe e quote, al punto che l’utenza sovente si interroga se ieri veniva truffato quando, per il medesimo prodotto, gli veniva chiesto prezzo molto più alto.
Il turismo è entrato nell’e-commerce per ultimo, sospinto anche dall’entusiasmo di guru telematici, (estranei al settore) che promettono tutto, anche l’impossibile, a costi elevatissimi soprattutto nell’aggiornamento del software e dei dati, elementi essenziali per il trasferimento di pacchetti leisure e per la gestione delle tariffe. Entrato per ultimo, ma con percentuali di presenza del 65%(secondo recenti stime), superiori ad ogni altro settore commerciale. Generose valutazioni, e forse confusione voluta tra “contatti” assai frequenti e numerosità di vendite concrete, hanno moltiplicato il desiderio di “esserci” ed aprire nuove pagine, anche se non sempre tutti i pacchetti e tutte le tratte di trasporto si prestano ad una agevole disposizioni sul web. Nondimeno, l’avanzata telematica dell’offerta diretta di iniziative turistiche più semplici, procede abbastanza spedita registrando, incrementi altissimi, anche se pur sempre rapportati alle basi davvero minime dei periodi precedenti. Tuttavia procede eccome, soprattutto per le prenotazioni di singoli alberghi. Ma questo asseconda una già diffusa tradizione bene accolta anche dal pubblico e da molto tempo.
Qualche ostacolo è ancora rappresentato dalla naturale difficoltà di molti a metabolizzare rapidamente alcuni imperativi dettati dalla rete: non si tratta soltanto di una comprensibile differenza generazionale, ma anche dal fatto che molti internauti, anche i più incalliti, intendono effettuare le proprie scelte turistiche magari partendo anche dal sito, ma poi collezionano materiale cartaceo ancora non sostituibile, utilizzato per l’85% delle prenotazioni. Per non considerare poi, cosa di non poco conto, che l’utenza tende a privilegiare un rapporto personale con autori ed interpreti. Una tendenza che si origina non solo dalla preoccupazione di un acquisto telematico incerto, soprattutto nella forma di pagamento (in Italia poi la diffusione delle carte di credito non è così spedita come si vuol far credere), ma anche dalla consapevolezza di voler in un certo modo responsabilizzare e sentirsi rassicurati da soggetti in carne ed ossa e chiaramente posizionati sul territorio, dove successivamente recarsi per eventuali commenti o lamentele.
A fronte di questa utenza, i professionisti del turismo non sembra abbiano dato risposte adeguate e convincenti. Si sostiene che in futuro la piccola percentuale di prenotazioni di pacchetti turistici – attualmente poco più del 10% delle presenze in rete – si moltiplicherà in maniera esponenziale perché così accade in molti paesi, Stati Uniti in testa. Ma a questa considerazione potrebbe opporsi una esattamente contraria. Basti pensare, infatti, che gli USA non hanno certo un primato di una vocazione turistica comunemente intesa (semmai di solo “spostamento”, che è altra cosa) e che non proprio tutte le loro abitudini hanno trovato sempre grande accoglienza in Italia e nel vecchio Continente. La diffusione del Drive in potrebbe essere un esempio.
Ma il problema, a nostro avviso, non va posto soltanto in questi termini: sarebbe infatti superficiale ridurre tutto ad abitudini, usi e costumi, ovvero al fatto che nessuno potrà mai dirci cosa sarà il futuro, almeno fino a quando ce lo prefiguriamo (e non potrebbe essere altrimenti) con gli occhi del presente.
L’altra faccia della medaglia
L’e-commerce turistico non è aspetto da liquidare con leggerezza sulla scorta delle numerose mistificazioni telematiche esibite da quelli che sopra abbiamo definito “guru”, e neppure da altrettanti fascinosi richiami. L’imperativo è chiarirne con precisione il suo uso. Il suo veloce ingresso nel comparto ha prodotto turbativa in un mercato già incerto e, come accennato, in netta crisi di identità. Si è trattato dunque di un’accelerazione di quanto maturava da tempo: abbondanza confusa e omologata di offerta, vetero e approssimativo esercizio di marketing pedissequamente mutato dal commercio o dall’industria (senza tener conto della specificità del “prodotto” turistico), operatori in un non facile passaggio dall’artigianale all’industriale.
