Il ruolo delle associazioni imprenditoriali
L’approccio, a volte parziale, con cui nel passato si è affrontato il tema dell’ambiente e la forte connotazione ideologica con cui il concetto di eco-compatibilità è stato impiegato in contrapposizione alla realtà d’impresa, ha contribuito a rallentare, se non ad inibire lo sviluppo possibile in molte aree del Paese. Tuttavia, ciò non vuol dire che non esistono possibilità di sviluppo, ma che per coglierle occorre modificare l’approccio culturale con cui, sia le imprese che le istituzioni, si pongono rispetto all’ambiente. In particolare, le imprese devono sforzarsi di comprendere che investire sui parchi nazionali o sulle aree protette consente di creare quel tessuto di micro-imprese su cui poggia la cultura dello sviluppo e della piena occupazione. Ovviamente, anche per evitare ai giovani di incorrere in esperienze di approccio deludenti o traumatiche con il mondo del lavoro, occorre individuare, in via prioritaria, le attività praticabili all’interno di queste aree.
Poiché si possa realizzare un’equilibrata produzione di ricchezza, a beneficio di tutti, occorrerebbe anzitutto consentire che l’intervento delle comunità locali delle categorie produttive, in merito all’attuazione delle politiche di tutela del territorio, fosse tenuto in alta considerazione. Nell’applicazione della legge 394/91 abbiamo invece assistito all’imporsi delle politiche di alcune associazioni ambientaliste, a volte troppo lontane dalle reali esigenze di sviluppo del territorio.
Ciò ha comportato sostanzialmente il blocco della produzione di ricchezza, anzitutto con l’inibizione dello sviluppo turistico e, conseguentemente, con la chiusura di importanti produzioni artigianali e delle relative attività distributive e commerciali, con l’impoverimento delle attività umane nel territorio e con la realizzazione – in mancanza della presenza umana – anche di un danno idrogeologico.
In particolare, i rigidi vincoli posti dalla legislazione sulle aree protette non consentono – troppo spesso – il recupero dei centri storici, che rappresentano la caratteristica culturale delle aree territoriali, come originariamente concepite. Atri problemi si pongono per molte aeree e territori montani o rurali dove norme vincolistiche non consentono adeguate ristrutturazioni di locali adibiti alla produzione e conservazione di prodotti tipici alimentari. Inoltre, con l’entrata in vigore infatti del D.L. 155/97, che prescrive alcuni imprescindibili adeguamenti strutturali per i luoghi dove si preparano prodotti alimentari, molte attività artigianali e commerciali rischiano la chiusura.
E’ per questo motivo che le aree protette non possono essere lasciate a se stesse. Superando uno stato di immobilismo, che -lungi dal proteggerlo – fa morire l’ambiente, occorre creare le basi per una effettiva tutela delle aree naturali, attraverso la previsione di appositi finanziamenti per la formazione e l’occupazione di nuovo personale addetto alla difesa degli incendi boschivi, la creazione di nuove figure professionali, ed in particolare di guide turistiche aventi specifica formazione in materia di tutela ambientale, la collocazione di strutture ricettive “leggere”, studiate in modo da non avere un impatto compromettente sull’ambiente.
Nella stessa direzione della Commissione al Parlamento Europeo del 2.7.1997 si affronta in modo nuovo la questione dello sviluppo di un turismo sostenibile. L’obiettivo è quello di “combinare gli effetti positivi delle attività turistiche nelle città con la salvaguardia delle loro risorse umane, culturali ed ambientali”.
Altri provvedimenti legislativi riguardano:
• la proposta di revisione della direttiva del Consiglio sulla valutazione dell’impatto ambientale, che fa rientrare nel suo campo d’applicazione le infrastrutture e le attrazioni turistiche;
• la definizione di un elenco di siti d’importanza comunitaria e la costituzione di una rete europea di aree protette (Natura 2000) nelle quali si potrebbero ammettere alcune forme di “softtourism”, nell’intento di contribuire alla tutela ed alla gestione dei siti in questione.
In questo contesto i fondi strutturali possono apportare una contributo notevole allo sviluppo dei “turismi sostenibili”.
Da poco tempo infatti, essendosi realizzata la coincidenza formale tra aree di intervento dell’azione
comunitaria (obiettivi 1, 2 e 5b) con l’intervento ordinario nazionale in favore delle aree depresse, il turismo è stato inserito a pieno titolo negli strumenti di “programmazione negoziata”; in particolare Patti territoriali e Contratti di Programma,strumenti sui quali pure convergono i Fondi strutturali a cofinanziare le azioni.
Ma queste informazioni sono ancora molte teoriche, perché la realtà del settore turistico e gli interventi nelle singole aree di fatto non sembrano rispondere ai principi enunciati. Sussistono infatti difficoltà nei rapporti istituzionali, scarsità di mezzi, poco conoscenza scientifica dei processi di sviluppo, tali da rendere inattuata la politica turistica ambientale dell’Unione Europea.
Il problema essenziale, quindi, nel settore turistico è quello di individuare una vera e propria authority in grado di coordinare realmente le diverse azioni e i diversi settori per poter “controllare” e quindi definire efficaci politiche turistiche.
Elementi critici
Le difficoltà complessive in cui imbattono gli operatori che volessero utilizzare le possibilità messe a disposizione dai Fondi strutturali derivano soprattutto dagli insufficienti livelli di impegno e di spesa rilevati in generale, che possono ascriversi a differenti tipologie, in ordine alla natura delle difficoltà e ai soggetti che le incontrano.
In particolare:
A) Difficoltà di programmazione (Amministrazione responsabile).
