Fra Autonomia e Responsabilita’

Competenze centrali, spazio europeo, poteri locali e riforma federale

La riforma della legge-quadro sul turismo del 1983, attesa da tempo, è stata approvata pochi giorni prima della legge sul federalismo e potrebbe determinare problemi di interpretazione. Ma è molto importante che questa riforma sia stata varata – sia pure negli ultimi giorni della legislatura – con qualche forzatura politica nel rush finale, anche se l’articolato è stato discusso a lungo dalle due Camere. La normativa del 1983 nacque infatti già vecchia e recepì situazioni già disciplinate a livello locale, limitandosi a conferire alle Regioni ulteriori deleghe senza sciogliere i nodi fondamentali del sistema turistico, sia a livello istituzionale che a livello operativo.

L’evoluzione del turismo negli ultimi anni, il passaggio dei servizi al mondo dell’industria, la connotazione sempre più culturale e sociale, la dimensione internazionale del fenomeno, rendevano necessario un sistema di gestione migliore.

La nuova legge-quadro risponde a questo obiettivo. L’articolo 1 della legge “riconosce il ruolo strategico del turismo per lo sviluppo economico e occupazionale nel contesto internazionale e dell’Unione europea, per la crescita culturale e sociale della persona e della collettività e per favorire le relazioni tra popoli diversi.

Gli ulteriori principi affermati dalla legge vedono il turismo come fattore di riequilibrio delle aree depresse e mirano ad estendere la fruizione del fenomeno quale diritto all’esplicazione della personalità ed all’arricchimento degli individui, riconoscendo ed esaltando la funzione sociale del turismo. In quest’ottica la legge interviene concretamente, sia attraverso la Carta dei diritti del turista – espressione della tutela che lo Stato intende garantire a tutti i soggetti che si accostano al turismo – sia varando i buoni vacanza concessi ai cittadini con basso indice di reddito.

La legge, inoltre, riconosce l’importanza delle autonomie locali e precisa che, nel campo turistico, hanno rilevanza quelle aggregazioni di attività che, pur non essendo tipiche del turismo, come gli esercizi alberghieri, acquistano tale qualificazione in quanto inserite nei Sistemi turistici locali, realtà economiche e strutturali che vanno al di là dei confini amministrativi degli enti locali.

Questo nuovo assetto del turismo viene regolato in piena aderenza alle norme in materia di trasferimento alle Regioni dei poteri dello Stato, secondo la legge n. 59 del 1997, ed il successivo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Seguendo tale normativa il Presidente del Consiglio dei Ministri definisce i principi e gli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico ed elabora  le linee-guida per regolare i settori in cui si articola il turismo. I relativi decreti sono adottati d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano.

Lo strumento dell’intesa garantisce che le Regioni sono e restano attrici del governo del turismo italiano per cui si può affermare che la nuova legge-quadro non invade la competenza degli organi locali in materia turistica.

Tale assunto potrebbe trovare ostacolo nelle norme sul federalismo approvato l’8 marzo scorso. Infatti, l’articolo 117 della Costituzione del ’47, demandava il turismo e l’industria alberghiera alla competenza regionale, ma le Regioni erano  tenute al rispetto dell’interesse nazionale e di quello delle altre Regioni, per cui vi era una soglia, l’interesse nazionale, che consentiva l’azione statale. Con la riforma costituzionale , le Regioni sono autorizzate ad operare, nelle materie di loro competenza, senza limiti preventivamente descritti.

Il nuovo articolo 117 prevede due livelli di azioni dello Stato; legislazione esclusiva e concorrente. Nella legislazione esclusiva è presente la politica estera ed i rapporti internazionali (ma non il turismo, anche se è eminentemente internazionale), la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali (ma non del turismo, che di questi fattori si alimenta). Nelle materie di legislazione concorrente v’è il Commercio con l’estero (non il turismo, che con l’estero lavora), porti ed aeroporti, grandi reti di trasporto e navigazione (ma non il turismo, che è motore fondamentale del traffico); v’è infine l’ordinamento sportivo, le Casse di Risparmio e le Casse rurali ma, con una limitatezza di visione che è quantomeno sconcertante, il turismo risulta di esclusiva competenza locale.

Quali conseguenze trarre, sia pure velocemente, dal nuovo articolo 117 della Costituzione in relazione alla Legge-quadro sul turismo?

Volendo seguire integralmente il sistema federalista che si anima del principio di solidarietà, la generalità delle funzioni amministrative verrebbe assegnata ai comuni mentre, via via che l’interesse da regolare si diffonde, subentrano le Provincie, le Regioni ed infine lo Stato che, come  abbiamo visto, non potrebbe legiferare in materia turistica.

Ora, secondo il trattato di Maastricht, l’ultimo anello della catena della sussidiarietà è l’Unione Europea chiamata ad intervenire, anche nei settori che non sono di sua competenza, quando la portata degli interessi supera la dimensione nazionale e determina una ricaduta degli effetti a livello comunitario, Potrebbe, quindi, verificarsi l’ipotesi a seguito della quale, in assenza di norme statali che possano regolare in modo chiaro ed efficace il sistema turistico, l’Unione Europea sarebbe facilitata ad intervenire con le sue Direttive!.

