Tutela ambientale e sviluppo sostenibile

La riserva di Ustica

Il mio ruolo di Sindaco di Ustica, nonché Presidente dell’omonima Riserva Marina che il Comune ha in gestione, giustificano la mia partecipazione ad un incontro che, oltre ad offrire un’occasione di confronto tra le diverse esperienze vissute in tre riserve marine del Mediterraneo, consente di mettere in relazione con il mondo dell’Università e della Riserva scientifica le esperienze concrete che ognuno sta conducendo all’interno della propria realtà.
Già nel corso degli anni e, di recente, proprio ad Ustica, durante il seminario internazionale sugli ecosistemi marini, organizzato dalla Riserva Marina in collaborazione con le Oasi Blu delle WWF-Lazio, avevo avuto modo di mettere a confronto l’esperienza di Ustica, che rappresenta l’esperienza capofila delle riserve marine italiane, con quella di Port-Cros e di Cabrera, due realtà, due riserve marine ormai consolidate da molti anni, che hanno certamente molto da insegnare a noi e, credo, a tutte le riserve marine.
Sul tema fondamentale del rapporto tra mondo scientifico e i Parchi naturali, nella recente conferenza nazionale sulle aree protette avevo già espresso il mio pensiero riguardo alla necessità di attribuire un forte carattere unitario al programma delle ricerche scientifiche nei parchi marini, valorizzando il ruolo di un Ente centrale di ricerca che potrebbe assumersi anche l’onere del monitoraggio della biodiversità marina su scala nazionale, a cominciare dalle aree protette.
Quanto al tema del turismo sostenibile,si tratta in sostanza di fare in modo che, nell’esercizio di questa attività economica, tanto il problema della fruizione del bene che contribuisce l’attrazione turistica, quanto l’obiettivo di conservarlo, anche per le generazioni future, siano tenuti nel debito conto.
Per riflettere insieme sul significato che queste parole, abbastanza pesanti, assumono in un’area marina protetta del Mezzogiorno d’Italia, un’isola della Sicilia, di fronte a Palermo, nella quale si sta conducendo un’esperienza concreta e non più solo un ragionamento accademico o un semplice progetto, è necessario partire da un’idea forte: il turismo sostenibile o durevole non può essere esclusivo appannaggio delle aeree protette terrestri o marine, ma deve tradursi in una linea di condotta, in un grande progetto culturale e politico, in un’attività di grande respiro che possa guardare l’ambiente, l’economia e, quindi, la qualità della vita su scala più vasta.

Lo sviluppo sostenibile nella realtà del Mezzogiorno

Ma occorrerà anche riflettere sul significato di un turismo durevole, inserito in un’idea di sviluppo sostenibile, in una realtà – come tanti luoghi del sud d’Italia – dove non sono in discussione i limiti da porre allo sviluppo, quando piuttosto il fatto che, molto spesso, non vi sia mai stato sviluppo, sostenibile,internazionalmente diffuso, debba quindi essere calato nella realtà del nostro Mezzogiorno. In altre parole, molte isole italiane, come in molte realtà del Mezzogiorno, che sono poi le protagoniste di una grossa quota di movimento turistico, non si tratta di ragionare solo sulla sostenibilità dello sviluppo ma, più spesso, di ragionare sull’avvio dello sviluppo, in presenza di un deficit occupazionale che no si può certo considerare come un fattore aggiuntivo o marginale, ma che è invece parte integrante della vita di quasi tutto il Paese.
Ustica era già località turistica prima dell’istituzione della riserva: dal 1959, era già sede della Rassegna Internazionale delle Attività Subacquee, una prestigiosa manifestazione che radunava nell’isola le più importanti personalità mondiali del settore, ed il suo mare era già uno dei più pescosi, tanto da ospitare i campionati internazionali di pesca subacquea.
Quel modello si è dimostrato alla lunga non più sostenibile, sia per il depauperamento delle risorse ittiche che provocava, sia per la crescente sensibilità dell’opinione pubblica ai temi della tutela ambientale. Così,con la gradualità che accompagna ogni processo, è mutata l’idea di trasformare Ustica in una Riserva Marina.

