Liberalizzazione in Stand By

Il trasporto aereo nella UE

Un bilancio degli effetti finora ottenuti dalla liberalizzazione. Nonostante i progressi realizzati, i numerosi ostacoli, specie di natura strutturale, fanno ritenere difficile nel breve periodo, la realizzazione delle aspettative di un mercato realmente competitivo.

Dal 1° aprile 1997 il processo di liberalizzazione del trasporto aereo nello spazio economico europeo, iniziato nel 1987, è entrato nella sua ultima fase. Da quel giorno infatti, i rimanenti ostacoli normativi, che impedivano ai vettori comunitari la totale libertà di movimento all’interno del mercato,  vengono definitivamente rimossi. Ciò significa che qualunque compagnia appartenente a  Paesi  membri (più Norvegia e Islanda) può avere qualsiasi rotta intercomunitaria o interna ad un altro Stato, senza obbligo di iniziare e ultimare il servizio nel proprio Paese d’origine.

L’obiettivo prioritario di queste misure è quello di incrementare l’offerta su ciascuna rotta in modo che – attraverso una maggiore competizione fra vettori – si inneschi un circolo virtuoso che determini una migliore gestione aziendale, un aumento della capacità globale e un’estensione della tipologia di tariffe e servizi offerti, con evidenti vantaggi per i viaggiatori e per l’industria nel suo complesso. Ma quale bilancio si può trarre da questo decennio di liberalizzazione e quali gli effetti concreti della recente eliminazione dei residui impedimenti normativi?

Chi si aspettava una rivoluzione nei cieli europei, simile a quella avvenuta negli Stati Uniti dopo la deregulation del 1978, è rimasto certamente deluso. Infatti, nonostante l’aUmento del livello della concorrenza stia determinando alcuni interessanti risultati,  in termini di ingresso di nuove compagnie, politiche di marketing più aggressive, alleanze commerciali ed altro ancora, l’esistenza e la difficoltà di eliminazione delle pesanti barriere strutturali esistenti nel mercato, stanno ostacolando l’effettiva capacità concorrenziale di numerosi vettori ed impedendo la completa realizzazione degli obiettivi sperati dalla Commissione europea.

Il cammino verso la derugalation

La liberalizzazione del trasporto aereo commerciale nell’Unione europea inizia nel 1987 con l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri della Comunità europea su proposta della Commissione, di un pacchetto di misure legislative volte a rompere il sistema di accordi bilaterali fra i Paesi membri. Questi, infatti, designando i vettori operanti in ciascuna rotta e stabilendo le tariffe, attraverso l’intermediazione della IATA, determinavano nei fatti  il controllo della capacità d’ingresso e dell’offerta nei mercati (nel trasporto aereo una rotta che collega due destinazioni è considerata un mercato a sé), con ovvi effetti distorsivi sulla concorrenza e l’efficienza. Come  risultato della maggiore libertà, alcuni vettori in precedenza operanti su rotte domestiche iniziarono  a servire rotte internazionali, si crearono nuove rotte e furono introdotte tariffe più flessibili.

Nel 1990 fu compiuto un secondo passo verso la liberalizzazione del settore, con l’approvazione di un nuovo regolamento che allargava ulteriormente le opportunità competitive per i vettori UE. E’ comunque nel 1992, con l’introduzione di una terza serie di misure, che il processo di liberalizzazione entra nella sua ultima fase, la più importante. I punti principali del regolamento approvato riguardano l’autorizzazione dei vettori, l’accesso  al mercato e le tariffe e si riferiscono ai voli di linea, charter e cargo.

Per quanto riguarda il primo punto, viene stabilito il principio in base al quale qualunque vettore comunitario, che soddisfi determinati standard finanziari e di sicurezza, ha diritto di operare trasporto commerciale all’interno dell’Unione. Altrettanto importane è l’eliminazione dei vincoli che impediscono la possibilità di fusioni, acquisizioni e partecipazioni azionarie fra compagnie europee.

Le registrazioni dell’accesso alle rotte vengono rimosse. Ogni vettore UE è libero di servire, sulla base dei propri calcoli commerciali, qualunque rotta intracomunitaria e, dal primo aprile 1997, qualunque rotta interna ad un Paese terzo, senza l’obbligo di iniziare o ultimare il servizio nel proprio Paese. Infine si è stabilito che le compagnie appartenenti a Paesi membri possono fissare liberamente le tariffe dei propri servizi, fatto salva la possibilità da parte dei singoli Stati di imporre limitazioni a tale libertà in casi eccezionali, quali tariffe eccessivamente  alti rispetto ad alcuni parametri, aziendali e industriali o viceversa troppo bassi, come nel caso di comportamenti predatori.

