La valorizzazione dell’ambiente tra presente e futuro

Chi lavora per l’ambiente lavora per il futuro del turismo, ma il problema è che bisogna lavorare anche per il presente, tenendo conto che la tutela delle aree fragili non può trascurare i corretti criteri dì una gestione economica: anche nelle politiche per l’ambiente deve tornare il conto fra costi e ricavi, perché la capacità di sostenere indefinitamente i costi non è più compatibile con il nostro sistema economico.

Da questo punto di vista, per dare credibilità sociale ed attendibile nei fatti alla tutela ambientale, il ruolo del Dipartimento del Turismo non può che essere quello di dimostrare, in concreto, la possibilità di affiancare la curva dei costi a quella dei ricavi.

Con un’osservazione forse un po’ provocatoria, non si tratta di garantire al mare un Ministero o una sede istituzionale : il compito del Dipartimento è piuttosto quello di promuovere e di far funzionare dei progetti. In questo senso, malgrado le nostre ridotte dimensioni e la limitatezza delle risorse disponibili,basterebbe riunire tre o quattro esperienze simili a quelle realizzate ad Ustica, per essere in grado di scrivere un disciplinare di prodotto tale da definire un concetto di qualità, rispetto al turismo e all’ecovacanza, dotato di un potere esplosivo in termini di mercato, soprattutto rispetto ai mercati lontani, e di un forte impatto imitativo all’interno dei confini nazionali.

Identità di marca

Si tratta,in sostanza, di seguire un percorso di qualificazione dell’identità di marca e quindi definire un marchio. Il mare tutto uguale, ad esempio, non si vende sui mercati internazionali, ma il medesimo prodotto – qualificato e marchiato – trova mercato indipendentemente dal fatto che si definisca come “diving in Italy” o quant’altro. C’è un problema di “valore” dei prodotti turistici, ed in questo caso le aree protette hanno molto da offrire ad un’utenza che pone soprattutto una domanda di valore, di rarità e di stupore.

Un valore che non è solo il rapporto qualità/prezzo, mentre la rarità non riguarda solo il fattore di avere una specie vegetale o un animale raro, una particolare ricchezza della biosfera: la rarità è data dalla particolare manutenzione del territorio, è rapporto tra vissuto del passato e realtà vivente, è rapporto fra sedime fisico e persone. Di qui la qualità che riesce a stupire, che può avere una forte identità e un “marchio”.

Certamente, i percorsi di qualificazione sono faticosi perché sono selettivi e costringono gli esclusi ad impegnarsi per rientrare nel marchio, ma è su questa operazione di credibilità che bisogna investire tutte le risorse disponibili, in termini umani e finanziari.

Quando al dibattito sulle politiche di creazione del lavoro nell’impresa, la mia sensazione è che in presenza di una diffusa tendenza a privilegiare un approccio di tipo settoriale, si rischia di perdere di vista la molteplicità degli strumenti disponibili per fare impresa nel turismo. Bisogna invece prendere coscienza delle molte opportunità offerte per attivare le sinergie: è un po’ quello che accade per la musica quando, invece che di un solo strumento, si può disporre dell’intera orchestra. Ogni singola esperienza ha in sé tutti i possibili elementi oggi applicabili al turismo, come a qualsiasi altro settore dell’economia. Ciò che è importante, in questo procedere per tentativi, è non fermarsi sul singolo strumento, ma andare avanti,per non lasciarsi sfuggire le occasioni che si vanno prospettando. Il che comporta, tra l’altro, il superamento di un problema di comunicazione che coinvolge anche il Dipartimento del Turismo e che spesso impedisce di cogliere l’opportunità, come nel caso delle “borse lavoro”, che avrebbero potuto consentire l’assunzione, a costo zero, di giovani disoccupati in molte imprese del sud e che le aziende – soprattutto quelle operanti nel settore turistico – non hanno invece saputo sfruttare adeguatamente, anche per una carenza di informazione. Ma gli esempi potrebbero continuare, seguendo un elenco che, dai prestiti d’onore ai lavori socialmente utili, offre un ventaglio di opportunità destinate molto spesso a restare sulla carta se non si provvede ad attivare preventivamente i canali giusti attraverso i quali raggiungere i potenziali fruitori, con un’informazione il più possibile chiara e capillare.