• Nonostante la prolungata fase di concertazione che precede la formulazione definitiva di un Programma Operativo e la sua adozione lo stesso presenta normalmente un livello di definizione degli interventi e delle modalità di attuazione insufficiente, per talune azioni o misure ancora completamente da sviluppare;
• i tempi lunghi nella predisposizione e adozione dei Programmi Operativi, inoltre, incidono negativamente sullo stato di attuazione finanziaria degli stessi errori di valutazione della domanda potenziale espressa da singole categorie di destinatari delle azioni o interventi (ci sono misure che non tirano aiuti agli investimenti artigiani, ad esempio);
• incentivazione meno favorevole rispetto ad altre forme di incentivo.
B) Difficoltà di gestione del Programma da parte delle Amministrazioni responsabili.
• La gestione di un importante programma plurifondo estremamente articolato, con destinatari differenti e spesso polverizzati è comunque un impegno difficile per una amministrazione con una forte segmentazione delle competenze e delle responsabilità.
C) Difficoltà di attuazione delle diverse misure o azioni (Amministrazione Responsabile).
• Complessità della documentazione richiesta per la domanda di contributo (per alcune domande di contributo, per il Docup Lazio, sono previste 29 differenti documenti, alcuni di notevole complessità, altri insignificanti): procedure di istruttoria e di selezione delle domande troppo lunghe ed articolate (cfr. procedure di selezione, 8/9 mesi, anche 12 mesi); iter procedurale per formazione delle iniziative finanziarie troppo lungo;ed articolato); modalità di attuazione difficilmente applicabili o inapplicabili.
D) Difficoltà amministrative e finanziarie (Amministrazione Responsabile).
• Trasferimento fondi ai beneficiari finali; difficoltà di rendicontazione delle spese legate all’idoneità della documentazione ed alla tempestività della presentazione. Conseguenti difficoltà di tiraggio di anticipazioni e saldi dei contributi comunitari e nazionali; difficoltà connesse alle differenti procedure legate all’utilizzo dei diversi Fondi strutturali.
E) Difficoltà normative e di contesto.
• Farraginosità e difficoltà di applicazione di detta normativa sui bandi pubblici per opere e servizi; competenze a livello nazionale disperse fra varie amministrazioni centrali.
F) Difficoltà di progettazione e di implementazione degli interventi da parte dei soggetti destinatari
dei contributi.
• Scarsa capacità progettuale ed amministrativa dei destinatari (anche i privati) degli interventi, ne conseguono progetti non idonei e/o domande di contributo non ammissibili; tempi lunghi per l’implementazione dei progetti, anche in connessione con il ritardo delle quote di anticipazione dei contributi.
Ora, è indubbio che le PMI giocano, nel contesto socio-economnico italiano, un ruolo di fondamentale importanza in termini di occupazione che di dinamismo economico. Ma in considerazione con quella che si ritiene essere la funzione socio economica delle PMI, tali imprese
si trovano a dover fronteggiare numerosi ostacoli in termini di modalità ed onerosità nell’accesso al credito, o più in generale alle fonti di finanziamento ed alle nuove tecnologie. Ben poco è stato fatto per i settori del commercio e del turismo: se si fa eccezione per la 488/92 (dalla cui applicazione sono esclusi commercio e turismo) e per la Sabatini,che sono gestite rispettivamente tramite le banche ed attraverso il Mediocredito centrale, il sistema continua ad assumere i connotati di un girone dell’inferno. Caratteristiche imprescindibili del sistema di incentivazione nazionale dovrebbero essere la certezza e l’immediatezza dell’aiuto.
A tale riguardo è opportuno che ci sia l’impegno di tutti affinché la semplificazione amministrativa riguardi soprattutto il settore della finanza agevolata nel quale è opportuno intervenire in tempi brevi alla definizione di un sistema omogeneo,con procedure certe e caratterizzate da un breve iter burocratico.
In considerazione per quanto riguarda il finanziamento delle piccole e medie imprese del Turismo va rilevato che queste incontrano le medesime difficoltà fronteggiate da tutte le PMI in particolare
per quanto riguarda il rapporto con le banche.
Il ruolo delle banche
Per ciò che concerne il ruolo delle banche giova osservare che esiste una contrapposizione tra quanto accade nel nord e Centro Europa ove le banche intervengono come merchant banks e con partecipazioni dirette nel comparto alberghiero e turistico e la tradizione dei Paesi mediterranei, come l’Italia, ove l’intervento a favore di tale settore è ottenuto attraverso gli istituti di credito speciale e dunque con un approccio di carattere prevalentemente immobiliare” (a causa delle garanzie richieste).
Pur non entrando nel merito della preferibilità di un modello rispetto all’altro è perlomeno il caso di osservare che le esperienze degli altri paesi devono costituire un costante oggetto di studio nell’intento di ricercare le migliori forme di finanziamento delle attività turistiche; inoltre si noti che l’assunzione di partecipazioni dirette e comunque tramite merchant banks è oggi possibile alle banche italiane in virtù della despecializzazione introdotta dal Testo Unico in materia bancaria.
Ad ogni modo è opportuno che si abbandoni la tradizione degli interventi basati principalmente sul valore immobiliare delle garanzie anziché sulle potenzialità dell’impresa. Contemporaneamente l’intervento a favore del turismo dovrebbe indirizzarsi nel senso di accentuare gli interventi di carattere infrastrutturale che pongono le condizioni per un migliore operare delle imprese, privilegiare il finanziamento delle attività pre o post produttive, quali le azioni di marketing e di promozione funzionali alla valorizzazione dell’offerta ricettiva attuale,ed in fine assegnare priorità ai progetti che prevedono l’introduzione di innovazioni e che abbiano particolare riguardo all’impatto ambientale.
di Gaetano Orrico
Presidente Assoturismo Confsercenti