Il mercato liberalizzato: quali effetti?

Gran parte dei possibili effetti della liberalizzazione si sono via via affermati nel corso di questo decennio e soprattutto dopo l’introduzione dell’ultimo regolamento del 1992. Nonostante il cabotage sia stato eliminato ufficialmente  il primo aprile scorso, le compagnie europee avevano già da prima un’ampia possibilità di penetrare mercati extranazionali, tramite compagnie consociate o tramite cabotage consecutivo, cioè iniziando e ultimando il servizio nel Paese di origine, In realtà, a causa di ragioni strutturali che saranno di seguito esaminate, i vettori europei, a parte alcune eccezioni, hanno fatto scarso utilizzo delle possibilità offerte loro dal “terzo pacchetto”.

Il numero di compagnie aeree di Paesi UE operanti  servizi di linea è cresciuto notevolmente, passando da 99 a 140, nel decennio 1986-1996. L’ingresso di nuovi vettori sta determinando una maggiore competizione in alcune rotte, particolarmente quelle che offrono maggiori potenzialità di sfruttamento commerciale, Anche se le majorscontinuano a  dominare il mercato, i nuovi concorrenti ne stanno conquistando significative  fette. Esemplare è il caso di Air One, che su  una rotta ad alta densità di traffico quale la Roma – Milano Linate, ha trasportato il 25% dei passeggeri. In totale fra il 1991 e il 1996, importanti compagnie di bandiera quali Lufthansa, Iberia e Air France hanno perso nei rispettivi mercati  domestici quote oscillanti fra il 10% e il 20%. Le rotte intercomunitarie che collegano due città e sono  servite da più di due vettori sono cresciute, seppur lievemente, passando dal 5% al 7% fra il 1992 e il 1996. E’ opportuno che proprie in queste rotte, dove più alta è la competizione, si registrano i maggiori benefici della liberalizzazione, L’esigenza di un più efficace utilizzo degli strumenti del marketing  si concretizza in innovazioni tariffarie e miglioramento del rapporto qualità-costo del servizio.  L’effetto sui prezzi è quello più tangibile, con la possibilità di scegliere fra un numero di tariffe promozionali più basse  che in passato. In Italia, ad esempio, è evidente la risposta dell’Alitalia, che ha modificato al ribasso il proprio tariffario, in seguito all’ingresso di Air One nel mercato.

Tuttavia, secondo The Economist, nonostante l’incremento dell’offerta di tariffe promozionali, i cittadini europei spendono ancora mediamente il doppio degli statunitensi  e il costo medio per valore in Europa, in classe business o full-economy, è addirittura cresciuto piuttosto che diminuito in questi anni. Perché dunque in Europa non è possibile assistere ad una riduzione generale delle tariffe come quella che seguì  negli USA il cosiddetto Airline Deregulation Act del 1978? Le ragioni sono molteplici e, in alcuni casi, di importanza tale da ridurre o addirittura vanificare la possibilità di concorrenza reale fra compagnie, specie in alcune rotte. Se analizziamo nei dettagli la tipologia  dei nuovi entranti, notiamo che essi sono generalmente piccole compagnie indipendenti lowcost-basic service, quali Easylet e Virgin Express, che più che competere testa a testa  con le compagnie di bandiera operano in mercati di nicchia, completando la gamma  dei servizi disponibili sul mercato.  La scelta di questa strategia è determinata ovviamente, oltre che dalle dimensioni della compagnia stessa e dai propri obiettivi commerciali, dalla presenza di barriere all’entrata che rendono difficile, se non impossibile, competere ad armi pari con le compagnie maggiori.

