Roma e il suo nuovo piano regolatore
Questo intervento racconta l’esperienza di ricerca svolta negli ultimi due anni nell’ambito della redazione del nuovo PRG di Roma sul rapporto tra città e turismo. Ha quindi il pregio di riferire sui temi di grande attualità, quali sono quelli legati al nuovo assetto che si sta dando alla città e alle prospettive che si possono aprire per le attività del turismo del tempo libero. Nel contempo però si presenta coi limiti intrinseci alle attività di sperimentazione quando le stesse sono ancora in corso: la difficoltà di fornire indicazioni di ordine più generale e di formulare adeguate valutazioni critiche, opportune rispetto a temi complessi e articolati.
E’ stata un’esperienza molto utile e significativa, da una parte, per comprendere molti aspetti poco indagati della più recente dinamica urbana e, per tentare di collegarli a forme di intervento urbano e metropolitano, come quelle relative al turismo e al tempo libero, fra loro molto eterogenee e che la cultura urbanistica non ha ancora preso in attenta considerazione.
E’ stata però anche un’esperienza difficile e per molti versi incompiuta se la si considera nei termini in cui tradizionalmente gli urbanisti svolgono la loro attività progettuale: il processo di pianificazione era al momento dell’avvio di questa ricerca, in una fase molto avanzata se non già conclusiva. Sussisteva un’oggettiva difficoltà di entrare in dialogo con gli altri “progettisti” del piano e di introdurre nuove variabili entro la “stretta” maglia progettuale su cui si era via via costruita la sua filosofia. Non rimaneva che operare “in parallelo” rispetto all’elaborazione del piano regolatore accettando il ruolo di svolgere studi di settore che sembravano, all’origine, poco incisivi sulle scelte che si stavano operando.
Dopo una prima fase di elaborazioni conoscitive sullo stato dell’offerta turistica e per il tempo libero, sulla sua distribuzione sul territorio urbano ed extraurbano (una sorta di “geografia” delle occasioni turistiche della metropoli) nonché di prime sommarie valutazioni sulle potenzialità di articolazione di tali offerte rispetto ai diversi “municipi”, è stata sviluppata una seconda fase dello studio nella quale si è posta l’attenzione e sulle relazioni future del turismo nella “città del piano regolatore”: si è preso in considerazione una diversa, più decentrata fruizione della città sotto il profilo turistico (esaltando il ruolo dei municipi) cercando riscontri nelle scelte localizzative di ordine più generale delle strutture ricettive. Si è configurato così nella seconda fase la possibilità di pervenire a giudizi propositivi sulle convenienze pubbliche e private di intervento non solo relativamente alle attrezzature ricettive ma anche a quel complesso di iniziative ed opere che hanno un indiretto collegamento con la fruizione del turismo e del tempo libero (come i parchi e i musei).
Nel divenire delle elaborazioni la ricerca è divenuta più complessa sia sotto il profilo teorico che operativo; si sono modificati gli iniziali intendimenti dello stesso Assessorato all’Urbanistica che lo aveva commissionato, si è favorita l’apertura di “tavoli” di discussione con altri assessorati ed uffici comunali ma, soprattutto, è emersa l’esigenza di determinare da subito una maggiore correlazione (se non forme di partecipazione) con il complesso di operatori pubblici e privati interessati al settore.
Al momento dell’adozione del piano molte delle indicazioni contenute sono state oggetto di un opportuno “emendamento”, peraltro approvato dal Consiglio Comunale, teso a collegare le scelte del PRG alle politiche turistiche (attraverso specifiche valutazioni degli “impatti turistici” di determinate iniziative urbanistiche ed ambientali) e a introdurre specifiche norme per favorire la realizzazione e la gestione delle attrezzature turistiche.
Il turismo nell’immaginario culturale romano
Roma è città turistica per definizione antica e per tradizione. E’ in particolare città d’arte. C’è però da chiedersi se e quanto la città si sia identificata in tale ruolo e se oggi non stenti, a ragione o a torto, a prendere coscienza del senso attuale di questa particolare accezione urbana. Roma ha ospitato nel tempo genti diverse per ragioni religiose, politiche, culturali e sociali ed è quindi abituata alla commistione fra una popolazione stabile ed una temporanea, all’eterogeneità dei contatti quotidiani, all’offerta ad altri della fantasmagoria delle sue forme.
I due flussi maggiori del turismo romano: i pellegrini che periodicamente invadono le strade della città verso il “centro della cristianità”, i visitatori che,quasi a voler ripercorrere tratti del Grand Tour, cercano i segni della Roma Imperiale sembrano infastidire la città anche se consentono di rinverdirne continuamente l’orgoglio di “Città Eterna”. Questo atteggiamento, pur negativo, è comprensibile: Roma non è solo la “città santa” di una delle religioni del mondo, né la “necropoli”più importante delle memorie dell’impero romano e di quanto ad esso è legato. E’ anche una metropoli , se si vuole recente, incompiuta e singolare (com’è noto, la sua crescita dimensionale è successiva a quella delle corrispondenti capitali europee; solo dopo gli anni cinquanta diventa città con più di due milioni di abitanti; ha un bacino di utenza diretto piuttosto contenuto, Ludovico Quaroni parlava qualche anno fa di Roma nel “deserto” del Lazio) ma pur sempre tale.