Da qui il secondo dei due equivoci che abbiamo evocato: la condizione che strumenti rapidi e capaci di coinvolgere un numero maggiore di soggetti,possano fare il miracolo di risolvere, in un colpo solo, problemi di struttura e di mentalità in via di esaurimento. Non è questo fenomeno nuovo del nostro tempo, non è la prima volta che si confonde progresso tecnologico con quello culturale ed è un errore che trascina e prolunga l’incomprensione delle vere motivazioni della crisi (intesa correttamente come “cambiamento”, a volte traumatica, ma inevitabile). Crisi che risiede nei soggetti e non nelle macchine e nei sistemi operativi che dovrebbero rappresentare invece un valido supporto se ben utilizzati. Invece proprio il loro cattivo uso e, talvolta, attribuzioni improprie finiscono con l’evidenziare carenze di tutti i soggetti attivi che operano nel turismo. Insomma, prima o poi i nodi al pettine dovevano pur venire, consegnandoci operatori in affanno e una utenza che chiede solo risparmio e non sempre, almeno nelle intenzioni, a scapito della qualità.
Ma una utenza siffatta si comporta come il comparto che l’ha abituata, approfitta del caos per spuntare opportunità che un po’ tutti hanno sollecitato e, quando si perdono per strada alcuni principi fondamentali di cultura economica, i risultati non possono che portare a nudo scenari di pericolo.
Si dirà che questo sia il passaggio obbligato per qualsiasi evoluzione, ma quello che solleva perplessità è il persistere della superficiale convinzione che una certa categoria possa fare a meno di riconoscere e distinguere ruoli diversi, pur nello stesso ambito di attività. Fornitori di servizi e produttori di turismo si entusiasmano a fronte di milioni di “contatti”, ma poi restano delusi(in particolare i produttori) del magro raccolto e non si interrogano sul perché. Si cerca l’intermediazione, proclami a parte, proprio quando non è possibile farne a meno e si giustifica la vendita diretta, forse neppure risparmiosa, mostrando orgogliosamente numeri. Numeri e basta, come quelli esibiti da alcune compagnie aeree low cost che hanno abolito ogni intermediazione e che quindi possono vantare clienti che accettano – numerosissimi – il sito e la presentazione diretta, pagando poche decine di euro per tratte molto richieste e già servite da moltissimi altri vettori, tutti ormai ridotti in stato di coma permanente.
Gli scenari futuri
E’ fin troppo facile allora prevedere nel tempo una graduale sostituzione di soggetti, ma anche altrettanto graduali nuovi incrementi tariffari fino a quando, anche coloro che avranno conquistato il mercato stracciando il prezzo, per sopravvivere, dovranno riportarlo a valori compatibili con i costi sostenuti. E’ egualmente fin troppo facile prevedere organizzatori che minano la struttura distributiva per fare da sé, per poi accorgersi di aver acquistato minime frange di clientela che a stento coprono le spese delle pagine web.
L’intermediazione comunque si sta trasformando. Alla polverizzazione del mercato si vanno sostituendo gruppi di acquisto e network sempre più agguerriti. Gli organizzatori d’altro canto rispondono cercando strategie verticali attraverso il controllo di tutti i servizi assemblati, dall’albergo o villaggio, al trasporto, fino al canale di vendita in proprio. Solo il tempo ci dirà se l’operazione, almeno in Italia, è fattibile e a quale prezzo.
E’ indubbio che si stia andando verso la costruzione di più poli(monopoli?) integrati verticalmente in sostituzione di una struttura orizzontale, diffusa e forse polverizzata che ha fino ad oggi dominato
il mercato anche della produzione turistica: da una parte grandi consolidatori nel campo dei trasporti e, dall’altra, pochi organizzatori di pacchetti, tutti ben inseriti in rete e tutti confezionati con pochi margini di variazione.
