Nuove figure professionali per un settore in evoluzione
La formazione turistica di livello universitario si è sviluppata, in Italia, a partire dall’inizio degli anni ’90, infatti il primo Diploma biennale in Economia e Gestione dei Servizi Turistici – DUGEST – fu istituito a Rimini nel 1990 e successivamente il Dpr n.256 del 28 ottobre 1991 prevedeva l’istituzione di due diplomi di laurea in “scienze economiche-turistiche: il primo sempre a Rimini, gestito dall’Università di Bologna, il secondo ad Assisi realizzato dall’Università di Perugia. Entrambi inseriti all’interno della facoltà di Economia e Commercio. Ma l’offerta formativa, per i giovani che avevano intenzione di inserirsi in questa area di attività professionale dopo un percorso universitario, non è apparsa sempre adeguata alle esigenze delle imprese turistiche che hanno continuato ad avvalersi, soprattutto di risorse formate “sul campo” o, se proprio necessario, di laureati con titoli di studio non specialistici: laurea in economia, in lingue, in scienze politiche.
Negli ultimi tempi, tuttavia, l’atteggiamento sia degli imprenditori che delle organizzazioni pubbliche e private che operano nel settore, prova a ricredersi circa la necessità di servirsi di professionalità formate a livello universitario. Questo tentativo di mutamento è dovuto a due fattori: il primo economico ed il secondo culturale.
Sul piano economico il valore del turismo, nella società del terziario, è enormemente aumentato.
Fino a vent’anni fa erano 287 milioni le persone che si recavano all’estero per una vacanza; nel 2000 sono state più di 650 milioni. Il World Tourism Organization prevede che, nel 2020, più di 1,6 miliardi di persone faranno un viaggio di piacere all’estero su una popolazione mondiale stimata di 7.8 miliardi. Il WTTC e le istituzioni creditizie internazionali, come la World Bank, dedicano sempre più massicciamente ricerche e risorse a viaggi e turismo, nella convinzione che il capitalismo si trovi alle soglie di uno spostamento epocale che lo porterà dalla produzione industriale a quella culturale.
In Italia il settore produce annualmente un fatturato vicino ai 75 miliardi di Euro (che coprono quasi il 7% del Pil) dei quali 30 miliardi di Euro spesi dagli stranieri in Italia: dà lavoro a oltre 2 milioni di persone(il 9% dell’occupazione in Italia); coinvolge 270mila imprese per lo più piccole e medio-piccole; pesa per quasi il 50% sulle entrate alla voce servizi della bilancia commerciale.
Sul piano culturale la richiesta di nuove professionalità specialistiche da parte delle aziende del settore è cresciuta non solo in conseguenza del su accennato sviluppo quantitativo del mercato, ma soprattutto per l’affermarsi di una diversa cultura turistica e dunque di un “consumatore turista” più informato, più attento e in grado di fare paragoni, che ha provocato la necessità dello sviluppo di una maggiore varietà di servizi offerti e richiesti, un più alto livello qualitativo medio delle prestazioni e delle strutture, e quindi ad una diversa articolazione dei processi produttivi e distributivi.
Tutto questo produce un’esigenza di formazione e professionalizzazione che viene già percepita, in primis dalle grandi imprese del settore, come una importante leva per mantenere ed aumentare la competitività in considerazione dell’alta intensità di capitale umano che è coinvolto operativamente
in questo comparto.
La stessa richiesta (di una migliore e diversa formazione) si è verificata, senza dubbio, anche in altri settori merceologici e per altre tipologie di servizi ma, nel campo del turismo – così come nel campo delle altre attività economiche legate all’immaginario e alla comunicazione – questa esigenza è più pressante a causa delle caratteristiche che il sistema presenta vale a dire:
• apertura verso l’ambiente esterno con cui il sistema intragisce in maniera continua;
• complessità del sistema che deriva dalla diversa tipologia delle organizzazioni coinvolte dalla varietà della tipologia delle connessioni e dei rapporti tra le varie organizzazioni;
• conflittualità tra turisti e popolazione locale, come si evidenzia, ad esempio da uno studio (Agriturismo 2001 – Trademark) che sottolinea il peggioramento del rapporto tra turisti ed abitanti della città di Rimini.