Alla metropoli contemporanea, come Roma ambisce essere, serve qualcosa di più della definizione tradizionale di città turistica: una consistente quota della fruizione turistica dovrebbe essere intrinseca al ruolo attrattivo che la stessa gioca nei confronti di intorni territoriali (regionali, nazionali, continentali, …) più o meno vasti; un’altra quota è legata invece alla stessa domanda interna, quella dei milioni di cittadini che vivono la città nella quotidianità.
Non mutano in questa condizione le ragioni legate alla storia stesa della città. Semmai sono le forme e le dimensioni dei fenomeni ad essere differenti: la sede del potere politico, la dinamica dei commerci e degli scambi, le funzioni direzionali e di attività pregiate ivi concentrate, le attività culturali,e, non ultimo, l’up to date che proprio le città hanno da sempre saputo esprimere.
Essere luogo di storia, ambiente singolare ma anche espressione della contemporaneità, come traguardo del futuro, dovrebbero rappresentare gli ingredienti su cui basare la forza attrattiva di Roma metropoli, oggi. Essi valgono in sé ma rappresentano anche occasione sociale, di lavoro e culturale (sto usando il termine nel senso più ampio) per coloro che vivono la metropoli in modo permanente, per i cosiddetti city users, per i turisti. La forza attrattiva, rispetto a queste categorie di utenti, sta nella capacità di accogliere chi è diverso non solo per far conoscere la propria cultura ma anche per mutarla con le altre senza perdere le caratteristiche originarie e contribuire a rielaborarla continuamente ed evolverla. In altri termini tali ingredienti sono il segno della vitalità urbana, della sua capacità di rinnovarsi continuamente, di elaborare inedite prospettive di cambiamento, l’up to date cui ho fatto riferimento prima.
Quanto sono presenti tali ingredienti nell’immaginario romano attuale? E se sì, quanto sono espressione delle strategie e delle politiche urbane, quanto sono manifeste nel nuovo piano regolatore?
Questi alcuni degli interrogativi alla base della ricerca, altri erano più direttamente legati ai metodi e alle pratiche attraverso cui si potevano esplicitare i termini della ricerca perché potessero diventare “materiali” del PRG.
Strategie urbane e strategie turistiche
Dopo lunghi anni di stasi, Roma, mi sembra stia evidenziando una consistente capacità di attirare
nuovi investimenti, soprattutto nel settore delle comunicazioni e nel campo delle funzioni direzionali, sia relativamente alla cultura e all’ambiente che alle attività produttive, e che è possibile correlare alla valorizzazione turistica.
E’ un dato, questo, del rilancio delle iniziative legate al turismo della città che non può essere messo in relazione solo con il Giubileo (o prima ancora con i “mondiali di calcio del 1990), ma che è influenzato soprattutto dall’accresciuto posizionamento internazionale della capitale in seguito a fatti che non attengono solo all’area del turismo.
All’affermazione del ruolo turistico di Roma non ha però fatto seguito un adeguato complesso di iniziative in grado di valorizzare le potenzialità della città in quanto tale e la partecipazione della stessa società romana. Sono mancate una serie di riflessioni importanti sulle frequentazioni turistiche della città. Sulla utilizzazione della struttura urbana da parte dei city users, dei turisti tradizionali e degli stessi cittadini, nonché sulle tipologie di offerta delle risorse e delle occasioni di fruizione ambientali anche per il turismo non convenzionale.
Ci si è limitati ad una razionalizzazione ed attualizzazione delle forme di promozione turistica della città cui ha concorso, per la prima volta forse, l’Amministrazione comunale: basta pensare alle iniziative per la mobilità e i parcheggi. E’ rimasta viva, anzi si è esaltata nella congiuntura del Giubileo, l’immagine della “città dei pellegrini” che si è riflessa sino a qualche anno fa anche sulle valutazioni in merito all’economia urbana.
Il turismo, seppure elemento importante dell’economia urbana, non è stato adeguatamente preso in considerazione nelle strategie urbane, né tanto meno ha rappresentato, come invece sarebbe dovuto avvenire, un carattere formativo delle politiche di intervento.
Porre il tema delle strategie turistiche e per il tempo libero all’interno delle elaborazioni del nuovo PRG di Roma non è stato infatti un compito facile sotto il profilo sia culturale che operativo.