Un esempio di tutela ambientale

E questo processo di maturazione si è concluso addirittura in anticipo rispetto all’emanazione della legge 979/82 – che detta le disposizioni per la difesa del mare – tant’è che, già alcuni mesi prima della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il consiglio comunale di Ustica si esprimeva con una propria delibera chiedendo a gran voce l’istituzione a Ustica di una riserva. Ma non è questa la sola peculiarità di questa esperienza concreta nel sud d’Italia. La cosa importante è che, attraverso un processo democratico virtuoso che ha visto il coinvolgimento dell’intera comunità locale, Ustica ha deciso di scommettere su un nuovo tipo di turismo e di sviluppo. E oggi può dire di rappresentare un esempio avanzato di tutela ambientale ma anche di essere in grado di offrire un’attrattiva turistica peculiare specifica, capace di soddisfare alcuni segmenti importanti di mercato.
Ustica ha perciò deciso di porsi sul mercato turistico come specialità, se non addirittura come unicità e, quindi, con una forte carica di aspettativa, del resto già presente nel turismo italiano e internazionale, ma anche con la necessità di costruire un grande contenuto di qualità nell’offerta.
Elementi decisivi nella riuscita di questa operazione, che mescola in maniera originale esperienze naturalistiche e sviluppo socioeconomico, sono state le modalità di gestione della Riserva Marina.
In effetti, la gestione della riserva marina di Ustica, affidata fin dal 1986 al Comune, si è inizialmente tradotta in un’azione di tutela attiva del territorio-mare, che fosse al tempo stesso compatibile con il turismo, che è poi la principale attività economica dell’isola.
A distanza di undici anni dall’istituzione della riserva, si può dire che i termini si sono rovesciati: oggi, la Riserva Marina di Ustica, divenuta nel frattempo il principale traino economico dell’isola in termini di risorse, di immagine e di promozione, condiziona e trasforma la presenza turistica imponendo, nel medesimo tempo, il raggiungimento di standard di compatibilità con l’ambiente alle diverse attività economiche praticate nell’isola, dall’edilizia alla pesca, dall’agricoltura al commercio e ai servizi.
Per portare qualche esempio concreto, si è gradualmente passati, non senza contraddizioni, ma senza drammatiche lacerazioni del corpo sociale usticese, dalla pesca subacquea alla fotografia, dall’eccessivo carico di pesca alla pesca turistica e alle imbarcazioni di pescatori al servizio dei gruppi di ricerca scientifica sul mare,dalle barche piene di fucili subacquei a quelle attrezzature con mute e autorespiratori per pacifiche immersioni nei nostri straordinari fondali. Si è passati alla stagione della nuova edificazione alla preminenza del restauro e del recupero del patrimonio edilizio, da un “turismo della domenica” ad un turismo più qualificato e consapevole e dal turismo “mordi e fuggi” alle scolaresche in visita guidata presso il centro didattico della Riserva.

Il ruolo della popolazione

Tutto ciò non avviene senza contraddizioni, che occorre saper gestire, come di fatto sta avvenendo, anche grazie alla grande maturità dimostrata dalla cittadinanza usticese, senza drammi sociali e senza “guerre di ragione” tra il partito pro-riserva e il partito anti-riserva, tra quelli che sono a favore del parco e quelli che gli sono contro. Ciò che si è purtroppo verificato, e continua di fatto a verificarsi, in tante località italiane.
La preminenza e l’attenzione per la tutela e la conservazione del bene naturalistico marino, quindi, oltre ad essere un obiettivo in sé, diventa la chiave per aprire importanti spazi e per creare importanti ricadute sul territorio dell’isola, in termini di strutture, di servizi e di cultura, in senso lato.
Così facendo il turismo lentamente si trasforma e si destagionalizza. E l’incremento turistico registrato nell’estate appena trascorsa è già un dato importante. Ma quello che per noi è ancora più importante, è che l’incremento più significativo si è riscontrato, dati alla mano, nei mesi di maggio, giugno e settembre, con un segnale concreto di avvio di quel processo di destagionalizzazione che, per una località che già vive di turismo, comporta profonde trasformazioni, anche da parte degli stessi operatori turistici locali. Questo processo andrebbe sostenuto e, tuttavia, le ripetute richieste di aiuto rimangono spesso inascoltate dalla Regione, alla quale si chiederebbe, invece, di rendersi conto della grande ricchezza e delle grandi risorse di cui la Sicilia dispone. Può sembrare un discorso scontato o banale, e invece troppo spesso manca quel livello di attenzione che sarebbe necessario per dotare le strutture ricettive dell’isola di idonei standard di qualità, promuovendo intenzionalmente l’ecovacanza e consentendo, attraverso il potenziamento dei collegamenti marittimi e delle strutture portuali, la concreta raggiungibilità dell’isola, e quindi della riserva, per 12 mesi l’anno e non soltanto nel periodo estivo.
Attualmente, comunque, la Riserva Marina di Ustica sta utilizzando i finanziamenti erogati, attraverso l’Ispettorato Centrale della Difesa del Mare, dal Ministero dell’Ambiente e comincia ad attingere alle risorse aggiuntive offerte dalle misure specifiche per le aree protette o per le isole minori. Con il Dipartimento del Turismo, inoltre, esiste un rapporto di grande collaborazione, indispensabile all’effettiva utilizzazione dei finanziamenti che la Comunità Europea destina in modo specifico alle isole minori dell’Obiettivo 1. Tutte queste risorse, di origine regionale, statale e comunitarie, messe a disposizione delle aree protette, vengono così ad aggiungersi alle iniziative che la Riserva stessa ha sviluppato,nel corso degli anni, al servizio di questo progetto: le ricerche scientifiche, le gite scolastiche in primavera, il sea-watching nella Zona A di Riserva integrale, gli stage di studio, i workshop e i congressi scientifici internazionali – già conclusi o in programma – l’acquario, il centro didattico, le visite a bordo di imbarcazioni con il fondo di vetro e quelle accompagnate dalle guide turistiche appositamente formate ed avviate, negli anni passati, a questo nuovo lavoro, il centro accoglienza, la mostra permanente, il servizio di accompagnamento turistico affidato ai pescatori locali che sono stati attivati nel corso della stagione passata e il laboratorio marino per le ricerche scientifiche, sono tutti esempi di attività concrete.
In tal modo si stanno realizzando le finalità previste dal decreto istitutivo dell’86: la salvaguardia ambientale, la tutela del mare, la battaglia contro la cementificazione della costa, il ripopolamento delle specie ittiche, la divulgazione delle conoscenze riguardanti l’ambiente marino e la ricerca scientifica. E nello stesso tempo, sono aumentati gli introiti provenienti dalle attività della riserva.

