Nelle regioni meridionali lo sviluppo turistico rappresenta ormai l’opzione strategica a cui mirano quasi tutte le amministrazioni locali, le forze politiche ed economiche, le organizzazioni sociali. Ma il turismo nel mezzogiorno – al di là della retorica e dei richiami alla letteratura del Gran Tour – è una scoperta recente se si tiene conto che fino alla metà degli anni ’80, c’era ancora chi osteggiava la valorizzazione ai fini turistici delle risorse disponibili, sostenendo che questa avrebbe portato alla diffusione di attività “servili”, molto meno decorose dell’impiego pubblico o dell’occupazione operaia.
Del resto, anche chi la pensava diversamente riteneva che lo sviluppo del turismo nel mezzogiorno non avesse bisogno di strategie e di programmazione, poiché la mitezza del clima, le bellezze naturali, la ricchezza delle testimonianze storiche ed una “congenita disposizione ospitale” della popolazione fossero sufficienti a garantire l’arrivo di visitatori e di vacanzieri. Se poi questi turisti avessero trovato strutture ricettive inadeguate con personale dequalificato, aree archeologiche inaccessibili, ambiente compromesso e mare inquinato non costituiva un problema di cui preoccuparsi più di tanto: bastava spendere qualche lira in più per la promozione e rimborsare ai T.O. una parte dei costi di trasporto per assicurare – si pensava – il rinnovo e la stabilità dei flussi organizzati. L’unica preoccupazione era quella di potenziare la ricettività, e così le fasce costiere sono state invase da una cementificazione selvaggia nella convinzione che una qualsiasi offerta di “letti e cuscini” (magari nelle seconde case) o di piazzale per tende e roulottes, avrebbe determinato automaticamente la domanda.
Questi errori del passato pesano oggi ancora molto, anche se si va diffondendo una maggiore consapevolezza delle esigenze e delle reali condizioni necessarie per il rilancio turistico in rapporto alle nuove dimensioni, motivazioni e funzionamento del mercato della vacanza.
Tutela dell’ambiente e valorizzazione del patrimonio culturale, organizzazione del territorio, ammodernamento del sistema produttivo e qualificazione delle figure professionali (vecchie e nuove) sono oggi alla base della politica di programmazione. Da questo punto di vista, il Piano multiregionale predisposto dal Dipartimento del Turismo, che è stato recentemente approvato e cofinanziato dall’ Unione Europea, oltre a fornire un quadro organico di riferimento per le politiche turistiche delle regioni meridionali rappresenta un forte stimolo per la progettualità turistica delle comunità locali, delle imprese, delle organizzazioni sociali.
Ma quanti sono, tra gli amministratori pubblici del Sud , coloro che hanno capito che non vi sono più rendite? Quanti sono, tra gli imprenditori turistici, coloro che sono disposti veramente ad impegnarsi per contribuire al miglioramento del contesto territoriale e professionale, da cui le loro stesse aziende potrebbero derivare benefici economici indiretti? E’ questa la scommessa dei prossimi anni, che si può vincere solo con un profondo cambiamento di mentalità, di cultura politica e di cultura imprenditoriale: nel mercato globale, la capacità di attrazione turistica non deriva dalla dimensione dell’offerta ricettiva ma soprattutto dalla sua forza organizzativa, oltre che dall’attrattività e dalla qualità dell’assetto territoriale locale.
Sono concetti già toccati molte volte da questa rivista, che tuttavia vogliamo richiamare presentando questo nuovo fascicolo monografico in cui analizziamo la politica europea per lo sviluppo turistico delle regioni dell’Obiettivo 1 e le misure del “Programma operativo” del Dipartimento del Turismo con tutte le opportunità che ne derivano per la “valorizzazione del turismo sostenibile”.
Data la rilevanza di queste opportunità, ci sembra utile dare il nostro contributo per far conoscere tempestivamente le prospettive che si aprono per gli amministratori pubblici e per gli imprenditori turistiche che al di là delle chiusure localistiche – si riconoscono nella bandiera blu con dodici stelle.
di Giuliano Faggiani