Tuttavia, mentre si va esaurendo la fase in cui l’ambiente e la sua tutela dovevano essere posti, in modo anche drastico, al centro dell’attenzione, per consolidare una cultura diversa, la tendenza attuale va nella direzione di un’apertura rispetto alla praticabilità sociale della tutela ambientale e quindi alla necessità di far quadrare, anche in questo settore, il bilancio tra costi e ricavi. Ciò riconduce inevitabilmente al ruolo che, anche rispetto alla tutela, può svolgere l’impresa, un’impresa forse meno “episodica” o di rapina, ma sempre indispensabile ad una valorizzazione che passa per i ricavi e per l’integrazione sociale del turismo sostenibile.

Aree protette intese come risorsa

Probabilmente, si tratterà di un’impresa dotata di regole completamente diverse da quelle che governano le grandi aziende, regole della qualità ma anche della praticabilità che occorrerà scoprire insieme,in relazione alle tante specialità che costituiscono la vera forza delle aree protette intese come risorsa. Ma bisogna anche individuare, se necessario inventandoli, gli strumenti più idonei a valorizzare le risorse umane, a partire da quelli di cui già disponiamo e che, in parte, cominciano a funzionare attraverso quelle esperienze di creazione di impresa, di lavoro autonomo e di microimpresa, anche della “piccola” cooperativa di tre soci, che comunque disegnano una serie di percorsi di alleggerimento del problema occupazionale. In questo modo, infatti, si arriva ad eliminare le drammatizzazioni e le sovrastrutture che impediscono di ricondurre l’impresa e il lavoro alle loro componenti essenziali, lasciandoli liberi di fare i conti con il mercato.

Un altro elemento è poi quello del ruolo delle comunità locali rispetto a questo tipo di sviluppo. Sotto questo profilo, la comunicazione consente all’impresa di evitare gli scontri frontali, entrando più agevolmente in contatto con il territorio per aprirsi alle esigenze locali. Ciò, tenendo conto di un aspetto demografico su cui finora non si è riflettuto abbastanza, che è quello del ricambio della residenzialità, perché i territori protetti che in passato risultavano talvolta repulsivi per le popolazioni residenti, oggi sono diventati attrattivi per molti soggetti, non solo turisti, che scelgono dei andarvi ad abitare, modificando quindi l’identità residenziale del luogo. Da questo punto di vista, il Dipartimento del Turismo ha individuato tre diversi livelli di comunicazione attorno ai quali si è impegnato a lavorare.

Si tratta, in primo luogo, di realizzare un progetto di comunicazione rivolto agli operatori per elevare il grado di sensibilità rispetto all’etica del turismo e del marketing sociale: si pensi all’attenzione posta per i problemi dei disabili e all’esperienza dolorosa – anche se positiva nei risultati – condotta in occasione della campagna contro il turismo sessuale a danno dei minori. Rispetto al secondo livello, l’obiettivo è quello di aprire con le comunità locali un canale attraverso cui rendere più accettabile, se non desiderabile, un modello fortemente innovativo come quello dei turismi sostenibili. Sotto questo profilo, ad esempio, il Giubileo potrebbe essere l’occasione per sperimentare la nostra capacità di comunicare in termini positivi con una realtà locale chiamata a vivere – oggi – dei disagi di cui non sa riconoscere i vantaggi rispetto alle prospettive di sviluppo.

Il terzo livello, infine, è quello del turismo individuale. Su questo aspetto, partendo dal presupposto che non è più proponibile una domanda turistica che non accetti le regole degli equilibri di territori fragili rispetto ai quali l’osservanza di un comportamento corretto è strumentale alla loro sopravvivenza, la regola stessa diventa elemento irrinunciabile rispetto al modello di fruizione che intendiamo proporre. Questo aspetto è destinato a diventare determinante in occasione del Giubileo, dal momento che non è ipotizzabile gestire una massa di alcune decine di milioni di persone senza proporre – e se necessario imporre – delle regole di comportamento che, dalla prenotazione al pagamento di alcune forme di biglietto di ingresso, contribuiscano comunque alla protezione dei luoghi e ad un rapporto sereno con la comunità ospitante. A tale scopo, tuttavia, occorre sempre tenere presente che il ruolo della programmazione è importante almeno quanto quella della comunicazione.

Un’ultima riflessione,per concludere: le dimensioni del mercato turistico conosciuto e le stime dell’Agenzia romana per il Giubileo fanno pensare che, nel 2000, ci si trovi a dover gestire quattro milioni di arrivi e dieci milioni di presenze con, in pectore, una domanda diversa, caratterizzata da una forte sensibilità rispetto ai temi ambientali, per i quali occorre essere in grado di offrire una risposta valida anche in termini di marketing e di cultura dell’accoglienza.

di Stefano Landi
Direttore del Dipartimento del Turismo
presso al Presidenza del Consiglio dei Ministri

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