Non sembri questa un’ipotesi astratta: sono già due i settori (sicurezza antincendio e problematica igienico-sanitaria relativa alla ricettività)  nei quali la Comunità Europea si è già pronunciata ed il sistema italiano vive in regime di autorizzazione provvisoria non avendo ancora provveduto a recepire le indicazioni europee.

La nuova legge-quadro sul turismo, in realtà , pur se non rappresenta  il massimo a livello legislativo, appare senz’altro uno strumento apprezzabile per lo sviluppo del turismo italiano e non sembra meritare né il giudizio assolutamente negativo del Professor LojPoddu, apparso sulla stampa, quanto a un dichiarato impianto centralista della norma, né le osservazioni di incostituzionalità e di violazione delle norme sul federalismo mosse soprattutto da alcune regioni.

Cosa c’è di notevole nella Legge-quadro, infatti, che consente di superare l’equivoco del contrasto con l’ordinamento federale:

  • la qualificazione del turismo come industria;
  • il riconoscimento dei sistemi turistici locali:
  • il meccanismo delle “linee-guida” che consente finalmente la massima chiarezza del mercato turistico.

Questi tre elementi  superano l’ottica regionalistica e federalista in quanto:

  • l’industria rientra nella programmazione economica nazionale;
  • la intersettorialità delle politiche economiche, che ha portato al riconoscimento dei sistemi locali, è prova evidente che il turismo non può essere regolamentato da discipline regionali tra loro contraddittorie e spesso contrapposte;
  • il meccanismo delle linee guida rappresenta il vero nucleo di un federalismo moderno che proietta sugli organi locali autonomia e responsabilità.

I nodi urgenti da sciogliere con il decreto aspettando le linee guida

La Riforma della legislazione turistica (Legge 135), ha destato l’interesse di tutti perché ha soppresso, dopo molti anni, la vecchia normativa del 1983 ed ha varato un sistema di governo del turismo molto innovativo ed interessante.

Tuttavia il provvedimento sembra ispirato all’ antico principio “nulla si crea e nulla si distrugge” : infatti, mentre dichiara l’abrogazione della vecchia legge-quadro del 1983, sancisce che le norme in essa contenute decadranno solo quando entreranno in vigore i decreti di attuazione della nuova legge.

Quali saranno i tempi effettivi –a prescindere da quelli meramente ordinamentali – indicati in tre mesi (piùaltri nove concessi alle Regioni) dalla 135? Tenendo conto che la legge è entrata in vigore il 5 maggio, entro il 4 agosto dovrebbe essere emanato un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che darà corpo alla riforma della legislazione turistica e consentirà di ritenere complessivamente decaduta la vecchia disciplina.

Altro problema, anch’esso di natura squisitamente tecnico-giuridica; l’assimilazione completa del turismo al settore industriale, chiaramente affermata dalla 135 – e da tutti salutata come una conquista del sistema – comporta la traslazione totale del comparto turistico dal “Commercio-servizi” all’”Industria”?  Più in dettaglio, si applicheranno automaticamente al settore turismo tutte le normative previste per il settore industriale, e cioè cassa integrazione, mobilità, tariffe, previdenza, etc.?

La Legge 135 ha abrogato, inoltre, il vecchissimo Regio Decreto n. 2049, del 1935 relativo alla pubblicità dei prezzi nelle strutture ricettive. Venuto meno il decreto, quali saranno gli effetti sulla normativa del 1991 che, nel liberalizzare il regime dei prezzi, faceva comunque riferimento al vecchio R.D.?

Gli italiani sono dei maestri nell’ interpretazione delle norme giuridiche e qualcuno potrebbe sostenere, rovesciando i termini di un discorso corretto, che l’eliminazione di una norma più antica determina la decadenza di quella più recente. E sembrerebbe, quindi, di dover negare in radice un eventuale ragionamento mirato all’ abrogazione del regime di pubblicità dei prezzi nelle strutture ricettive.

Infine, la nuova legge-quadro, ha soppresso la sezione speciale del REC, ove venivano iscritti i gestori di strutture ricettive. Ora, quali le conseguenze di questa soppressione? Vengono meno tutte le iscrizioni effettuate negli ultimi 30 anni? Viene meno il sistema (esami, disciplina d’iscrizione , requisiti, etc.) previsto per acquisire la qualificazione di operatore turistico? Se così fosse si verrebbe a perdere la certezza e la chiarezza della qualificazione imprenditoriale.

E’ evidente , quindi, che a questo come a tutti gli altri problemi scaturenti in particolare dall’art. 11 della legge 135, dovrà darsi piena soluzione attraverso la decretazione attuativa che ci auguriamo possa essere tempestiva ed attuata, anche per evitare la ben nota propensione degli italiani per la libera interpretazione delle norme.

Di Alfredo Siniscalchi – Dirigente Generale del Dipartimento Rapporti con il Parlamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri

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