E’ bruciata, La Fenice, il Teatro d’Opera più bello d’Italia. E’ andato completamente distrutto sottraendo a Venezia uno dei suoi tesori. E’ un cattivo presagio oltre che un’autentica sciagura.
Un’altra croce da aggiungere sulla lunga lista della morte di Venezia – della quale , però, sembrano essere incuranti i turisti , che affollano la città più numerosi e sognanti che mai. La perdita di un simbolo così significativo. E’ un duro colpo per Venezia, dove i simboli concreti dell’attrazione contano, e anzi sono fittamente intrecciati nell’esercitare la loro funzione di suscitatori del desiderio. Così è per la Biennale che occupa numerosi palazzi sparsi nella città. Così è per la Mostra del Cinema, che si divide e divide il suo pubblico tra Palazzo del Cinema, Hotel Excelsior e Sala Perla del Casinò. Che strane convivenze possono originare i problemi di spazio: il bisogno ha operato l’insolito accostamento tra cinema, gioco e comunicazione! Il Casinò, infatti, ospita la sala per le visioni riservate ai giornalisti e la stessa sala stampa.
Del resto, questo dell’erranza è un problema che il festival si trascina fin dal suo inizio. La prima edizione, infatti, si è svolta nel ’32 sulla terrazza dell’Hotel Excelsior. Per avere una propria sede, il festival ha dovuto aspettare il ’37 , quando la manifestazione si sposta nell’appena – e frettolosamente – costruito Palazzo del Cinema. Da vent’anni si parla di strutture insufficienti, di un nuovo palazzo che possa risolvere i problemi logistici che il festival presenta. Nel frattempo si è coperta l’arena che è diventata il mastodontico Palagalileo: nel frattempo il cinema è entrato nel suo secondo secolo di vita, nel frattempo il festival di Venezia dà chiari segni di logoramento.
La 52^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Veneziasi è spenta nell’anno del Centenario del cinema senza che nulla di particolarmente importante o significativo vi abbia avuto luogo.
Si è arrivati a bordo di un sottomarino nucleare e si è ripartiti su una carretta tirata da un cavallo. I film di apertura e chiusura del festival, dunque, hanno offerto quasi una simbologia, la ripetizione di un rito che ci vede ogni volta arrivare al Lido carichi delle attese collettive di un anno e ripatire con una povera scorta privata di immagini ed emozioni. Comune e ordinario è stato l’atteggiamento, di rinuncia nell’affrontare i grandi temi, espresso dai film presentati alla Mostra, con storie imperniate sul racconto di quotidiane soluzioni del vivere.
Ma la vera attenzione deve essere diretta verso due sezioni particolari del festival: il Panorama italiano e le Notti veneziane. Dei 9 film del Panorama Italiano, l’unico che figura nella graduatoria degli incassi della stagione E’ il Bidone, di Felice Farina, che occupa l’86^posizione, con un incasso di circa 300 milioni: delle Notti veneziane citiamo solo gli americani Braveherat, di Mel Gibson, Apollo 13, di Ron Howard, Waterworld , di Kevin Reynolds, che, nella stessa graduatoria , occupano rispettivamente la 7^, 9^ e 10^ posizione, per un totale di incassi di oltre 32 miliardi. Se quella vetrina di colossi hollywoodiani sembra proprio un regalo agli americani, per chi frequenta il festival – e ricorda le ovazioni e gli applausi interminabili che accompagnano l’affollatissimo film italiano di mezzogiorno – è proprio il Panorama italiano che rischia di apparire indecifrabile : ma perché mai al Palazzo del Cinema tutti quei giovani amano il cinema italiano? E perché mai nel resto del paese quegli stessi film “riscuotono tanto insuccesso”?.
Persino l’ondata napoletana di i film – che aveva suscitato entusiasmo e aveva fatto parlare della realtà creativa, ricca e fertile di una città che sta mostrando una particolare vitalità nella vita culturale e nella produzione artistica, come nell’happening turistico – è passata inosservata fuori dal festival.
Certo Venezia non può fornire risposte a questo tipo di quesiti e il rilancio del suo festival operato con la gestione Pontecorvo va salutato come un fatto di grande interesse. Certo è opportuno che i festival restino le vetrine per il cinema invisibile del mondo intero. Ma forse una collaborazione più stretta tra i vari festival europei, gli organismi pubblici preposti alla tutela e allo sviluppo del cinema e gli organismi professionali e industriali della produzione filmica è auspicabile: è necessario avanzare progetti e approntare strumenti per evitare la colonizzazione totale del cinema da parte dell’industria del film Hollywood.
La prossima edizione della Mostra del Cinema di Venezia prevede la celebrazione di un altro centenario, quello della prima proiezione di un film italiano, in Italia. Si tratta di un evento di grande rilievo, che testimonia la nobiltà e l’importanza della nostra cinematografia: il nostro augurio è che tra breve non si debba celebrare anche l’occasione dell’ultima proiezione di un film italiano fuori dall’Italia, fatti salvi i festival.
di Clarice Cartier