Dai Leoni di Marmo ai Leoni D’oro

Vacanze veneziane

A Venezia l’incrocio delle culture mediterranee che si respira nella città , nelle chiese, nei palazzi, nei musei, si è espanso: grazie alla Mostra del cinema e ai suoi film, l’incontro avviene adesso col mondo intero.

Si è appena svolta – tra il 3 ed il 14 settembre – la 55^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte e Cinematografia di Venezia. Limitandoci  ad osservare la sola sezione del Concorso – e del collaterale Fuori Concorso – non possiamo che riflettere sconsolatamente su un’evidenza: il cinema italiano non assomiglia al paese.

Dopo la guerra, sulla scia del neorealismo – che sull’Italia del dopoguerra ha scritto un capitolo importante del cinema mondiale – la commedia all’italiana degli anni seguenti ha raccontato con tanta efficacia i cambiamenti dell’italiano nel periodo del miracolo economico  da costituire lo specchio dell’Italia nel mondo, autorizzando a parlare dei film italiani quali autentico  volano del made in Italy.

Si è trattato di un fenomeno che, naturalmente ha avuto ripercussioni sensibili anche sul turismo, dal momento che il cinema, nutrendosi di belle immagini, aveva rappresentato essenzialmente le città d’arte , le località turistiche estive e invernali, gli ambienti naturali, i parchi nazionali. I luoghi turistici, insomma, attraverso i film sono diventati oggetti del desiderio dei viaggiatori. Così Venezia da sempre presente nell’immaginario collettivo, da sempre meta prediletta e obbligata del viaggiatore, si è venuta connotando nel XX secolo anche come la  terra promessa  del cinema.

Da sempre, i festival – e Venezia più di tutti – opponendosi con forza alla standardizzazione e all’omologazione dominanti nel circuito stagionale, rappresentano una possibilità concreta per molta gente  di poter vedere finalmente il cinema sul grande schermo e di sottrarsi al monopolio sala/tv, che presenta sempre lo stesso tipo di cinema.

Purtroppo, anche questa realtà sembra declinante. In quest’ultima edizione del festival sono stati presentati 80 lungometraggi. Dei 20 in concorso, 14 erano europei e 4 americani, solo 11 nazioni erano rappresentate, Se invece i conti li facciamo col totale dei lungometraggi presentati fra tutte le sezioni  del festival, ci rendiamo conto che 4 paesi hanno occupato il 58,7% dello spazio total.

Se, dunque, già il cinema nel suo complesso, sta rischiando la perdita definitiva della qualità e degli spazi grazie a cui sono state prodotte opere straordinarie che, oltre ad arricchire l’umanità, hanno facilitato il dialogo fra le culture ed i popoli. Adesso, anche la manifestazione veneziana rischia di aver perso quello che è forse la ragione più nobile della sua esistenza: una finestra aperta sul mondo, una tribuna privilegiata da cui mostrare le realtà dei popoli, uno spazio di libertà aperta a tutte le voci.

Accade, invece, che poche voci, essenzialmente appartenenti a Europa e Usa, possono approfittare dell’opportunità , come se già non approfittassero sufficientemente del mondo; il festival è dunque omologato? E’ solo un altro strumento a disposizione delle nazioni forti, e dunque delle cinematografie forti? I risultati dei festival di  Cannes, dove ha ottenuto un importante riconoscimento di critica e pubblico, La vita è bella, di Benigni, e di Venezia, per il Leone d’oro a Così ridevano, di Amelio, sembrerebbe avvalorare l’ipotesi che la cinematografia italiana sia ancora tra quelle che contano nel mondo e che ancora riscuotono consensi.

Ma è davvero un buon  momento per il cinema italiano? O non lo è solo per la macchina economica, che gode di un’iniziativa politica efficace, della ripresa produttiva, dell’impennata degli incassi. Vero è che non si vedono nuovi autori all’orizzonte.

Per vincere i festival, si raccontano realtà che ci precedono di almeno quarant’anni e si specula – come in occasione dell’assegnazione del Leone d’oro di questa edizione – su pressioni inedite di un autorevole esponente politico sulla Giuria. Polemiche e indiscrezioni che potrebbero essere giustificate solo da una miopia accentuata che limitasse l’ambito di esistenza del cinema italiano a questi soli, pochi, miseri interessi di bottega….ma che non possono davvero essere presi in considerazione se solo si bada a cosa la manifestazione di Venezia rappresenta nel mondo.

Venezia è un marchio serio, troppo quotato per potersi permettere anche il solo sospetto di un simile imbroglio, che condannerebbe il festival a un declino inesorabile e fatale e priverebbe la città di un ulteriore motivo di fascino.

Ci viene qui un parallelo con la situazione complessiva dell’offerta turistica italiana, che certamente Venezia e il cinema contribuiscono a valorizzare: un’offerta che non si può permettere di incrinare la sua qualità di marca, perché solo su di essa si basa la possibilità di consolidare ed estendere la quota di mercato conquistata sul mercato internazionale della domanda.

di Pietro Piemontese

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