Le Regole del Gioco

Dall’Assemblea costituente alla disputa Stato-Regioni alla fase “ricostituente” del turismo italiano

Di legge quadro si cominciò a parlare durante i lavori dell’Assemblea Costituente. Dapprima si chiamarono leggi di principi,  poi leggi cornice (sull’esempio delle loisdescordres francesi) e solo in un secondo tempo prevalse definitivamente la denominazione di “leggi quadro”, ma il significato era sostanzialmente lo stesso: l’introduzione dell’ordinamento istituzionale italiano delle Regioni dotate di potere legislativo in determinate materie, rendeva necessario definire, per l’appunto, un “quadro” di principi entro i quali quel potere legislativo poteva esprimersi  senza intervenire con il potere del Parlamento nazionale.

A parte le cinque regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna,Trentino-Alto-Adige,Friuli-Venezia Giulia e Val d’Aosta), i cui Statuti furono approvati dalla stessa Assemblea Costituente o con legge costituzionale dato il particolare grado di autonomia di cui queste regioni godevano, il problema si presentava per le Regioni a statuto ordinario, la cui competenza legislativa venne precisata nelle materie elencate dall’art. 117 della Costituzione. Questo stesso articolo prevede che la emanazione di norme legislative da parte delle Regioni incontra due limiti: quelli dettati dai principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e quello del possibile contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni.

Ci sembra opportuno ricordare che – all’interno della Commissione dei 75, incaricata di predisporre il progetto della Costituzione repubblicana – l’introduzione dell’ordinamento regionale fu oggetto di appassionate discussioni. Dalla rilettura degli atti dei lavori dell’Assemblea Costituente, infatti, traspare la preoccupazione che, dalla creazione del nuovo ente locale provvisto di potere normativo potesse derivare una diminuzione della potestà superiore dello Stato, la cui integrità veniva salvaguardata “non solo per la ristrettezza delle materie attribuite alle Regioni a Statuto ordinario e per la loro importanza meramente locale, ma anche per i limiti di portata più generale che si pongono all’esercizio di siffatta potestà legislativa” A questi limiti, che si prefigurano non solo nei confronti della potestà normativa delle Regioni ma anche nei confronti dello Stato, debbono soddisfare per l’appunto le leggi quadro che stabiliscono i principi generali per ciascuna delle materie attribuite ala competenza regionale. A tale proposito, in sede Costituente, si affermò la tesi che le Regioni avrebbero potuto legiferare solo dopo che lo Stato avesse emanato le leggi quadro, restando stabilito che la legislazione statale vigente sarebbe rimasta in vita sino a quando non si fosse provveduto di conseguenza.

Questo orientamento venne confermato con la IX disposizione transitoria che impose l’adeguamento – entro tre anni – delle leggi statali alle esigenze della competenza legislativa delle Regioni. Da ciò traspare la preoccupazione dei Costituenti di assicurare un ordinato passaggio dal sistema legislativo nazionale a quello regionale, senza che si verificassero vuoti o confusioni legislative e, nello stesso tempo, con la prescrizione di un limite di tre anni dall’entrata in vigore della Costituzione, appare evidente il desiderio di accelerare al massimo la transizione al nuovo sistema.

Di fatto , si verificò esattamente il contrario che i Costituenti avevano cercato di evitare. Infatti la situazione politica determinatasi negli anni successivi al 1948, anno di entrata in vigore della Corte Costituzionale, portò al congelamento (più che ventennale) della riforma regionale e il termine di tre anni della disposizione transitoria trascorse senza che si fosse provveduto all’emanazione delle leggi quadro. Quando poi, nel 1970, quasi all’improvviso si svolsero le prime elezioni regionali, il trasferimento dei poteri legislativi alle Regione avvenne nella totale assenza di chiari punti di riferimento legislativi.

Del resto, come si ricorderà, l’istituzione delle Regioni a statuto ordinario avvenne in un clima di acerbo conflitto tra lo Stato e le neonate Regioni, che accusavano il sistema centralista statale  di tutte le inefficienze e, no n solo pretendevano l’immediato trasferimento della potestà legislativa nelle materie di loro competenza, ma davano a questo trasferimento una interpretazione ancora più ampia di quanto la Costituzione stessa prevedesse.

Dall’altra parte, lo Stato centrale, arroccato a difesa del suo potere, cercava di concedere il meno possibile e, in nome del principio sopra ricordato della necessità della preventiva emanazione delle leggi quadro, rifiutava l’approvazione della maggior parte delle leggi baldanzosamente approvate dai Consigli regionali.

La disputa, protrattasi per almeno vent’anni e mai completamente sanata, recò notevoli danni in tutti i settori a cui faceva riferimento l’art.117 della Costituzione, compreso naturalmente quello del turismo che non trovò mai equilibrio di poteri né tantomeno le necessarie certezze normative.