Per quanto paradossale possa apparire, questo tema non è stato mai affrontato a livello urbanistico con sufficiente impegni e con quel senso di responsabilità culturale che avrebbero suggerito non solo la forte tradizione turistica della città ed il suo ruolo di maggiore polo attrattivo del Paese, ma anche il valore economico-produttivo delle attività legate a questo settore (e fra queste in particolare le varie forme di ricettività).
La scarsa valutazione dell’importanza del turismo sotto il profilo della pianificazione urbanistica ha giuocato negativamente sulle scelte localizzative operate nel tempo non solo per quanto riguarda le attrezzature ricettive ma quelle direzionali e gli stessi servizi urbani; quasi assente, ad esempio, è stata la valutazione sulle presumibili convenienze legate al miglioramento del sistema dei trasporti e più in generale all’accessibilità.
Le ragioni di una tale scarsa valutazione sono molteplici. Nelle politiche urbane, sono state in genere privilegiate le domande relative alle edificazioni per i residenti; nella programmazione del settore, ci si è limitati a regolare attraverso il marketing i bilanci tra “domanda” e “offerta” turistica. Così, nel piano urbanistico non sono stati presi in considerazione i rapporti più complessivi con l’economia turistica (anche relativamente a forme diverse di consumo del tempo libero); nella programmazione turistica, è stato scarsamente considerato il rapporto tra l’organismo urbano e gli spazi necessari per le attività ricettive e per la mobilità degli “ospiti” né tanto meno le potenzialità di valorizzazione degli ambienti naturali o antropizzati come ulteriori risorse turistiche.
In tal modo, sia nel momento delle valutazioni strategiche che in quello delle scelte localizzative del piano, è difficile definire il ruolo che il turismo potrebbe svolgere nelle trasformazioni urbane.
Da una parte, gli operatori turistici – come richiamato, forti della risposta continuamente positiva che proveniva (e proviene) dalle due forti attrattive della città: l’essere capitale del cristianesimo e manifestazione tangibile delle vestigia dell’impero romano – hanno preferito evitare di prendere parte al dibattito sulla programmazione delle risorse e tanto meno di partecipare responsabilmente
ai processi di pianificazione. Gli operatori si sono limitati ad utilizzare sulla base di convenienze personali le risorse di volta in volta disponibili; taluni hanno “forzato la mano” all’Amministrazione Comunale in relazione a talune localizzazioni anche molto importanti (basta pensare alle ormai lontane vicende dell’Hilton a Monte Mario o dell’albergo che fronteggia il lago all’EUR) quando ne avevano riconosciuto le più immediate e individuali convenienze, ignorando le compatibilità urbane e spesso molte delle stesse opportunità di settore.
In altri termini, ha prevalso la condizione permanentemente favorevole per quanto riguarda la “domanda”; questa ha consolidata una sorta di rendita di posizione degli operatori della ricettività
(identificati peraltro troppo spesso come gli unici soggetti che caratterizzano gli interessi turistici). Tale condizione ha di fatto limitato un più approfondito processo di elaborazione nel settore per quanto riguarda la scelta dei siti delle attrezzature ricettive e delle relazioni tra queste e il sistema della mobilità urbana; sono tuttavia cresciute forme di marketing operativo, di volta in volta necessarie per far fronte sia alle congiunture favorevoli (come le ricorrenze e i grandi eventi) che a quelle negative, che in genere hanno esulato dall’affrontare valutazioni strategiche di livello urbanistico.
Anche sotto il versante degli studi urbanistici, si rilevano consistenti ritardi culturali e scarsa consapevolezza nei confronti degli aspetti localizzativi e funzionali del turismo in ambito urbano, ritardi che si possono osservare nel caso dell’elaborazione del nuovo PRG.
Le strategie del piano urbanistico sono rimaste ancora rivolte agli interessi della residenza e tese, quindi, alla soluzione del problema abitativo (vuoi come offerta “speculativa” degli imprenditori e dei proprietari fondiari, vuoi come esigenza sociale sofferta da ampie fasce di cittadini). In presenza di forti pressioni demografiche e delle conseguenti richieste di abitazioni, l’obiettivo prevalente (che ha peraltro condizionato anche le elaborazioni culturali) è stato quello di “favorire” o “combattere” la rendita fondiaria perdendo spesso di vista la crescente complessità delle caratteristiche insediative. La residenza rappresenta in questo senso il dato strutturante della città, il resto delle componenti è stato considerato solo marginalmente: basta pensare al valore residuale dei servizi, anche di livello superiore, nella conformazione dell’assetto insediativi, quanto com’è noto sono questi a determinare uno dei valori dello “ spazio pubblico” attribuendo a questo significato e qualità.