Valore/utilità dei prodotti turistici
Bisogna considerare inoltre che sono cambiati radicalmente anche i significati dei beni materiali o immateriali offerti e, quindi, il valore delle esperienze commercializzate. I nuovi “valori/utilità” dei prodotti turisti, infatti, devono saper dialogare con una domanda portatrice di esigenze culturali e di conoscenza degli usi, tradizioni e costumi sociali diversi da quelli esperiti nella quotidianità della propria area di residenza e, quindi, di confronto con gli altri e con l’altrove, con diversi modi di vivere, di fare e di vedere, con cibi e stili alimentari nuovi, con forme inusitate di abitare e di vestire.
Questo diffuso fenomeno, che è stato definito “intellettualizzazione della vacanza”, ha fatto crescere e moltiplicare i così detti prodotti di nicchia, e al contrario di quanto avveniva all’inizio degli anni ’90 in cui si auspicava una standardizzazione del prodotto/servizio per un turista omologato, oggi si deve parlare non più di “turismo di massa”, ma di una “massa di turismi”. Perfino l’azienda che è considerata la madre dello standard, la Mc Donald’s, ha deciso di modificare il suo atteggiamento verso un’offerta uguale in ogni dove per diversificare i prodotti in funzione delle culture locali.
Anche se non si sono modificati più di tanto i processi organizzativi dei pacchetti e le modalità di distribuzione, quindi, sono radicalmente cambiate le cerniere motivazionali di accesso alle suggestioni estetiche e alle dimensioni simboliche delle esperienze commercializzate. Siamo di fronte, in sostanza, ad una nuova umanizzazione del viaggio e del soggiorno turistico, sia sul versante della domanda, che diviene sempre più esigente, sia sul versante dell’offerta che, pur presentandosi ancora con le forme standardizzate del turismo di massa, si è diversificata per consentire politiche flessibili e personalizzate di fruizione.
Tali trend indicano alle aziende operanti nel turismo che bisogna organizzare le proprie risorse interne per soddisfare le esigenze del turista. Le principali linee guida da seguire dovrebbero essere:
• applicazione di politiche di marketing interno, dirette al personale che rappresenta l’elemento critico del sistema, dato che parliamo di servizi labour intensive. Politiche di motivazioni e selezione di personale con elevate potenziale culturale;
• incremento del controllo della relazione con il turista attraverso una più attenta progettazione delle modalità di erogazione del servizio attraverso l’attenzione alle caratteristiche dell’ambiente in cui il servizio è erogato: queste non sono altro che le politiche di marketing: people, process e phisical evidence, (che si aggiungano alle quattro base: product, price, promotion e place) necessarie alle aziende di servizi;
• soddisfare la customer care che si sviluppa attraverso una serie di rapporti con i clienti che vanno dalla customer relationship, passando per la costumer sotisfaction e customer loyalty e terminano con la customer profitability, dunque attenzione al cliente che si trasforma in attenzione al profitto: fine ultimo di ogni impresa;
• l’utilizzazione di ricerche di mercato per capire quali sono gli elementi che portano alla soddisfazione del cliente e rendono possibile diversificare l’offerta in relazione alle diverse motivazioni turistiche, consentendo di realizzare un’offerta mirata.
Proprio per questo complesso di situazioni, la formazione degli operatori ha dovuto sviluppare una maggiore attenzione alle discipline umanistiche e alle scienze sociali quali: antropologia culturale, psicologia e sociologia, geografia umana e della percezione, storia e storia dell’arte, semiologia e scienza della comunicazione, studio delle lingue intese come strumento di interculturalità per arrivare ad integrare gli studi economico aziendalistici che da soli non bastano più per capire un sistema più complesso.
Riforma universitaria e sbocchi universitari
La riforma universitaria del ’99, ha voluto dare una soluzione ad alcuni problemi che affliggevano l’università tra cui, soprattutto, la discrepanza tra le conoscenze acquisite dagli studenti durante il percorso formativo e le professionalità richieste dal mondo del lavoro. Ma proprio per venire incontro a questa discrepanza accanto ai corsi di laurea in economia del turismo (Classi di Laura 17 e 28 che rappresentano una evoluzione aggiornata dei vecchi Diplomi in Economia e Gestione dei
Servizi Turistici) è stata istituita una nuova e specifica classe di studi, la Classe 39, Corso di Laura in Scienze del Turismo attivata presso le facoltà di Lettere e Filosofia, Lingue e Letterature straniere, Sociologia,Scienze Politiche e perfino Giurisprudenza. In qualche corso la Classe 39 è stata attivata all’interno della stessa facoltà di Economia che hanno saputo cogliere le nuove esigenze di integrazione tra le diverse discipline afferenti il fenomeno turistico (che non è solo un fenomeno di consumi extradomestici) con una iniezione di saperi non meramente gestionali/aziendalistici.