Vale la pena di  ricordare  un episodio, a tale proposito, molto significativo. Nei primi anni ottanta, trascorsa la prima legislatura regionale (1970-75) che aveva visto una numerosa proliferazione legislativa regionale (nella sola Lombardia la Giunta approvò, nel settore turismo, ben 17 leggi) regolarmente bocciata dai Commissari di Governo  con la consueta motivazione (mancanza di legge quadro) , gli assessori regionali al turismo decisero di “sostituirsi” al potere centrale formulando un progetto di legge tipo per ogni argomento di interesse turistico, progetti che le Regioni stesse avrebbero  trasformato in legge in modo da avere norme regionali identiche. Una sfida come voleva essere una dimostrazione della capacità  di attuare un auto-coordinamento legislativo regionale di fronte all’immobilismo dello Stato centrale.

Il primo (e unico) episodio di questo orientamento fu realizzato con un modello di classificazione alberghiera che avrebbe dovuto sostituire la vetusta legge del 1937, ormai divenuta inapplicabile. Attraverso un lungo lavoro di consultazione, condotto dalla Regione Lombardia (Assessore Picciotto Crisafulli) fu varato uno schema che – adottando un sistema di classificazione a stelle basato sulla quantità e qualità dei servizi – avrebbe certamente dato al settore ricettivo uno strumento moderno, al pari di quello in vigore negli altri Paesi europei.

Molte regioni convertirono in legge lo schema concordato, trovando naturalmente  l’opposizione consueta dei Commissari di Governo con la negazione del “visto” statale.  Non fu tuttavia un lavoro inutile: infatti quando nel 1983, il Parlamento nazionale riuscì ad emanare – la legge 17 maggio 1983, n. 217, denominata per l’appunto “Legge quadro” per il turismo e interventi per il potenziamento e la qualificazione dell’offerta turistica”, il progetto regionale di classificazione alberghiera fu quasi interamente recepito. Com’è noto la legge n. 217 non risolse la disputa Stato-Regioni, che anzi si arricchì di nuovi spunti che via via si andarono a fondere con le spinte federalistiche, ormai sostenute da tutte le forze politiche.

Oggi, a distanza di molti anni durante i quali l’attività legislativa regionale in materia di turismo è stata contrassegnata da una produzione normativa tanto vasta quanto contraddittoria – come mostra l’elenco che pubblichiamo in questo numero di AT –è stata  varata la nuova riforma che è frutto di una lunga e tormentata agitazione parlamentare e che dovrebbe  (il condizionale è d’obbligo) dare al settore del turismo le certezze giuridiche indispensabili per assicurare lo sviluppo in un mercato in profonda evoluzione.

Lasciando ad altri il compito di una analisi puntuale della nuova legge, ci limitiamo ad osservare che la filosofia ispiratrice del provvedimento dimostra come i tempi sono mutati dal 1983, allorché la legge quadro rispecchiava, con i suoi limiti e le sue lacune, il clima di grande contrasto tra lo Stato e  Regioni.

Ciò nonostante, forti opposizioni da parte regionale su impianto che appare abbastanza solida e razionale, con buona pace delle polemiche strumentali e delle critiche avanzate dal presidente della Conferenza Stato-Regioni, Enzo Chigo, che ha minacciato di ricorrere alla Corte Costituzionale.

Una buona legge? Sarà il tempo a rispondere, anche perché gli effetti concreti della riforma  deriveranno dalle linee guida che dovranno essere emanate dal nuovo Governo e, quindi, da valutazioni sostanzialmente politiche, oltre che dalla capacità di organizzazione delle comunità locali che dovranno valorizzare e promuovere turisticamente i loro territori.

di Aldo Agosteo

Una vita per il turismo

Il Comitato di Napoli dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano sta realizzando un progetto di ricerca “Per una storia del turismo del Mezzogiorno d’Italia nei secoli XIX e XX°. Risorse ambientali e paesaggistiche, società, economia, politica” che si articola in alcuni seminari e in un convegno finale nel quale sarà possibile valutare i risultati dell’intera ricerca, la cui ultimazione è prevista per il 2002.

Partendo dalla considerazione che le Regioni meridionali stanno vivendo – come il resto del Paese – un veloce processo di europeizzazione , il progetto intende riflettere sulla formazione storica e culturale dell’Italia meridionale e sul ruolo che quest’area ha quale meta dei viaggi, pur in presenza di numerosissimi studi di carattere economico e sociale, infatti, è stato rilevata la scarsezza di riflessioni storiche sull’evoluzione del fenomeno turistico nel Mezzogiorno in questi due ultimi secoli: di qui gli obiettivi della ricerca, che intende rispondere a una serie di domande circa l’immagine che le regioni meridionali hanno offerto nel corso dell’ottocento e novecento, la loro identità di meta turistica e lo spazio occupato nella politica nazionale di promozione turistica.

All’interno del progetto di ricerca è stata decisa la pubblicazione del volume “Una vita nel turismo” di cui è autore il nostro direttore responsabile, Aldo Agosteo che, sulla base della sua lunga esperienza di lavoro, ha ricordato uomini ed eventi della storia cinquantennale del turismo nel nostro Paese.

Il volume, che è in corso di stampa, può essere prenotato presso il Comitato di Napoli, dell’Istituto di Storia del Risorgimento (Maschio Angioino – 80131 Napoli) o presso l’editore “Dantes e DesCartes (Via Mezzocannone 75 – 80134 Napoli).

un libro scritto da Aldo Agosteo

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