Ripresa economica, crescita dei flussi e recupero della competitività

Nel corso del ’94, l’andamento di tutti gli indicatori ha confermato le previsioni di una solida ripresa dell’Azienda Italia ed ha consentito di precisare il quadro congiunturale che appare ancora più favorevole di quanto previsto, pur in presenza di alcuni segnali che vanno letti con attenzione.

La ricchezza complessiva prodotta dal Paese – trainata principalmente dal rilancio degli investimenti e dall’aumento delle scorte – mostra un incremento tendenziale superiore al PIL di quasi tutti i principali paesi industrializzati. Per contro l’occupazione non aumenta, ma i consumi delle famiglie crescono in maniera sensibile dopo la flessione del ’93, che è stata superiore al 2%. Segnali positivi sul fronte delle importazioni, mentre le esportazioni non mantengono più il ritmo dei primi mesi dell’anno, mostrando che gli effetti della svalutazione cominciano a declinare.

Ma il barometro dell’economia si è ormai stabilizzato sui valori positivi, poichè comincia a tirare anche la domanda interna, come dimostra l’andamento dell’indice generale del fatturato del settore dell’industria e, soprattutto, la composizione degli ordinativi che denota una dinamica del mercato interno più vivace della domanda estera. C’è da aggiungere, inoltre, che la crescita della domanda interna e dei consumi dei privati non ha determinato finora spinte inflattive, anche s epermane lo squilibrio dei conti pubblici ed è prevedibile, a breve, un rincaro del dollaro e del costo delle materie prime importate.

Il settore turistico ha certamente contribuito alla ripresa economica, pur con la sua peculiarità di seguire – a distanza di qualche mese – la dinamica dell’interscambio delle merci, ma anche di rappresentare un fattore potenziale di accellerazione e di spinta della congiuntura favorevole.

E la spinta c’è stata, indubbiamente, con il recupero di presenze soprattutto straniere e il parziale riequilibrio dei conti aziendali delle imprese di settore. Il problema, semmai, è quello di analizzare la differenza tra i valori delle presenze e le performances dei fatturati che sono state indubbiamente inferiori, e degli utili netti che – a quanto ci risulta – tardano a comparire nei bilanci delle imprese turistiche.

Basti una semplice considerazione: da gennaio a luglio di quest’anno le presenze degli stranieri nel complesso delle strutture ricettive sono aumentate di circa il 15% rispetto allo stesso periodo del ’93., mentre l’apporto valutario da esse generato – calcolato in lire – fa registrare un incremento solo del 9,4%. Questo significa che abbiamo fornito molte prestazioni in più, ma non abbiamo ricevuto un controvalore corrispondente.

Se quindi dalla ripresa economica generale si passa all’analisi del comparto, non possiamo linitarci a registrare solo l’aumento dei flussi, come pure è stato fatto dopo la pubblicazione dei dati stagionali: altri elementi entrano in gioco, come la redditività delle imprese turistiche e dello stesso sistema economico esterno, per tutto ciò che riguarda la catena produttiva e l’offerta territoriale. Qui i problemi e le debolezze strutturali permangono: è troppo presto per tirare delle conclusioni, ma certamente non è il caso di preconizzare che il turismo italiano sia uscito dal tunnel della crisi.

Questa lunga crisi, infatti, ha generato un aumento strutturale della concorrenza tra le imprese e tra i sistemi economici e, se i vantaggi competitivi sono derivati solo (o in prevalenza) da cause congiunturali – come il rapporto di cambio – i successi possono rivelarsi di breve durata, giacché resterebbe precaria la qualità dello sviluppo. Vi è certamente una ripresa turistica, ma questa non assicura il consolidamento delle imprese e il recupero della produttività.

Tuttavia, se gli imprenditori e l’operatore pubblico eviteranno di affidarsi esclusivamente al vento della buona congiuntura, il sensibile recupero dell’incoming può rappresentare la condizione favorevole per lavorare in direzione di uno sviluppo stabile, di un rilancio effettivo.

Occorre allora domandarsi se il contenimento dei prezzi attuato da alcune categorie di servizi (tra cui quello dell’ospitalità alberghiera) sia stato determinato solo dalla compressione di alcuni costi – che certamente non potrà essere mantenuta nel tempo – o derivi da una migliore organizzazione produttiva ed aziendale; se i successi commerciali siano da collegare solo al cambio favorevole e alla relativa situazione di stabilità del Paese rispetto ad altre aree del Mediteraaneo, o viceversa derivino anche dall’adozione di più accorte politiche di marketing, sia aziendale che pubblico. Occorre domandarsi se le caratteristiche peculiari della nostra offerta turistica parcellizzata – che certamente hanno favorito quei comportamenti aziendali articolati e quella flessibilità che sono i principali fattoridi successo nelle fasi di transizione – possono rappresentare ancora un vantaggio in una fase del consolidamento del trend, e a quali condizioni.

Occorre domandarsi, infine, se è veramente migliorata la qualità complessiva dell’offerta italiana, al di là del rapporto value for money, e se essa sia oggi all’altezza delle esigenze di una clientelache, con la crescita dei redditi conseguente alla ripresa economica, potrebbe orientarsi a spendere qualcosa in più per un servizio migliore e non accontentarsi di una qualità media a prezzi contenuti.

Sono questi, in sostanza, i problemi su cui il mondo del turismo aveva cominicato a riflettere nel corso della lunga crisi, mentre l’offerta italiana perdeva quote di mercato e competitività. E sono, questi stessi, i problemi su cui è necessario continuare a riflettere all’uscita del tunnel. Senza lasciarsi tentare dalla pigrizia mentale e sedersi sui successi della stagione e dell’annata turistica.

Per questi motivi abbiamo deciso di pubblicare un fascicolo monografico di AT con le analisi svolte nel corso del Forum Tourmarketing ’94 sul tema “Superare la crisi”, una iniziativa seminariale che abbiamo organizzato allafine del mese di maggio: sono passati cinque mesi e in questo periodo c’è stata l’inversione del trend, ma ci sembra che – a parte il nuovo clima di fiducia e le migliori aspettative – i temi trattati nel corso di quest’incontro, e soprattutto le indicazioni scaturite, siano ancora perfettamente validi e attuali. Tanto da suggerirne la lettura.

di Giuliano Faggiani

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