La finalità di questi corsi di studio sono quelle di formare laureati che abbiano:
• un’adeguata conoscenza delle discipline di base economiche,geografiche,antropologiche e sociologiche, nonché nelle materie culturali e giuridiche attinenti alle interdipendenze settoriali del mercato turistico;
• una buona padronanza dei metodi della ricerca sociale ed economica e di parte almeno delle tecniche proprio dei diversi settori di applicazione, con competenze relative alla misura, al rilevamento e al trattamento dei dati pertinenti l’analisi sociale;
• un’adeguata conoscenza della cultura organizzativa dei contesti lavorativi, che assicuri una competenza applicativa e metta in condizione di operare in modo polivalente nelle imprese e nelle amministrazioni attive nel settore.
Inoltre:
• acquisire le modifiche disciplinari nelle tecniche di promozione e fruizione dei beni e delle attività culturali;
• essere in grado di collocare le specifiche conoscenze acquisite nel più generale contesto culturale, economico e sociale, sia esso a livello locale, nazionale e sopranazionale;
• essere in grado di utilizzare efficacemente, in forma scritta e orale, almeno due lingue dell’Unione Europea, oltre l’Italiano, nell’ambito specifico di competenza per lo scambio di informazioni generali.
I nuovi corsi di laurea hanno assicurato una varietà di offerta formativa e hanno ricevuto il favore degli studenti che, come si evidenzia nella tabella 1, relativa alla Classe 39, sono in aumento rispetto all’anno precedente, nonostante la diminuzione del numero dei corsi. Interesse degli studenti che viene confermato anche dalla tabella 2 relativa agli iscritti dello scorso anno accademico ai corsi di laurea ad indirizzo turistico delle Classi 17 e 28, a carattere più specificatamente economico rispetto alla Classe 39.
Occorre però riconoscere che spesso, tali corsi di laurea, hanno rappresentato un’occasione per conquistare visibilità da parte di singole aree disciplinari che, applicando i principi della riforma, si sono riposizionate, qualche volta, cambiando semplicemente il nome ai corsi di laurea preesistenti, invece che rinnovarsi nell’impostazione.
Una trasformazione efficace deve invece partire dalla evoluzione dei contenuti tradizionali della ricerca e della didattica per adeguarli alle nuove richieste di un mercato del lavoro che – nel campo del turismo – come si è visto – appare ancora più esigente in termini di flessibilità operativa e di orientamento cosmopolita degli addetti. Il problema vero, quindi, è quello di saper armonizzare i diversi saperi per conseguire una integrazione dei percorsi di conoscenza e non semplicemente una giustapposizione di discipline. Il turismo, infatti, deve essere considerato un campo di studi interdisciplinare in cui si possa definire un ambito specifico di analisi dove si ritrovino:
(traguardando la domanda)
• le motivazioni al viaggio e alla dislocazione;
• il processo di scelta del prodotto/servizio;
• i comportamenti di consumo;
• l’evoluzione degli stili di vita e della identità personale in rapporto ai rispecchiamenti sociali;
• i processi di demassificazione;
• le esigenze di performance professionale e culturale derivanti dalle esperienze di viaggio o collegate con la pratica turistica;
• i modelli culturali peculiari delle aree di generazione dei flussi;
• lo scambio comunicativo e la peculiarità dello “sguardo turistico”;
(e, dal lato dell’offerta)
• l’organizzazione dello spazio ospitale e delle funzioni attrattive della località;
• la realizzazione dei servizio pensati per i turismi;
• la valorizzazione delle risorse ambientali, sia naturali che storico culturali;
• la cultura dell’ospitalità e le interazioni tra i diversi soggetti sociali ed economici che accolgono i turisti;
• la produzione culturale locale, la creazione di eventi e di occasioni di richiamo per i visitatori;
• i processi di comunicazione simbolica e la semantica dei luoghi e degli oggetti architettonici,
• le capacità di coordinare un sistema;
• o segmentazione del mercato, per analizzare i diversi tipi turismo;
• la qualità del servizio;
• sapere usare le nuove tecnologie.