Il carattere “conservativo” degli assetti storici e dell’ambiente che può essere considerato un tratto positivo delle politiche urbane degli anni sessanta (anche se perseguito con grande difficoltà) è stato riguardato soprattutto come vincolo, contrasto al rinnovamento piuttosto che come occasione di rinnovo di risorse per le esigenze urbane del turismo. Ad esempio, se si eccettua il Parco Archeologico centrale e la sua estensione naturale nel Parco dell’Appia Antica, si rileva fino agli anni più recenti solo un’attenzione alla preservazione da quasi tutti gli usi urbani, certamente essenziale ma che non esaurisce l’altro tema importante per una città che lega gran parte della sua economia al turismo: studiare un’adeguata possibilità di “fruizione” del complesso delle risorse.
La parzializzazione delle valutazioni rispetto alle valutazioni urbane non si esaurisce all’ambiente naturale, ma si riflette anche sulle grandi opere.
C’è un esempio recente che dovrebbe farci riflettere. La realizzazione dell’Auditorium non è stato accompagnata da adeguate riflessioni e studi sulle conseguenze che si sarebbero determinate per la diversa conformazione e dimensione che stava assumendo questa attrezzatura nel contesto urbano;
era sembrato quasi, al momento della sua localizzazione, che l’Auditorium fosse quello spazio che i melomani romani aspettavano di vedere realizzato, quasi un “atto riparatore” del lungo tempo intercorso per la sua “ricostruzione” e che quindi rappresentasse, spostato di luogo, la naturale continuazione dell’Auditorium all’Augusteo e poi della stessa sala di via della Conciliazione. In realtà, come i soggetti pubblici (e gli stessi romani) hanno colto solo nel corso della realizzazione, si trattava di un complesso qualitativamente diverso e di dimensioni inedite che si proponeva per un’utenza molto più ampia. Eppure si sarebbe potuto intuire sin dall’inizio della progettazione che un complesso di quelle caratteristiche (un vero e proprio “parco della musica” com’è poi stato ridefinito), per essere vitale, avrebbe comportato, da una parte, inedite e ben più complesse forme di gestione legate anche al marketing turistico, dall’altra, l’interazione con un intorno urbano vasto per quanto riguarda non solo l’accessibilità attraverso mezzi pubblici ma anche le attrezzature naturalmente correlate e la stessa residenza.
Altri aspetti incidono sul difficile rapporto tra turismo e città nel piano urbanistico. C’è un tempo lungo, o lunghissimo, richiesto naturalmente dal processo di pianificazione urbanistica per essere messo a punto ed attuato; nel contempo c’è una incapacità per molti soggetti di valutare le trasformazioni che indurrà lo stesso piano sulla città una volta attuato.
E’ evidente che un settore economico le cui convenienze, spesso, si limitano ad una regolazione “quasi stagionale” degli “arrivi” turistici, trova difficilmente collocazione all’interno di un luogo, articolato e spesso contraddittorio processo di piano. Pure con i limiti prima evidenziati, per quanto riguarda l’atteggiamento degli operatori turistici, appare evidente la difficoltà di conciliare entro gli schemi attuali molte delle esigenze di operatività de settore. D’altra parte è limitativo confondere, o voler confondere, la promozione turistica e il marketing con le politiche per il turismo.
La città metabolizza in molto difficile e, soprattutto, con grande lentezza le trasformazioni che subisce: la crescita urbana per anelli successivi e il giudizio di marginalità ed esclusione che noi stessi cittadini attribuiamo alla graduale formazione delle periferie rispetto a quello di valore intrinseco che si continua ad attribuire al “centro” ci può dare in senso di questa difficoltà. Ciò rende ancor meno facile la comprensione delle nuove convenienze localizzative limitandone le capacità di valutazione. Oggi, in particolare, Roma è di fronte a problemi non certo marginali di acquisizione culturale del senso di una nuova struttura insediativa della città che si va diffondendo
sul territorio e sta perdendo le originarie articolazioni funzionali per parti, chiare e gerarchicamente
definite, così come si sta modificando il rapporto storicamente acquisito tra centro e periferia.
La città del turismo, oggi
Entro il quadro così delineato, l’immaginario della città turistica e la diversità tra strategie turistiche ed urbanistiche, si è scelto di verificare da subito le condizioni dell’organizzazione insediativa ed in particolare di sottolineare le interrelazioni fra le diverse funzioni urbane (attuali e passate) e le parti della città di più diretto interesse per l’uso turistico e il tempo libero. In altri termini precisare i caratteri della “città del turismo” da correlare con le tante città di cui si compone Roma. Tre ordini di elementi sono stati posti all’attenzione: l’offerta ricettiva vera e propria (nella sua consistenza, articolazione e distribuzione), il complesso delle risorse direttamente interessanti il turismo(storiche, culturali, ambientali ma si è ovviamente fatto riferimento anche ad altre risorse e funzioni urbane che possono generare domanda di ricettività: basta pensare alle università, alle altre istituzioni culturali, agli stessi complessi sanitari), la mobilità (con l’obiettivo di favorire accessibilità e condizioni di scambio tra luoghi che non possono essere soggette ai disagi che noi cittadini accettiamo di sopportare nostro malgrado nella quotidianità).