Le principali barriere all’entrata sono infrastrutturali e consistono nella mancanza di slots disponibili nei principali aeroporti. Per essere competitivo un nuovo entrante deve essere in grado di fornire un servizio di trasporto a determinate ore del giorno , da e presso determinati aeroporti, ben attrezzati r non distanti dai principali centri di business.  Per questo motivo i principali aeroporti europei quali Heathrow, Francoforte o Linate sono anche i più congestionati  e gran parte degli slots  negli orari migliori sono da tempo in mano alle varie compagnie di bandiera, che peraltro usano tali aeroporti come hubs. Di  conseguenza i nuovi vettori sono spesso  costretti a scegliere aeroporti secondari o periferici, che non sempre soddisfano pienamente le condizioni sopra citate. La scarsità di slots, nei principali aeroporti europei, è un problema che si presenta anche ai vettori  maggiori, qualora essi  vogliano competere all’interno di un Paese terzo sfruttando le possibilità offerte dall’abolizione del cabotage.  Se si eccettua l’unico tentativo sistematico di penetrare nei mercati  stranieri, effettuato da BritishAirways, che ha stabilito con TAT e Deutsche BA sussidiarie in Francia e in Germania, notiamo che nessuna compagnia  europea è ancora in grado di competere ad armi pari  in un mercato interno di un  Paese terzo. Il problema degli slots, le enorme risorse finanziarie necessarie per penetrare mercati  stranieri, le indubbie difficoltà organizzative e le barriere culturali e linguistiche esistenti fra Stati europei  hanno di fatto limitato l’utilizzo delcabotage consecutivo così come adesso,  dopo l’abolizione definitiva del cabotage, limitano la possibilità dei vettori di stabilirsi in un altro mercato nazionale. Nonostante i piani di compagnie quali Debonair o Virgin Express di stabilirsi senza sussidiarie in mercati esteri, questa possibilità non è stata finora esplorata da nessun vettore europeo.

Il secondo forte ostacolo, specie per i piccoli vettori, è costituito dal differenziale di potere di mercato esistente fra compagnie minori e maggiori e implicitamente dal dominio e radicamento di queste ultime nei loro mercati interni. Come negli Stati Uniti dopo la deregulation, l’incremento della competizione nel mercato europeo, conseguente all’introduzione dei vari regolamenti, ha avuto la reazione delle compagnie di bandiera che hanno dovuto adottare nuove strategie competitive  per difendere la propria posizione di mercato. Fra questi vi sono lo sviluppo dei sistemi hub and spoke, la ristrutturazione dei networks di collegamenti , l’uso estensivo di CRS, l’adozione di Frequent Flyer Programmes, le strategie di integrazione  verticale, orizzontale e diagonale, etc. Le ingenti risorse necessarie per realizzare tali programmi rendono però possibile il loro sviluppo da parte dei maggiori vettori (anche se molto piccoli, per sopravvivere, cercano di stabilire forme di cooperazione commerciale con le majors ) e costituiscono in questo modo un’ulteriore barriera all’entrata.

Anche coloro che si aspettavano una profonda ristrutturazione del settore attraverso concentrazioni, fusioni e fallimenti, come avvenne negli USA dopo il 1978, devono ricredersi. Dal 1992 non si è assistito ad alcuna massiccia concentrazione orizzontale  trans-nazionale. In proposito, sembra piuttosto che la strategia finora eseguita dalle maggiori compagnie europee consista nel rafforzamento del vantaggio competitivo nei propri mercati domestici, tramite fusione o accorpamento all’esterno la via privilegiata per ottenere vantaggi dimensionali e quella degli accordi commerciali – quali franchising e code sharing – e delle alleanze strategiche.

Un bilancio provvisorio

Tracciare un bilancio della liberalizzazione dei cieli europei, a così breve distanza dalla definitiva abolizione del cobotage,  può sembrare prematuro. In realtà è dal primo regolamento, ma soprattutto dall’introduzione del terzo, che le compagnie esplorano sistematicamente le possibilità offerte dalle nuove norme. I risultati più evidenti sono l’ingresso dei nuovi vettori, un più vasto ventaglio di servizi offerti, la maggiore possibilità di usufruire di tariffe ridotte o promozionali. Tuttavia, se gli effetti  finora riscontrati per quanto incoraggianti,  non soddisfano pienamente le aspettative, viene spontaneo  chiedersi quali ostacoli si frappongono alla realizzazione degli obiettivi prefissati dalla Commissione e quali misure possano accelerare il processo intrapreso verso un efficiente e competitivo mercato comune del trasporto aereo.