E’ evidente, quindi, che, per operare (o intraprendere) nel campo dei servizi turistici – e cioè in quel settore di attività economiche rivolte a chi si è spostato liberamente dalla sua bolla di residenza abituale senza uno scopo pratico, o che può aver unito a motivi utilitaristici obiettivi di conoscenza disinteressati e diversivi piacevoli – occorrono certamente conoscenze tecnico-pratiche, ma è necessario soprattutto un sapere interdisciplinare che permetta di comprendere le dinamiche psicologiche, sociali e culturali, oltre che economiche, che determinano la mobilità umana e che modificano la struttura dei bisogni e delle attese di chi si trova in un contesto diverso da quello abituale.
La dimensione non lineare dei comportamenti di consumo
Le condotte turistiche si iscrivono, sempre, in una situazione non ordinaria che genera complessità di rapporti sociali e di interazioni culturali: ciò determina una condizione eccezionale anche per chi
opera in relazione con questi soggetti “dislocati”, che non possono essere considerati soggetti economici e consumatori razionali di beni e servizi, perché ogni transazione turistica incorpora uno scambio prevalentemente comunicativo ed assume una dimensione simbolica. La formazione degli operatori e delle figure professionali che devono gestire questo scambio comunicativo, quindi, non può essere concentrato unicamente su conoscenze specialistiche e differenziate che tendono a isolare i singoli problemi, ma è necessario un approccio de-differenziato, perché l’analisi delle diverse esigenze che fanno parte dell’esperienza turistica non può che dipendere dalla conoscenza del contesto globale in cui questa esperienza si iscrive.
Per questo motivo, bisogna riconoscere, analizzare e trattare i diversi fenomeni e le diverse interazioni all’interno di una dimensione multireferenziale. A una didattica focalizzata sulle singole
dimensioni che separa i diversi ambiti di conoscenza ritenendo di poter trasmettere, in questo modo, migliori competenze tecniche e gestionali per le diverse esigenze che fanno parte dell’esperienza turistica, si dovrebbe sostituire un insegnamento interdisciplinare che sappia trasguardare la globalità di questa esperienza. Occorre un riaccorporamento, quindi, e una integrazione delle diverse discipline – anche economico-gestionale ma soprattutto umanistiche, geografiche e storico-culturali – intorno ad un nucleo organizzatore sistemico della interpretazione della mobilità umana, inteso come pratica ambientalmente sostenibile e responsabile, un dato questo, caratteristico dei comportamenti turistici della postmodernità.
In tale ottica, le discipline economiche e aziendalistiche che più delle altre tendono a razionalizzare, parcellizzare e qualche volta matematizzare i singoli aspetti, non bastano più da sole a comprendere appieno la complessità dei fenomeni sin qui citati. E’ necessario che esse siano affiancate dalle discipline umanistiche che, invece, tendono a far emergere la dimensione non lineare dei comportamenti culturali e delle interazioni sociali, sviluppando attitudini riflessive e abilità di anticipazione grazie alla capacità di cogliere fattori apparentemente minimali per riferire un quadro complesso, così da intravedere le tendenze evolutive.
Tutto ciò acquista ancor più valore quando si formano le risorse che andranno a gestire i futuri sistemi turistici locali previsti dalla legge di riforma del turismo n. 135/2001 su cui si sofferma Nicolò Costa nell’articolo che segue.
E’ vero, che comunque si stanno vendendo dei prodotti, ma per la loro particolare natura bisogna venderli con un po’ di “anima”. La realtà è che – nella congerie della postomodernità – le variabili legate al gusto, ai comportamentali ed alle colture sono talmente rilevanti da mettere in crisi tutti i modelli analitici basati sulla correlazione dei dati “freddi” che interpretano i bisogni umani, ma non sanno raccontare le speranze e i desideri che – a differenza dei bisogni – non si esauriscono nella soddisfazione, bensì si “aprono” sempre a nuovi desideri.
Si pensi alle analisi previsionali basate su dati prevalentemente economici(reddito disponibile delle famiglie, variazioni del PIL, propensione al consumo,etc.) che, per quanto riguarda gli scenari turistici, si sono sempre dimostrate poco attendibili alla prova del consuntivo di stagione e che, anno dopo anno, vengono complessificate con l’incremento di nuove variabili nei modelli matematici precedentemente elaborati.