Se gli scenari prossimi futuri saranno questi, dovremmo anche aspettarci, senza ovviamente augurarceli, eventuali grandi crolli, tipici dell’industria e dei regimi a monopolio imperfetto, pur in un mercato che si continuerà ad affermare “libero”.
Per le compagnie di trasporto, fino a quando resteranno, occulti o palesi, gli interventi pubblici di sostegno,i danni saranno minori, e altrettanto potrebbe essere anche per i T.O. che, assumendo dimensioni enormi, saranno eventualmente costretti a ricorrere a strumenti di soccorso pubblico nel nome dell’occupazione e del “sociale”. Ritornello che conosciamo benissimo e che ricorre anche oggi a fronte di crisi di imprese giganti,”private” sulla carta, ma monopoli di prodotto per concessione pubblica.
Ci rendiamo conto allora di aver imboccato una strada al momento senza ritorno. Forse sarebbe stato opportuno utilizzare al meglio il progresso tecnologico di così ampia visibilità e rapida risoluzione, per adattarlo a quelli che abbiamo poc’anzi definito “principi fondamentali “ dell’economia di mercato, nel nostro caso mercato turistico. Forse si sarebbe dovuto optare per una migliore integrazione delle forze professionali in campo ed usare le enormi potenzialità dell’e-commerce per meglio interagire e non escludere una delle sue componenti che, al momento, appare la più debole proprio perché gestita privatamente e orientata al “piccolo”, ma che potrebbe acquisire maggiore forza – non solo contrattuale e rivendicativa – proprio utilizzando le potenzialità offerte dal web.
Agli inizi dell’era telematica, le diverse componenti che vivono nella galassia del turismo, soprattutto i vettori aerei, ma anche alcuni T.O., sembravano preoccupati di non spaventare i propri intermediari (che ancora oggi assicurano circa il novanta per cento delle vendite di biglietteria) in grado di garantire una rete capillare di vendita su tutto il territorio relativamente a basso costo,che diventerà zero quando verranno abolite le commissioni.
In seguito tale orientamento si è sempre affievolito. Soprattutto i Tour Operator giustificavano la loro presenza sul sito come atto di visibilità a “sostegno” delle agenzie, ritenute il luogo naturale per poi “chiudere” eventuali prenotazioni effettuate direttamente. Oggi nessuno riesce a sottrarsi alla tentazione di aprire e chiudere le pratiche in vero e proprio e-commerce, completo di pagamento con carta di credito, i tradizionali bonifici bancari e talvolta addirittura “soldi in bocca”alla partenza. Erano scenari già aperti alle conseguenze più logiche, che forse qualcuno cercava di esorcizzare facendo finta di niente. Fin qui, nessun particolare appunto: il progresso ha sempre richiesto vittime sacrificali. Il peggio si verifica quando i fornitori e gli organizzatori si mettono a giocare su più tavoli. Da una parte agiscono in proprio, risparmiando sulla intermediazione, dall’altra non solo la enfatizzano quando ne hanno bisogno, ma addirittura pretendono dalle agenzie di viaggio il raggiungimento di target elevati di vendita in aperta concorrenza con i siti che essi stessi hanno aperto. Quello che meraviglia è l’umiliante adesione dell’intermediazione professionale ad un rapporto con i fornitori di servizi e di pacchetti, che definire improprio rappresenta un eufemismo.
L’e-commerce turistico, dunque, per ora altro non ha fatto che accelerare uno stato di crisi profonda, in cui già versava il comparto, invece di migliorare la struttura organizzativa e localizzativa.
Sarà, come si suol dire, soltanto il mercato a decidere. Purtroppo un mercato, come abbiamo visto, non perfettamente “libero”, ma pur sempre in grado di dirci chi ha eventualmente commesso errori di valutazioni, e dove. Un mercato che emetterà, su quella che oggi appare evidente confusione, i suoi verdetti, magari generando altre idee ed altri comportamenti al momento non facili da intravedere.
di Mario Nacci