Qualità e varietà del prodotto turistico
L’offerta turistica attraversa oggi un particolare momento di transizione : gli operatori, complice anche la crisi che ha investito il settore, hanno dovuto ammettere che il vecchio modello di sviluppo turistico affidato alla disponibilità e alla ricchezza di risorse naturali e/o culturali, non è più sufficiente per l’economia del comparto.
E’ mutata la fisionomia del turista, sempre più attento alla qualità dell’ambiente e dell’accoglienza e costantemente alla ricerca di nuovi stimoli che riempiano di ulteriore motivazione la sua vacanza. Si sono allargati i tempi e gli ambiti degli spostamenti (vacanze più corte distribuite in più periodi nel corso dell’anno) e, parallelamente, vanno intensificandosi gli spostamenti di persone per motivi diversi rispetto alla vacanza (turismo congressuale, di affari, di studio, della salute).
Abituato – ed in un certo senso viziato – dalla varietà dei beni di consumo e dal livello qualitativo dei prodotti industriali, l’utente/turista richiede una sempre maggiore quantità e, soprattutto, qualità del servizio turistico: una maggiore disponibilità di informazioni; una riduzione dei livelli di prezzo o un innalzamento della qualità per livelli di prezzo.
Di fronte a tale fenomeno, l’offerta turistica, soprattutto quella ricettiva, polverizzata in una miriade di piccole e medie imprese a conduzione familiare, si è trovata impreparata a gestire efficacemente il mutamento . Sviluppatasi in modo spontaneo, l’offerta turistica italiana infatti, è stata per anni attivata da piccoli operatori che hanno creato il proprio business affidandosi all’intuito ed al buon senso, ma anche all’esperienza pratica.
L’ingresso sul mercato interno di compagnie internazionali ha ulteriormente evidenziato la bassa competitività delle piccole e medie imprese turistiche, incapaci di porre barriere sia sotto il profilo della managerialità che delle tecnologie e della professionalità nella conduzione dell’impresa. Nel mutato ambito competitivo, l’imprenditoria turistica italiana si è rivelata quindi particolarmente debole nei confronti di quella estera ed incapace di influenzare significativamente il mercato di riferimento.
La necessità di una formazione superiore
Se è vero che la capacità di gestione manageriale orientata all’efficienza è estremamente importante per le imprese, è anche vero che, nell’attuale contesto, le tradizionali strategie basate sulla riduzione dei costi di gestione non sono più sufficienti a garantire un vantaggio competitivo stabile.
La labilità dei confini intersettoriali e la diffusione degli strumenti tecnologici, hanno indotto le aziende a puntare sugli aspetti softper differenziare il proprio prodotto/servizio, concretizzandoli in fatti immediatamente rilevabili dal cliente (una maggiore componente di servizio) o oggettivando nella propria offerta i valori culturali emergenti (estetica, soggettivismo ,etc.)
La sfida si gioca oggi sulla capacità di conquistare sempre più ampie quote di mercato , sviluppando nuovi prodotti e/o differenziando il servizio offerto, trasformando i processi produttivi e/o l’assetto organizzativo interno, rivolgendosi a nuovi mercati. Obiettivi questi che, secondo le più attuali teorie dell’organizzazione, possono essere raggiunti attraverso la strada dell’innovazione globale dell’intera azienda e non dei semplici miglioramenti incrementali.
La capacità di generare innovazione diventa dunque uno dei principali toolsdell’impresa dinamica, uno strumento strategico essenziale per le aziende che vogliano incrementare la propria competitività sul mercato nazionale e internazionale, realizzando nuove modalità di azione nei confronti del sistema clienti-concorrenti.
Trasferendo al contesto aziendale turistico la definizione, comunemente accettata, di innovazione comeprocesso messo in moto dalla creatività, possiamo riferire l’innovazione al modo stesso di pensare e fare impresa.
Ma, come accennato in precedenza, l’universo turistico nazionale è costituito in prevalenza da piccole e medie aziende, caratterizzate da una forte specializzazione dell’offerta, e per questa tipologia di imprese le attività gestionali fanno riferimento al proprietario, o ad un suo “uomo di fiducia”, spesso senza alcuna competenza specifica: mentre il resto delle attività è affidato indifferentemente a vari addetti, secondo la logica del “tutti fanno tutto”, lasciando che il coordinamento si basi sui rapporti personali fra dipendenti.