Si è così evidenziata, anzitutto, la sostanziale polarizzazione della ricettività, fortemente concentrata
in poche aree, tutte a ridosso del centro storico. La città storica, in particolare, costituisce un contenitore quantitativamente rilevante; circa la metà degli esercizi alberghieri romani (peraltro, con un amplissimo range d’offerta) trova collocazione entro le mura aureliane. La stazione ferroviaria, com’è noto, ha rappresentato l’elemento generatore di assi viari di specializzazione funzionale (basta pensare a quanto si è localizzato prima lungo Via Cavour, lungo Via Nazionale e successivamente, con maggiore correlazione al centro, lungo Via Veneto) con effetti di riverberazione nei loro intorni.
Per quanto riguarda il resto dell’offerta nel territorio comunale (la “dispersione” è un corollario del precedente carattere di concentrazione), si evidenzia nelle localizzazioni una sostanziale assenza di valutazioni e comportamenti strategici. Non sembrano, in altre parole, siano state considerate le numerosissime potenzialità (risorse storiche ed ambientali, contenitori di servizi e funzioni più o meno direttamente collegate ad un uso turistico) né le condizioni di migliori accessibilità e correlazioni urbane. Non sembra neanche che esista oggi un comportamento “a sistema” delle diverse componenti dell’offerta turistica se si esclude il complesso di grandi alberghi decentrati localizzati lungo l’Aurelia o in sua prossimità in funzione dell’aeroporto di Fiumicino (la porta “moderna” della città).
Nel complesso, se si escludono le innegabili “economie di agglomerazione” che hanno nel tempo consolidato le aree centrali, non si riconoscono comportamenti strategici nella localizzazione della ricettività che rimane legata prevalentemente a logiche puntuali.
Peraltro, le politiche di valorizzazione delle risorse turistiche – intese nell’accezione più ampia di beni posizionali utilizzabili dal consumatore/turista – così come quelle di interrelazione del sistema alberghiero con la città scontano anche un innegabile impasse dovuto alla frammentazione dei soggetti decisionali presenti nel settore, ognuno dei quali ha seguito una propria logica “aziendale”e delle carenze dimostrate in questo settore da parte della pubblica amministrazione (il comune di Roma non ha un assessorato al turismo e ciò sembra grave non solo per le limitate capacità operative che ne conseguono ma anche per l’incapacità che si ha di mettere in piedi strutture tecniche in grado di seguire gli andamenti dei fenomeni di più diretto interesse, di accumulare conoscenze, ecc.).
Rispetto all’articolazione tipologica dell’offerta, emergono invece con tutta evidenza le carenze relative al turismo giovanile (ostelli e altre forme di strutture ricettive per giovani), alla domanda di “outdoor recreation” (ad esempio, quella del turismo all’aria aperta), di nuclei familiari a più basso reddito (se si esclude l’offerta specialistica, sviluppata in occasione del Giubileo, delle cosiddette “case per ferie”), ecc. Per questi tipi dei domanda,sarebbe possibile oggi ipotizzare la creazione di circuiti d’offerta alternativa a quelli tradizionale (ad esempio, nelle aree più periferiche, nella città metropolitana, in poli di concentrazione funzionale esterni alla cerchia delle mura, in ambiti di offerta intercomunali, ecc.),attraverso i quali dare forza magnetica a luoghi d’offerta oggi sottoutilizzati.
Tale estensione dell’offerta va, naturalmente, sottoposta ad un’accurata valutazione delle ricadute urbanistiche (carico sui sistemi di mobilità anzitutto, ma anche impatto sociale, costi collettivi, ecc.)
e quindi, anche in questo caso si determina la necessità di valutare le opportunità localizzative sulla base dei caratteri specifici dei luoghi d’insediamento dell’offerta ricettiva, culturale e di intrattenimento.
Nuove potenziali risorse per il turismo romano
Nel corso delle analisi sono emerse indicazioni utili per la riorganizzazione e valorizzazione strategica del sistema ricettivo che possono intersecare significativamente alcune scelte di fondo operate nel piano e divenire abbastanza sistematiche del possibile cambiamento del modello organizzativo romano per il turismo. Basta pensare alla riqualificazione delle aree periferiche, al rafforzamento di alcuni assi “strutturanti” la città metropolitana, al decentramento a livello di municipio dell’organizzazione dei servizi l’individuazione di nuove polarità esterne (come il sistema dei parchi urbani, Ostia e il litorale, l’ambito monumentale e ambientale dell’Aniene con le sue correlazioni con Tivoli-Guidonia, ecc.) e al loro costituirsi in sistema attraverso le infrastrutture di mobilità, alla funzionalizzazione in senso turistico dei numerosi “grandi progetti” su cui si è appuntata l’attenzione in questi ultimi anni (Auditorium,Polo Fieristico, Polo Tecnologico, nuovi musei, ecc.), al rapporto con le sedi di istituzioni universitarie e culturali.