Ciò non vale solo per i viaggi e i soggiorni turistici, infatti in un libro di Edgar Morin, che è stato alla base della riforma degli studi universitari in Francia, è scritto: “La nostra civiltà e di conseguenza il nostro insegnamento hanno privilegiato la separazione a scapito dell’interconnessione, l’analisi a scapito della sintesi(…..). Proprio in quanto il nostro modo di conoscenza distingue gli oggetti tra loro, ci è necessario concepire ciò che li interconnette(…..). Di conseguenza, lo sviluppo dell’attitudine a contestualizzare e globalizzare i saperi diviene un imperativo dell’educazione” (E.Morin, La testa ben fatta.Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina, Milano, 2000).
Professionalità di frontiera e operatori polivalenti
Occorre, quindi, far convergere più discipline per poter affrontare situazioni complesse, per aver risorse umane riflessive, policompetenti e flessibili, per insegnare ad apprendere dalla situazione nella quale si opera professionalmente e sviluppare l’attitudine a riconoscere e trattare i fenomeni multidimensionali senza isolare ciascuna delle dimensioni.
A questo punto sorge il problema di che futuro avranno coloro che si laureeranno in tematiche turistiche con le nuove classi di diplomi di laurea.
Nell’ultimo “Rapporto sul turismo italiano” (vedi recinsione in “libri e pubblicazioni”) vengono citate le previsioni di Unioncamere che indicano che solo lo 0,6% degli occupati nel settore sono in possesso di laurea ed inoltre gli autori aggiungono: “queste previsioni negative e la ricchezza formativa del terzo livello, unita al costante aumento degli iscritti (troppi corsi di laurea e troppi studenti) (….) fa capire che le aziende dell’industria turistica riusciranno ad assorbire soltanto una piccola parte dei laureati. Questo significa che il comparto (…..) non è preparato né in grado di assorbire i laureati(….) e che l’obiettivo della riforma(cui abbiamo accennato sopra) (….) non verrà raggiunto”.
Queste affermazioni possono essere accettate solo se si continua a coltivare la vecchia idea che il turismo sia unicamente offrire un posto per mangiare ed un posto per dormire. Anche se è vero che queste sono attività centrali ed importanti, è anche vero che esse non esauriscono le attese e i consumi dei turisti.
A favore delle potenzialità occupazionali in campo turistico, è bene ricordare la legge di riforma del turismo n. 135/2001 che istituisce i Sistemi Turistici Locali e di conseguenza sorge la necessità di preparare risorse per definirli e gestirli. Ci sono poi i consorzi turistici, le cooperative, le associazioni fra operatori del turismo che già esistono, o che si creeranno e che hanno fatto la fortuna di regioni quali l’Emilia Romagna il Trentino Alto Adige che sono sempre portate ad esempio, ma che purtroppo vengono poco imitate.
C’è da sottolineare che tali organizzazioni, che permettono alle piccole e medie imprese di superare i limiti dimensionali e di avvalersi di quei servizi che solitamente sono appannaggio dei grandi gruppi, senza snaturare il loro vantaggio competitivo di essere piccole ed offrire un servizio più vicino alle esigenze del cliente, hanno ed avranno bisogno di professionalità esterne per evitare rivalità ed essere in grado di affrontare le sfide che arrivano dal mercato.
A questo proposito una ricerca condotta nel 2000 sulle organizzazioni turistiche dell’Alto Adige mette in evidenza la necessità concreta di personale con specifica formazione.
Dal sondaggio sono emerse la necessità di mansioni e competenze riconducibili a quattro aree:
• Pianificazione e controllo: dove sono richieste principalmente competenze per il management della cooperazione, il quality management e lo sviluppo delle strategie;
• Ambito operativo: in cui sono richieste capacità di realizzare un sistema informativo, sviluppare l’offerta, gestire il personale e orientamento al cliente;
• Offerta: dove, sono necessarie conoscenze di marketing per sviluppare l’offerta, gestire la comunicazione e l’organizzazione di manifestazioni ed eventi;
• Servizio al cliente: in cui assume rilevanza l’assistenza al cliente, la gestione dei reclami, il rilevamento dati informativi per adeguare l’offerta alle esigenze della clientela.