In questi casi l’innovazione può consistere semplicemente nell’acquisizione di comportamenti managerialie nell’attuazione di sistemi di gestioni più efficaci ed efficienti, cioè nell’adozione di strumenti già ampliamente consolidati in altri comparti economici. Condizione essenziale perché si realizzi un tale processo di innovazione è l’ampliamento del patrimonio cognitivo, individuale e collettivo, all’interno dell’azienda a tutti i livelli operativi, dai manager in grado di pianificare le attività e gestire in modo efficace ed efficiente le risorse disponibili, al personale in grado di mettere in essere un servizio qualitativamente superiore.
In tale processo, la formazione diventa lo strumento indispensabile per fornire quel complesso di skills professionali necessario a poter meglio governare il cambiamento, e che costituisce il principale fattore critico di successo delle aziende turistiche dell’era post-industriale.
Quale formazione per il turismo?
Data l’esigenza di una formazione superiore, il problema da affrontare riguarda l’individuazione del tipo di formazione meglio rispo0ndente alle esigenze degli operatori del settore turistico.
Di quanto detto in precedenza, emerge la necessità per l’imprenditoria turistica italiana di colmare il gap di “sapere” e “saper fare” che la separa da quella estera. Il primo passo consiste, quindi, nell’introdurre all’interno dell’azienda un sistema di conoscenze e competenze rivolte sia la management che al personale, in modo da condurre l’azienda verso un assetto culturale più completo e professionalizzato.
I contenuti di tale processo di riqualificazione provengono necessariamente dall’esterno e possono essere introdotti in azienda sia tramite corsi di formazione che mediante l’acquisizione di operatori già professionalizzati. Ad ogni modo le nuove conoscenze-competenze non devono sostituirsi alla cultura preesistente, bensì sommarsi ai valori di coesione e familiarità, in un interscambio tra passato e presente che valorizzi e potenzi l’o0fferta.
Nel settore turistico, più che in ogni altro, infatti, la formazione deve farsi in azienda, modellarsi sulle singole realtà, per trovare le soluzioni più adatte alle diverse esigenze. Ciò non significa fare formazione di tipo specialistico, anzi è proprio allargando lo spettro delle conoscenze, attraverso una formazione trasversale e intersettoriale, che si possono creare le basi per l’innovazione e la creatività degli operatori.
Compito della formazione è dunque quello di stimolare nuove esigenze conoscitive, sprovincializzando l’imprenditoria turistica e scardinando la presunzione del sapere come frutto della mera esperienza.
Come sappiamo bene, in tale concezione della formazione, lo scoglio principale è rappresentato dallo scetticismo degli operatori nei confronti della formazione in generale e di quella qui auspicata in particolare. Chi conosce gli imprenditori turistici, infatti, non ha difficoltà a credere che questo non sia un problema da poco, almeno per quanto riguarda l’universo di piccole e medie imprese alle quali facciamo riferimento. Per costoro, il tipo di formazione esistente presso gli istituti tecnici e/ o professionali è più che sufficiente per la qualificazione del personale, e spesse volte solleva lo staff dal gravoso compito di trasmettere ai nuovi di knowhow.
Con una certa diffidenza è visto invece il laureato, e soprattutto quello che inoltre abbia conseguito un master sul turismo; quest’ultimo in particolare costituisce infatti una risorsa “ scomoda” per l’imprenditore che, nella maggior parte dei casi, lo percepisce come una minaccia per il suo bagaglio di conoscenze e tende, pertanto, a non utilizzarne fino in fondo le potenzialità. D’altra parte il laureato-masterizzato ha aspettative e ambizioni che difficilmente possono essere soddisfatte con i sistemi di incentivazione esistenti, ed inoltre, a rendergli la vita ancora più dura, intervengono logiche di job enrichementche lo impegnano su attività ai suoi occhi considerate di basso profilo ed alle quali è arduo adattarsi.
E’ facile pertanto intuire le difficoltà che può incontrare il formatore/consulente che voglia veicolare all’interno dell’azienda un tipo di formazione generalista e interdisciplinare rivolta “semplicemente” ad allargare il patrimonio di conoscenze, senza fornire una preparazione specifica su determinati argomenti.
Ma se è vero che la disponibilità genera il bisogno, l’individuazione – e la conseguente realizzazione – di un sistema di formazione in grado di rispondere efficacemente ai bisogni delle imprese, costituisce un grosso passo avanti nel processo di riqualificazione dell’offerta turistica.
Il passo successivo sarà quello di individuare i contenuti ed i soggetti del nuovo prodotto formativo , e questo è compito , non facile, del formatore.
di Valeria Arancio