E’ da sottolineare però che, nell’avviare politiche di decentramento della “vita turistica” della città, occorre tener conto non solo di tali condizioni e scelte così come delle altre specificità locali ma anche delle difficoltà di carattere sociale ed ambientale (o al contrario delle suscettività) che possono presentare le varie parti urbane come luoghi di vita spesso poco aperti all’ospitalità. In ogni caso i cittadini delle molte “piccole città” in cui si articola Roma (per richiamare lo studio fatto da Ecosfera per il nuovo PRG), dovrebbero nel tempo imparare a convivere con gli ospiti temporanei e divenire, come peraltro avviene nel centro storico, i più diretti interlocutori dell’ospitalità.
Alle due componenti storiche del turismo romano, quello culturale e quello religioso, si vanno affiancando altre occasioni ed altre motivazioni. E’ questo un fatto certamente positivo.
Nell’area semicentrale della città, immediatamente fuori dalle mura, si stanno localizzando attrezzature culturali che favoriscono un rilancio dell’attività urbana; basta richiamare l’Auditorium e il museo di arte contemporanea di via Guido Reni in corso di realizzazione. Per entrambi c’è l’esigenza di rivedere anche in chiave di nuova offerta di ospitalità alcuni aspetti dell’organizzazione dell’intorno urbano interessato (il quartiere Olimpico fino a Ponte Milvio) e migliorare le condizioni di accessibilità non soltanto dal centro ma dall’intera area metropolitana (per assistere ad uno spettacolo nella nuova struttura musicale, molti ritengono più agevole l’uso del mezzo personale
stanti alcuni difficoltà di accedervi con il mezzo pubblico che sono certamente minori che non per la precedente localizzazione su via della Conciliazione.
Nell’anello periferico della città si stanno localizzando (o meglio, si sta con sempre maggiore frequenza ipotizzando di fare) una serie di nuove polarità attrattive. Queste, al momento, non hanno un riscontro in politiche per migliorare l’ospitalità e l’accoglimento: né gli intorni urbani sono ancora attrezzati a garantire adeguata accessibilità e mobilità. C’è bisogno di far collimare il sistema delle infrastrutture con l’allocazione degli investimenti – facendone emergere le convenienze – perché la cintura urbana si sta cogliendo occasioni che derivano anche dalla segmentazione dei flussi, ma non è preparata alla risposta turistica in termini di offerta articolata e specializzata.
Nel secondo anello urbano più esterno e lungo una serie di direttrici verso il territorio si stanno ipotizzando iniziative di sviluppo e valorizzazione di risorse funzionali all’attività turistica: si pensi all’area che va fino al litorale di Ostia, al nuovo Centro Congressi, all’area destinata alla nuova Fiera e allo stesso Polo Tecnologico che si innerva sull’asse per Tivoli con Villa Adriana, all’area di Torre Spaccata dove si prevede l’ampliamento e il potenziamento anche in senso museale di Cinecittà. Si tratta inoltre di considerare risorse interne all’ambito del Comune ma anche risorse esterne, come l’aeroporto di Fiumicino, che ormai devono essere riguardate in un disegno spaziale coerente.
Una diversa conformazione della città del turismo
C’è una “città dei turisti” che si colloca all’interno della struttura urbana, com’è oggi; c’è una diversa città, “potenziale”, che si manifesta attraverso localizzazioni, regole, strumenti operativi nel nuovo PRG. Entrambe queste città tradotte in termini di “prodotto” rappresentano una parte consistente dell’offerta turistica e da qui dell’industria dell’ospitalità.
Gli elementi prima richiamati non sono certo esaustivi per cogliere la complessità. Del fenomeno turistico romano ma ne costituiscono, ritengo, una parte preponderante, un punto di partenza significativo per valutare sinergie tra la città degli ospiti e quella dei cittadini, per delineare strategie di settori coerenti con la prevista evoluzione dell’organismo urbano, per favorire la partecipazione dei soggetti pubblici e privati, operatori del turismo, alle scelte di piano.
L’aumento ulteriore delle presenze turistiche nella Capitale (oltre la soglia dei 18-20 milioni annue) , l’allungamento della loro presenza (attualmente contenuto in poco più di due giornate, secondo le stime) e la diversificazione ulteriore delle “occasioni” di visita (che garantisce il cosiddetto “turismo di ritorno”) sono considerati da più parti obiettivi opportuni, anzi essenziali, ai fini del potenziamento dell’attività turistica e della stabilizzazione su livelli più adeguati dell’ospitalità.