Infine, non bisogna dimenticare tutte le opportunità di lavoro che si possono aprire nel campo di cultura che è parte integrante del settore turismo e che un laureto di un Corso di Laurea in Scienze Turistiche sarebbe perfettamente in grado di ricoprire, con le sue diverse conoscenze.
In un mercato di lavoro sempre più flessibile e che necessita di creatività, ecco alcune professioni di frontiera che occupano un ruolo ancora marginale in termini quantitativi, ma esprimono meglio delle altre la particolare natura poliedrica e intersettoriale del turismo dei prossimi anni. Si tratta di consulenti, formatori, analisti di mercato e imprenditori innovativi e di nicchia.
Queste figure provengono o da altri settori o da lauree non specialistiche, soprattutto umanistiche, da master e da corsi di specializzazione. Saranno loro a gestire la complessità del sistema. Tra le professionalità nuove e di frontiera ne segnaliamo alcune di sicuro avvenire:
• Il facilitatore di processi di qualità controlla e indirizza le attività formative, applicative e operative dirette a migliorare sia la performance del personale sia l’efficienza del personale dell’impresa.
• L’addetto al marketing e alla comunicazione che si occupa della promozione del prodotto, della gestione dell’offerta e dell’immagine, utilizzando le più moderne tecnologie informatiche, particolari opportunità nell’ambito dei musei, delle reti museali, dei parchi naturali.
• Il market observer (osservatore del mercato) si dedica principalmente all’osservazione valutativa ed operativa della domanda e dell’offerta turistica e lavora principalmente per tour operator, catene alberghiere, ma anche pubbliche, amministrazioni di regioni, province, comuni che vogliono rilanciarsi turisticamente.
• L’Operatore naturalistico svolge ruoli educativi interpretativi, di animazione, guida, rispetto dell’ambiente. Il turismo non esaurisce il campo di azione: la didattica, l’informazione la sensibilizzazione, l’educazione ambientale, l’osservazione e la cura dell’ambiente, la progettazione di interventi protettivi, la gestione di riserve e parchi, la ricerca scientifica costituiscono applicazioni proprie per un operatore naturalistico. L’integrazione con il turismo avviene quando l’ambiente, non solo naturale ma culturale e storico è il tema distintivo e non solo il supporto fisico dell’esperienza. L’Operatore naturalistico ha competenze specialistiche sull’ambiente naturale e sui territori specifici: biologia, geografia, per la confezione di esperienze ed itinerari di prodotti e proposte è necessaria la capacità di progettare.
• La figura del promotore culturale (heritage promotor) svolge ruoli interpretativi, di progettazione, produzione, guida per uno specifico contesto locale; la ricerca, la didattica, l’informazione e gestione dei patrimoni culturali completano il profilo.
• Il programmatore e gestore di eventi coniuga l’aspetto creativo con quello organizzativo: dall’idea alla logistica, si tratta di una figura che può trovare spazi interessanti anche al di fuori del settore turistico o in settori vicini.
• Il found raiser recepisce i fondi per la conservazione, la valorizzazione e la promozione di beni culturali e ambientali si tratta di una figura in crescita soprattutto nel non profit.
Queste ultime figure professionali rappresentano due esempi di opportunità di lavoro che si possono aprire nel campo culturale che è parte integrante del settore turismo.
In conclusione, il comparto turistico è in una fase di cambiamento dovuta alla maggiore modalità di consumo da parte dei turisti. Per affrontare questi cambiamenti sono necessarie una modifica culturale nell’approccio al mercato turistico e una formazione di professionalità in grado di affrontare le sfide di un settore denotato da variabilità e da instabilità.
La soddisfazione di tali bisogni non può che partire dalle università, intese sia come luogo d’insegnamento, sia come luogo di produzione di cultura, provvedendo non solo alla formazione dei futuri operatori, che dovranno essere polivalenti e dotati di ampia flessibilità culturale per poter ricoprire ruoli e mansioni diverse – spesso non definibili a priori -, ma anche creando una cultura dell’ospitalità attraverso un’apertura , una relazione stabile con imprenditori e organizzazioni pubbliche e private operanti nel settore, organizzando momenti di confronto per cercare di capirne le esigenze formative, ma anche dando indicazioni sulle strade da percorrere per sviluppare una migliore cultura turistica, alimentando così la capacità e la sensibilità degli attuali e potenziali operatori del settore.
di Giuseppe Morabito