Cultura visiva ed esperienza turistica
Dire che la nostra è l’epoca del trionfo della cultura visiva , delle immagini, dei viaggi virtuali e degli “approdi” telematici è affermare una evidente ovvietà. Del resto siamo un po’ tutti figli dei “Netscape”, novello traghettatore tra i marosi di questo oceano telematico che è Internet (che qualcuno ha già ribattezzato “Infernet” volendolo associare alla dimora di Satanasso). L’avviso ai naviganti è stato da tempo lanciato: quanto inciderà negli anni a venire l’utilizzo delle autostrade a fibre ottiche lo dice già adesso il crescente numero di navigatori che quotidianamente si lasciano trascinare dalla corrente “on line”, di talché il mondo diventa sempre più piccolo e più vicino: in tempo reale, stando comodamente seduti in poltrona si può prenotare la stanza di un albergo dei Caraibi o vedere le immagini di centinaia di capitali del mondo, da Bratislava a Seul, da Bucarest a Tokyo. Un futuro tutto rose e fiori, quindi? Probabilmente no. C’è già chi, mettendo le mani avanti, ipotizza scenari apocalittici: così facendo, affermano, si rischia di finire con costituire progressivamente le proprie impressioni, la propria immaginazione con nient’altro che un indigesto surrogato della realtà, una sorta di meccanismo infernale più insidioso delle correnti tra Scilla e Cariddi. Insomma il messaggio è chiaro: “intermettetevi” ma non dimenticate il salvagente. L’aggancio al reale.
I detrattori di Internet stiano tranquilli: la cultura visiva è anche altro. C’è, infatti, tutto il filone legato ad un certo tipo di televisione e di cinema che parla il linguaggio dell’emotività, della suggestione e che, da un punto di vista psicologico, riesce a rafforzare le motivazioni di chi poi trae spunto dalla finzione sul piccolo e grande schermo, per decidersi a “fare turismo”.
Non il caso di scomodare Jung, eppure l’idea del viaggio come tuffo nelle proprie dimensioni interiori, come esplorazione della parte meno apparente di ognuno di noi è stato il leitmotiv della produzione, ad esempio, di un regista come Federico Fellini, personaggio naturaliter e forse inconsciamente di assoluto valore turistico, nel senso che è stato un “volano” straordinario nella promozione di alcune parti del Belpaese. Quello che Fellini è riuscito a veicolare con i suoi film e la ricaduta delle sue opere sul comparto turistico è semplicemente straordinario. I miti di Rimini e quello un po’ più appannato di Via Veneto a Roma, ad esempio, dove ancora oggi continuano le “processioni” di turisti americani e non solo, ammaliati dal fascino impercettibile della “Dolce Vita”, li dobbiamo a lui. Purtroppo i Fellini, gli straordinari creatori di suggestioni e per ciò stesso involontari stimolatori di domanda turistica, non nascono “sotto i cavoli” e soprattutto sono fenomeni quasi sempre irripetibili. Anche perché, non è difficile mettersi dietro una macchina da presa. E’ difficile riuscire a creare suggestioni viaggiando nelle dimensioni interiori, rappresentando i luoghi evocati in una ricerca costante di razionalità e fantasia, di mistero e di ragione, di scienza e magia, rimanendo in bilico sul crinale di questi opposti. E’ il tratteggiare sullo sfondo queste antinomie lasciandole volutamente indefinite che accentua quell’aspetto di fascino misterioso, che ha fatto di un certo modo di rappresentare un fenomenale fattore di induzione al viaggio ed alla pratica turistica.
E c’è poi un altro aspetto: la rappresentazione didascalica del reale attraverso i moderni strumenti che la tecnica mette a disposizione: audiovisivi, documentari, ecc. Qualcuno la ritiene comunque idonea a destare interesse attrattivo. C’è però chi obietta che se essa non è accompagnata da quel qualcosa in più che consente di superare la soglia della raffigurazione documentaristica, finisce di stimolare molto meno quella che è l’attesa che accompagna ogni turista: anticipare con la fantasia quello che sarà il viaggio reale. Sicuramente questo aspetto contiene una sua verità ed in parte può essere condivisa. Ma solo in parte. Difficilmente ritorneranno i tempi di Mario Praz e di “Il mondo che ho visto”, dove l’autore si poneva alcuni importanti interrogativi intorno al senso del viaggiare e, possiamo aggiungere noi, del fare turismo.