Il progetto ITACA

Occorre ora rendere più organico questo intervento, attraverso la redazione di un Piano di sviluppo
socio-economico non previsto dalla legge 978 dell’82 sulla difesa del mare, e previsto invece, dalla legge 394 del ’91 sulle aeree protette. In effetti la Riserva Marina sta già lavorando insieme a Legambiente per un progetto relativo alle isole minori, fondato su uno sviluppo autocentrato che assomigli, come metodologia di approccio,al progetto APE (Appennino Parco d’Europa). Si tratta del progetto ITACA.
Le riserve marine e i parchi, senza limitarsi ad essere solo semplici terminali di finanziamento, possono invece porsi come luoghi e fonti di progettualità per ipotesi di sviluppo, che siano in grado di valorizzare le risorse locali,di produrre ricchezza indotta e di contribuire a costruire, insieme a tanti altri provvedimenti, specie nella realtà del Mezzogiorno, vere opportunità di sviluppo sostenibile che possano finalmente affrancare le nostre popolazioni da quei vecchi modelli di sviluppo assistenziali, e nello stesso tempo distruttivi per l’ambiente, che tanto spazio hanno dato all’affermarsi, nel sud, dei poteri criminali e dei fenomeni mafiosi.
Un altro obiettivo è poi quello di costruire un vero sistema nazionale delle aree protette marine che,
oltre a migliorarne la gestione, qualificherebbe l’Italia agli occhi dell’opinione pubblica mondiale e costituirebbe una grande attrattiva per l’ecoturismo, anche attraverso la stesura e la pubblicazione di una “Carta – itinerario delle aree protette italiane”
L’altro elemento di valorizzazione turistica,ovviamente insieme ai beni naturalistici e culturali, è la geografia che ci colloca al centro del Mediterraneo: il mare è infatti una grande risorsa ancora largamente sottovalutata,per tanti aspetti, dimenticata e per molti altri sovrasfruttata.
Ma se in mare nulla è confinabile, diventa illogico e improduttivo un intervento che sia solo puntale e circoscritto. In questa ottica, pertanto, solo un intervento globale, a tutela del mare e della fascia costiera, può avere senso. E contro la compromissione del mare, come risorsa ambientale e turistica, si può combattere solo dando corpo ad una serie di interventi. Ma se, almeno, in questa fase, non è ancora disponibile la via di un Ministero del Mare, che almeno si vada ad un forte coordinamento tra i diversi Ministeri che – dall’Ambiente ai Trasporti, dalle Politiche Agricole al Dipartimento del Turismo, ai Beni Culturali – a diverso titolo agiscono sul mare, in raccordo con le Regioni.
Proprio perché stiamo parlando di una immensa risorsa turistica, ambientale ed economica, è indispensabile pensare ad un piano di investimento nazionale che sia in grado di agire sulle attività di depurazione delle acque, ad un piano delle coste, ad un’iniziativa per il rilancio delle attività scientifiche nel campo della difesa del mare e ad un sistema nazionale di controllo dei traffici marini che impedisca le vergogne – che ho denunciato anche nel corso della conferenza nazionale – delle petroliere che continuano tranquillamente a lavare i propri serbatoi nel Tirreno, riversando in mare tonnellate e tonnellate di idroscorie che inquinano e distruggono le nostre coste. Ma è soprattutto a partire dal mondo vitale della pesca e dei pescatori che occorre lavorare, per costruire tavoli permanenti di raccordo tra associazioni di queste categorie, gli esperti della conservazione e gli operatori economici e per realizzare programmi integrati di gestione delle risorse.
Ed ecco il tema delle “materie prime”. Cosa c’è nel sud? E quali sono le sue materie prime? Sono i beni ambientali e il patrimonio storico-architettonico, ma anche le emergenze architettoniche, i valori paesaggistici, la qualità del mare e l’intreccio tra natura e cultura che ne caratterizzano i luoghi. Elementi culturali e tradizionali locali irripetibili, di grande attrattività turistica, concentrati soprattutto nelle isole minori, dove l’interesse naturalistico si fonde, con quello per i beni culturali. Per non parlare poi dello spazio enorme che avrebbe,in termini turistici, la divulgazione sugli ecosistemi marini e sulle realtà culturali che potrebbe svolgersi in un grande laboratorio naturale, e per ciò già di per sé attraente e stimolante, come un’isola minore protetta. Queste “materie prime”, così copiose nel sud, possono produrre ricchezza a partire dal movimento turistico che sono in grado di attrarre: basta solo averne la consapevolezza ed agire di conseguenza a tutti i livelli. Il questo quadro, si apre anche uno spazio enorme per i prodotti tipici, per l’artigianato locale, per la gastronomia e per i marchi di qualità, piuttosto che per i grandi insediamenti alberghieri che, quando non deturpano o distruggono beni irripetibili, specie nelle nostre isole, lasciano comunque il tempo che trovano.