Come in precedenza accennato, il principale problema consiste nel congestionamento dei maggiori aeroporti e nella scarsità di slots disponibili, fattori questi che limitano fortemente la possibilità di accesso di vettori concorrenti alle rotte più importanti, specie nelle ore di punta.  L’eliminazione di questa barriera all’ingresso è quindi assolutamente necessaria. Poiché nel breve periodo  risultano improbabili soluzioni quali la costruzione di nuove piste e l’ampliamento delle infrastrutture esistenti nei principali aeroporti, un alleggerimento del problema potrebbe consistere nel garantire a tutti i vettori le medesime possibilità di accesso agli slots, eliminando cioè i cosiddetti grandifatherrigts (diritto di utilizzare gli slots migliori, che le compagnie di bandiera hanno maturato nel corso del tempo) e attribuendo agli stessi, tramite vendita periodica concertata a livello europeo, su base competitiva, a quelle compagnie in grado di offrire il miglior rapporto servizio – prezzo rispetto alle altre offerte.

La bandiera degli slots è rafforzata dall’enorme vantaggio competitivo di cui le compagnie di bandiera godono, specialmente nei loro mercati internazionali. Ciò rende ancora più difficile la penetrazione nelle rotte da parte dei nuovi entranti. E’ compito prioritario della Commissione vigilare efficientemente affinché i maggiori vettori non abusino del loro potere di mercato, mettendo in atto pratiche anticompetitive che riducano ulteriormente l’effettiva capacità concorrenziale dei vettori minori.

Un terzo ostacolo al raggiungimento di un mercato competitivo ed efficiente è costituito da due questioni collegate tra loro: privatizzazione e aiuti statali. Insieme a compagnie interamente privatizzate come BritishAirways ed altre, quali Lufthansa, SAS e KLM che hanno sostanziali quote di capitale in mani private, altre compagnie di bandiera europee, come l’Alitalia, pur avendo annunciato la privatizzazione, sono ancora di proprietà pubblica. Come sostenuto da eminenti esperti del calibro di Wheatcroft, uno dei punti chiave della politica del trasporto aereo europeo, in grado di migliorare sostanzialmente l’efficienza nel settore, è la privatizzazione associata al divieto di sovvenzioni statali distorsive della concorrenza.  Vista l’impossibilità da parte della Commissione di legiferare su questioni quali la dismissione delle partecipazioni statali, i singoli Stati quali l’Italia dovrebbero accelerare il possesso di privatizzazione dei vettori nazionali, mentre già da ora sono impossibilitati a fornire ulteriori aiuti finanziari. Gli ultimi aiuti statali concessi a compagnie di bandiera, tra cui l’Alitalia sono stati ammessi sulla base di precisi piani di risanamento finanziario e organizzativo che devono obbligatoriamente precedere alla collocazione sul mercato del capitale azionario e sono sottoposti al costante controllo della Commissione, che ne verifica il reale impiego.

Fra gli ostacoli all’affermazione dei vettoriin mercati esteri si possono annoverare le barriere culturali e linguistiche, la generale diffidenza dei passeggeri europei a servirsi di compagnie a basso costo e con servizio spartano, gli enormi sforzi organizzativi  e finanziari richiesti per imporsi sui mercati esteri dominati da vettori nazionali etc. Tali fattori, sicuramente impossibili da eliminare per via legale, si assommano alle barriere sopra menzionate, rendendo ancora più arduo il completamento di un mercato comune ed efficiente.

Infine è bene ricordare che i benefici di un mercato realmente competitivo non cadono sul solo comparto del trasporto aereo, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse all’interno dell’industria e un incremento del benessere dei consumatori. Più in generale, a giovarsene è il commercio internazionale e in particolar modo il turismo. Infatti, data l’elevata incidenza percentuale del costo del trasporto sul costototale della vacanza, una significativa diminuzione del biglietto dell’aereo  costituisce un forte stimolo per il turismo, trasformando parte della domanda potenziale di consumo di servizi turistici in domanda effettiva

In conclusione, dunque, è auspicabile estendere gli importanti effetti positivi finora realizzati.  C’è bisogno quindi, di un ulteriore intervento della Commissione che completi, laddove necessario, il quadro normativo esistente. Tale intervento dovrebbe mirare a ridurre le barriere esistenti, mentre dev’essere costante la vigilanza nei confronti di comportamenti  potenzialmente anticompetitiivi. Dal canto loro gli Stati nazionali, le cui compagnie di bandiera rispondono ancora al controllo pubblico, dovrebbero consentire l’effettiva collocazione di queste sul mercato, in modo da migliorarne l’efficienza ed incrementare la capacità competitiva a livello globale.

di Alessandro Di Placido

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