In questo senso si sentiva di consigliare come rimedio al grigiore del nostro mondo la lettura degli “ultimi viaggi in cui era ancora possibile la sorpresa ed il senso dell’esotico”. Il progresso e la modernità hanno inevitabilmente scavalcato Praz, nel senso che i luoghi esotici da lui consigliati sol perché ritenuti irraggiungibili, sono oggi divenuti mete frequentatissime da milioni di turisti che, anche grazie alla diffusione del vettore aereo, si “catapultano” negli angoli più sperduti del globo terracqueo .In questo senso, un contributo assai rilevante nello sviluppo e nel successo di questo tipo di turismo è da attribuire ad una serie di programmi televisivi a sfondo documentaristica – ambientale che da noi, hanno avuto in Falco Quiilci il loro più vivace curatore.
Qui la rappresentazione di un certo mondo esotico (ma non c’è solo quello) e la fortuna in termini di audience da essi riscossa, testimonia la bontà della scelta di rappresentare la realtà così com’è, facendo entrare nell’immaginario comune, luoghi di straordinaria suggestione.
Ora, però, il rapporto tra i due modi di rappresentare la realtà (film e documentario), da noi presi ad esempio, non necessariamente deve portare alla formulazione di un giudizio di prevalenza dell’uno sull’altro. Siamo certi che entrambi possano rendere un grande servizio allo sviluppo della pratica turistica.
L’avrebbe citato Mario Praz, peraltro studioso di tutte le letterature e delle più varie esperienze artistiche, lettore, collezionista e viaggiatore raffinato, ci aiuta a capire come, tutto sommato l’oggetto della nostra riflessione, ossia: la curiosità per il mondo, possa essere letto sotto diversi punti di vista e che il film ed il documentario non siano altro che l’evoluzione di un metodo descrittivo che è affidato alla celluloide od al videotape. Certo, i ritmi frenetici della vita moderna vanno nella direzione della moltiplicazione della comunicazione planetaria, al punto che oggi, la rappresentazione della realtà anticipa la realtà stessa.
E c’è un continuo accavallarsi di realtà e finzione, di mondo reale e di mondo rappresentato. Da questo punto di vista, l’utilizzo del mezzo videotape, dell’audiovisivo “in presa diretta”, è sicuramente più congeniale al vorticoso, a volte confuso ed inarrestabile fluire di immagini da un capo all’altro del pianeta. Con la difficoltà di “periodizzare” la storia (periodizzazione degli eventi che sicuramente facilitava la via cinematografica alla realtà) – poiché i tempi del vivere quotidiano si accavallano ad una velocità impressionante – il modo più proficuo di cogliere e leggere la realtà, è quello di affidarsi agli strumenti che la tecnica mette a disposizione.
Da questo punto di vista sarebbe oltremodo sciocco non approfittare delle opportunità che anche al turismo sono messe a disposizione da una più veloce diffusione delle immagini di siti , regioni, aree, luoghi. La tecnica ha fatto sì che l’oggettivo inaccessibile fosse cancellato definitivamente dal vocabolario di chi fa turismo: ed ora che anche i viaggi più lontani e un tempo impraticabili rappresentano l’ordinarietà. Di talché, ciò che viene rappresentato può essere vissuto quasi in tempo reale.
Stando così le cose, è innegabile che chi vuole sfuggire al “logorio della vita moderna” si senta un po’ orfano di Fellini, il quale attraverso la pratica del viaggio interiore è stato uno straordinario stimolatore di viaggi della fantasia e di approdi immaginifici che poi si trasformano in viaggi reali vissuti da chi, ammaliato dalle rappresentazioni del regista, voleva vivere realmente l’emozione di una suggestione straordinaria, percepita inizialmente sul grande schermo.
Un dato che, con le dovute cautele, può fare il paio con i miti felliniani, riguarda una recente produzione: Braveheart, successo mondiale interpretato e diretto da Mel Gibson. Ebbene , dopo l’uscita di questo colossal, ambientato nel medioevo all’epoca della lotta per l’indipendenza della Scozia della corona britannica, il numero dei turisti che hanno scelto di visitare il paese dei “kilt” è aumentato esponenzialmente. Sarà un caso, ma tant’è….
In conclusione, qualunque sia il modo di rappresentare la realtà, oggi più di ieri occorre non perdere di vista il mito e la fantasia, valori nei quali crediamo e ai quali non vogliamo rinunciare. Solo la sollecitazione della fantasia, infatti, è in grado di stimolare quella curiosità desiderosa che è la scaturigine di ogni azione umana, compreso il “viaggiare per il turismo”, bisogno insopprimibile e connaturato all’uomo.
di Salvatore M. Marino