Le condizioni per lo sviluppo

Sistema turismo, istituzioni e imprese

Troppo spesso, nel nostro Paese, il discorso sui parchi e, in linea generale, molti dei discorsi sulla tutela dell’ambiente passano per protocolli d’intesa o, comunque, per una progettualità varia che è frutto di una visione un po’ immaginifica, e, per questo, a volte completamente avulsa dal contesto culturale, politico, economico, sociale, che, nella realtà, è piuttosto diverso. Questa è forse anche la ragione per cui poi non si riesce a spendere molte delle risorse disponibili. E se ciò è vero oggi, in un momento in cui questa disponibilità è piuttosto limitata, lo è a maggior ragione per il passato, quando non si può certo dire che mancassero le risorse.

Allora, se il sistema dei parchi è realmente una grande risorsa per il Paese, occorre creare le condizioni per sfruttare le potenzialità, uscendo finalmente da quell’idea di parco-recinto, purtroppo ancora così diffusa, all’interno del quale l’uomo è considerato come un ospite indesiderato. Al contrario, se vogliamo che i parchi e, più in generale, le aree protette diventino un sistema forte di sviluppo, bisogna osservare alcune condizioni.

La prima condizione è, a mio avviso, quella di raccordarsi saldamente con gli enti locali e con le loro politiche di sviluppo. La defaticante esperienza che io stesso ho vissuto in Consiglio Regionale, nel corso di un’estenuante settimana dedicata proprio all’approvazione delle leggi sulle aree protette, è la conferma che non si possono scavalcare gli enti locali e che chi volesse sostituirsi all’Amministrazione Regionale o allo stesso Ministero dell’Ambiente, commetterebbe, probabilmente dei grandi errori.

Enti di gestione più snelli ed efficienti

Ma è proprio per questo che dobbiamo creare degli enti di gestione più snelli ed efficienti, fornendo ai Comuni una serie di principi e di regole, poche ma chiare, in modo che abbiano tra l’altro delle scadenze precise da rispettare. Anche perché su questi aspetti si concentra una conflittualità che,inevitabilmente, si ripercuote su altri livelli. Sotto questo profilo, la legge approvata per la Regione Lazio è estremamente significativa. In atri termini, più che una ragnatela di autorizzazioni e di procedimenti amministrativi complessi, dobbiamo organizzare una rete di assistenza tecnica che consenta agli enti e agli altri enti di gestione dei parchi di funzionare in termini imprenditoriali.

Il secondo ordine di considerazioni riguada, invece, l’immaginifico che spesso accompagna il dibattito sullo sviluppo all’interno delle aree protette. Gli stessi volo pindorici in cui talvolta si avventura una fantasia di alcuni progettisti, fino a spingersi, a volte, ben aldilà delle necessità concrete, può indurre a pensare che l’azione dell’Unione Europea, alle cui risorse attingono molti dei progetti in cantiere, favorisca un proliferare di iniziative stimolate più dalle prospettive economiche che da un’effettiva vocazione allo sviluppo.

Anche rispetto alla spesa dei fondi strutturali,credo che il nostro Paese debba dire qualcosa di nuovo. In sostanza, è del tutto inutile moltiplicare i progetti di sentieristica o d’informatica se poi, nella realtà, non si riscontra l’esistenza di un target abbastanza consistente per giustificarli. Tanto per fare un esempio, la Comunità Europea ha speso alcune decine di milioni, forse anche un paio di miliardi, per finanziare la realizzazione di un Centro d’informazione turistica su aree naturali, in una località del Lazio in cui nemmeno esiste un parcheggio, il che lascia presagire che nessun turista andrà mai a visitarlo.

Sarebbe invece molto più opportuno abbandonare questo genere di progetti e passare ad interventi strutturali per area. Ciò, probabilmente, comporta delle scelte, perché non si può pensare che, ad esempio, tutti i parchi realizzati nel Lazio possono decollare contemporaneamente. Occorre dunque selezionare gli obiettivi, concentrando le risorse disponibili sulle aree che presentano un maggior interesse o un maggior appeal dal punto di vista turistico. Ma occorre anche che, una volta individuate le aree sulle quali intervenire, vengano considerati prioritari gli interventi sul settore della ricettività. In effetti, non credo che il problema sa tanto quello di conoscere la reale entità dell’offerta turistica, quanto piuttosto quello di creare i presupposti affinché questa offerta esista concretamente in termini di posti letto, di bed & breakfast e di quant’altro è oggi necessario a completare il panorama.