Ma tale potenziamento non può tenere in conto le istanze sociali che sottendono a molte delle domande di fruizione della città, oggi inadeguatamente risolte come quelle del turismo giovanile, del soggiorno degli studenti, del turismo all’aria aperta e, più in generale, del cosiddetto “non convenzionale”.
Queste esigenze possono essere però perseguite considerando le possibilità di una diversa organizzazione territoriale dell’offerta di risorse che offre Roma, da una parte, e quelle della diversificazione sostanziale delle tipologie ricettive (convenzionali e non) e per la fruizione delle risorse, dall’altra.
Sembra perciò opportuno adeguare lo spazio cui fa riferimento la stessa “industria dell’ospitalità” considerando non solo il tradizionale ambito del centro storico, ma l’intera dimensione metropolitana entro la quale sono rinvenibili nuovi e inediti “core” di offerta.
Tra dimensione metropolitana e municipi
Se nella prima fase della ricerca si è esaminata la “città turistica e del tempo libero” nella sua attuale conformazione (allocazione delle risorse, loro relazioni reciproche, livelli di accessibilità,ecc.) secondo più dimensioni di riferimento: l’area metropolitana, le parti urbane, nella seconda fase, al centro dell’attenzione è stata la città del piano.
La potenziale città per il turismo si allarga bene oltre i confini comunali, ma si specifica in parti dove si cominciano a intravedere convenienze localizzative diversificate legate al patrimonio di risorse, spesso non valorizzate, alle relazioni con funzioni direzionali, alle implicazioni dell’accessibilità (urbana e territoriale).
Il municipio comincia a rappresentare anche per il turismo un riferimento opportuno non solo per gli aspetti legati al decentramento organizzativo, funzionale e decisionale della città ma anche per quelli legati alle relazioni che si instaurano in un luogo nella vita quotidiana tra cittadini e turisti.
In una città come Roma che intende moltiplicare i suoi centri di interesse urbano e metropolitano il municipio assume un valore di catalizzatore che dovrebbe potersi riverberare anche nella stessa capacità di offerta dell’ospitalità. Ne sono riprova le nuove “centralità” su cui si incardina il piano e la distribuzione di risorse come i parchi e le aree verdi.
E al municipio perciò che si è ritenuto di doversi riferire nella ricerca per valutarne il ruolo, la capacità maggiore o minore di divenire “core” di offerta complementare o alternativa (non si vuole ovviamente negare il peso che il centro storico può e deve poter giocare per l’ospitalità e la visita turistica) e per individuare percorsi strategici di potenziamento dell’offerta contenuta nel piano: è
a questa dimensione più contenuta, d’altra parte, che ci si avvicina di più al territorio, ai cittadini che la vivono e si può dare agli stessi operatori un senso diverso e più adeguato al carattere della città-metropoli per quanto riguarda le convenienze allocative.
I “profili turistici” dei municipi
Punti di osservazione differenti sotto il profilo tematico (il fenomeno turistico e il piano urbanistico), la diversa conformazione dello spazio da analizzare (la città attuale, quella futura, i “municipi”), il differente atteggiamento dei soggetti (operatori pubblici e privati, cittadini, turisti) nei confronti delle scelte decisionali configurano una ricerca alla scala dei municipi della complessa fisionomia e dagli esiti non del tutto definibili a priori.
Il fenomeno turistico,infatti, si manifesta sul territorio nell’insieme delle relazioni tra utenti di determinati beni, appunto quelli turistici (con una composizione molto ampia e articolata di risorse) e, offerta pubblica e privata di attrezzature e servizi connessi alla fruizione di tali beni. Operare una distinzione tra beni turistici e beni urbani destinati ai cittadini è difficile, specie quando la dimensione urbana complessa e consistente, come nella metropoli, può rappresentare un fattore attrattivo.
I beni che determinano tale capacità d’attrazione non sono “esclusivamente” orientati al turista ma, al contrario, possono riferirsi ad una platea molto più vasta di utenti. Così, ad esempio, una richiesta trova le sue origini per funzioni non turistiche ma può rappresentare un fattore d’attrazione per un turismo culturale; un complesso sportivo, pensato per lo svolgimento di attività ginniche, può in alcuni occasioni essere sede di attrazione turistica (legata a particolari manifestazioni agonistiche).
Il continuo mutamento di funzioni e relazioni di carattere urbano è in grado di modificare le condizioni di attrattività (limitarle o incrementarle a seconda dei casi). Molto spesso, infatti contribuiscono a determinare l’attrattività di un’area attrezzature e servizi propri della società civile: la presenza di un trasporto pubblico efficiente, di una bassa congestione insediativa e viabilistica, di una buona dotazione di funzioni e servizi collettivi.