L’ecovacanza

La partita turistica da giocare, e non solo nelle aree protette, è dunque quella dell’ecovacanza, vale a dire, di un turismo culturale, consapevole, rispettoso, intelligente, destagionalizzato e predeterminato nelle sue dimensioni quantitative, che devono risultare proporzionate alle effettive capacità di accoglienza di ogni singolo sito. Non a caso, questi requisiti incontrano una domanda crescente da parte di cittadini italiani e stranieri. Vi sono, poi, segmenti turistici per larga parte inascoltati, che cercano risposte: l’archeologia subacquea, la pesca turismo, il turismo studentesco, le scuole d’immersione, gli sport del mare, il turismo scientifico, il turismo della terza età, solo per citarne alcuni.
Peraltro, nei parchi e nelle riserve risiede quel concentrato di “valore aggiunto” che caratterizza l’Italia rispetto a tanti altri paesi, e cioè quell’intreccio unico tra natura cultura e arte. Ma non solo. Per scendere sul concreto dell’economia, una recente ricerca dimostra che il valore delle cose all’interno dei parchi naturali italiani è cresciuto in questi anni del 25%. E la nostra piccola ma significativa esperienza di amministratori conferma che, con il lancio operativo della Riserva Marina, Ustica ha aumentato il numero e migliorato la qualità delle presenze. Ma non è, e non sarà possibile affidare e vincere questa sfida per lo sviluppo sostenibile, che passa attraverso la carne e il sangue della gente e degli operatori, se non si comincia con il correggere l’attuale deficit dei servizi e di strutture essenziali: dai collegamenti con le isole minori alle infrastrutture portuali, dalla depurazione delle acque alla politica dei rifiuti lungo la fascia costiera, passando per la promozione turistica nazionale ed internazionale. La divulgazione scientifica, universitaria e scolastica, il turismo della terza età, ma anche la manutenzione e la salvaguardia dei borghi e dei centri storici e la valorizzazione del patrimonio storico-architettonico devono vedere, se davvero esiste questa consapevolezza politica e culturale, le aree protette marine e terrestri in posizione di assoluta priorità rispetto ad ogni investimento nazionale, regionale e comunitario, proprio come punti critici di affermazione di una nuova idea di sviluppo.
Naturalmente, non potremo farcela da soli. Ciò attiene in primo luogo a scelte politiche e culturali, e non ci si può che compiacere dal fatto che, nella recente conferenza governativa sulle aree protette, promossa dal Ministero dell’Ambiente, lo stesso Presidente del Consiglio abbia sottolineato la necessità, per entrare in Europa, di risanare i bilanci ecologici, oltre a quelli economici. Non resta che auspicare che quest’importante novità, annunciata dall’On.Prodi, sia seguita da provvedimenti coerenti e concreti.

di Antonio Licciardi
Sindaco di Ustica

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