Si arriva così ad un nodo cruciale sul quale si innesca, come è recentemente accaduto anche in occasione dell’approvazione della legge sul Giubileo, la polemica di quegli ambientalisti che sono ancora convinti che chiunque voglia realizzare un insediamento turistico è, per ciò stesso, uno speculatore. E’ questo ostacolo, di ordine culturale, non favorisce certo quella valorizzazione e quella snellezza di cui l’apparato burocratico avrebbe, invece, estremo bisogno. E’ infatti del tutto evidente che nessun investimento di tipo imprenditoriale verrà mai attratto laddove i tempi di una autorizzazione si attestano intorno ai due o tre anni di attesa.

Questo per dire che non basta individuare le aree e non ha senso promuovere i flussi se, prima, non sono state attrezzate in modo da evitarne il congestionamento. Ma per farlo, e qui si torna al nodo dei finanziamenti, occorre avere la capacità di fare investimenti pubblici anche importanti.

Capacità di fare marketing

E’ ancora per poter vendere sul mercato il prodotto “destinazione” occorre avere la capacità di fare marketing. Un’operazione che il Parco Nazionale d’Abruzzo è riuscito a fare molto bene, beneficiando anche, a mio avviso, dell’immagine complessiva che la Regione Abruzzo ha voluto sviluppare attorno ad un’idea di verde, di ambiente e di pulizia. Ovviamente, si tratta solo di un esempio e tuttavia credo che modelli di questo tipo possano e debbano essere riprodotti.

Infine,per chiudere con una considerazione di carattere generale, il turismo sostenibile non passa solo per i parchi. Al contrario, il turismo sostenibile passa anche per i beni culturali e, dunque, rappresenta un problema comune tanto alle aree naturali quanto alle città.

Delle grandi città come Roma o Venezia, ai piccoli centri o alle isole, come nel caso di Capri, esiste comunque un problema di turismo sostenibile che, a mio avviso, può essere affrontato in due modi.

Il primo attiene alla necessità di creare un’imprenditorialità nuova, nel settore dei servizi turistici, in grado non solo di potenziarli, ma anche di innovare rispetto ad un orientamento ancora troppo rivolto al “mattone”, all’albergo, alla ristorazione, alle agenzie di viaggi.

Sotto questo profilo, intanto, già dal prossimo anno dovrebbe partire una misura di incentivo per che organizza servizi turistici fuori Roma, in località del Lazio alternative rispetto a quelle toccate dai circuiti normali. Tuttavia, è evidente che l’iniziativa privata, da sola, non basta per fare in modo che Roma,anche a prescindere dal Giubileo, diventi nella quotidianità una città vivibile per i turisti e per i residenti. Sotto questo profilo, l’organizzazione pubblica è, assolutamente insostituibile. Non credo, infatti, che almeno per la complessità che caratterizza l’attuale sistema dei beni culturali, come pure quello delle aree protette, sia oggi possibile rinunciare alla mano pubblica. Occorre dunque lavorare prima di tutto in questa direzione,per rendere davvero efficiente l’organizzazione dello Stato, inteso come Stato-Nazione, ma anche come Stato-Regione e, evidentemente, come Stato-Comune.
Qui si torna, ancora una volta, al problema delle risorse necessarie per adeguare l’organizzazione pubblica alle nuove esigenze dello sviluppo. E tuttavia, prima ancora delle risorse, l’intero sistema del turismo deve acquisire la consapevolezza che, quando si investe, non lo si può fare solo sulla propria azienda, perché il prodotto che si vende non è solo l’albergo, ma l’intero contesto in cui l’albergo stesso si inserisce.

Ed è appunto questo contesto che deve essere aiutato, sostenuto e valorizzato, anche a dispetto delle difficoltà che il Paese sta attraversando, con quegli ineludibili interventi infrastrutturali che le Regioni hanno ripetutamente posto all’attenzione del Governo, anche in sede Finanziaria.

di Romolo Guasco
ex Assessore Politiche per la Promozione
della Cultura,dello Spettacolo,del Turismo
e dello Sport della Regione Lazio

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