Nel fenomeno turistico sono presenti, d’altra parte, altre componenti, alle quali corrispondono altrettanti modi di fruizione turistica (per turismo culturale, religioso, sportivo, congressuale, d’affari, sanitario, ecc.) ed altrettante categorie di beni ed elementi attrattivi. Articolate possono essere anche le unità di consumo cui fare riferimento: da una parte, c’è il valore del turismo come “fenomeno di massa” – legato alla cultura dei paesi in cui si forma la domanda (e agli stimoli sociali,etnici,ecc. che sono alla base del formarsi della domanda stessa) – dall’altra, quella legata alle individualità (il singolo, la famiglia, il gruppo).
Le caratteristiche tipologiche, cui fare riferimento a livello dei “municipi”, sono state cercate in questo difficile intreccio fra domanda e offerta individuando, attraverso l’esplorazione delle dotazioni in termini di risorse, funzioni e residenzialità turistica, percorsi di potenziamento dell’offerta contenuta nel piano.
E’ sembrato perciò opportuno, da una parte, operare più semplificazioni e schermatizzazioni della struttura insediativa e per classificazioni delle caratteristiche della domanda e dell’offerta, dall’altra, fornire indicazioni aperte di carattere prevalentemente tipologico. Queste ultime, se anche non meno più dettagliate nei contorni, sono ovviamente possibili di ulteriori approfondimenti perché possano essere collocate dialetticamente (e divenire momento di “partecipazione”) entro i processi decisionali e di scelta di lungo periodo e complessi che coinvolgono il settore.
Semplificazioni, schermatizzazioni e classificazioni sono limitative per la compromissione e l’interpretazione dei fenomeni; sono tuttavia un male necessario accettabile se si riesce a cogliere i limiti.
Dal nuovo piano regolatore è possibile rilevare per tali articolazioni molteplici indicazioni per il potenziamento, la trasformazione e la conservazione. Si possono da questi elementi desumere punti di forza di un nuovo sistema organizzativo dell’offerta turistica e per il tempo libero della città? In buona parte sì in quanto le indicazioni rispondono a risorse presenti se anche non valorizzate, ad iniziative già in corso di attuazione (i parchi,le aree verdi, le localizzazioni strategiche dei grandi contenitori di attrezzature, le stesse centralità) o a politiche di intervento già delineate (il sistema delle linee di metropolitana,quello stradale,ecc.).
Le caratterizzazioni delle aree indicate nel piano (attuazione per progetti urbani,per intervento diretto,ecc.) forniscono sollecitazioni utili non tanto per localizzazioni puntuale degli interventi ricettivi in quanto per “intorni” entro i quali gli operatori pubblici e privati possono riconoscere convenienze localizzative e comunque di intervento e i cittadini possono valutare il potenziale livello di trasformazione dei tessuti urbani esistenti e previsti (anche come accettazione e/o rifiuto dell’assunzione di nuovi ruoli all’interno delle singole maglie abitative o ai loro bordi).
Il quadro che si è costruito nella ricerca ha accettato la strumentalizzazione del piano nel suo complesso, considerando una grinta di riferimento su cui sollecitare la riflessione.
Zonizzazione funzionale, progetti urbani, piani dei parchi (che pur legati ad altre strumentazioni di intervento sono indicativi per il piano), normative hanno costituito solo una base di partenza. Al di là dei fattori localizzativi espressi dal nuovo piano, ogni attrezzatura “complessa”, fra queste per il turismo, richiede due ordini di approfondimenti ulteriori.
Il primo è costituito dalle caratteristiche prestazionali che si richiedono all’attrezzatura e al suo intorno per l’espletamento delle attività turistiche (l’albergo è un punto terminale di una lunga catena di altre attrezzature e servizi che ne consentono la vita e l’espansione sul mercato); il secondo è rappresentato dall’esigenza di introdurre un sistema valutativo degli impatti che l’attrezzatura o il complesso di risorse da fruire determinerà sui tessuti urbani (una sorta di VIA specifica per le attività turistiche).
Comunque, partendo dalla verifica della distribuzione dei pesi insediativi per le attività turistiche nelle singole municipalità (indicati nel PRG) e dei profili turistici sollecitati dall’offerta, attraverso la sua classificazione (risorse, funzioni, accessibilità, ricettività convenzionale e non convenzionale, ecc.), è possibile individuare punti di forza e dei debolezza nonché opportunità di crescita del settore, delineando per ogni municipio ambiti funzionali di intervento. Ciò può comportare la scelta, da parte dell’amministrazione comunale, di perseguire la maggiorazione, in alcuni municipi, della quota percentuale da destinare al turismo delineando per ogni municipio ambiti funzionali di intervento,salvaguardando comunque il dimensionamento globale dell’offerta realizzativa e imponendo, per contro, i criteri prestazionali specifici cui si è fatto riferimento.
E’ un modo coerente, sembra, per accettare di interpretare il piano (e renderlo intelligibile ad uno spettro ampio di operatori non urbanisti) come strumento in divenire che disegna la città futura, superando l’interpretazione riduttiva più volte enunciata del planning by doing.
di Giuseppe Imbesi