Impatto Turistico e Ciclo di Vita delle Località

Economia sostenibile

La pressione esercitata dal turismo di massa sulle destinazioni più richieste  dalla domanda internazionale si sta ormai ponendo sul tavolo della discussione economico/istituzionale con peso crescente in funzione del rapido sviluppo dei flussi turistici verificatasi negli ultimi anni.

I termini della questione sono riassunti in poche cifre nel 1992, il gettito d’affari  collegato al turismo aveva già superato i 3.000 miliardi di dollari, pari al 6% della spesa totale per consumi (fonte: Industry  and Envirronment, vol. 15, n. 3 – Programma ambiente delle Nazioni  Unite , 1992). Il ruolo del Turismo  nell’economia degli ultimi 40 anni e, in sostanza, assimilabile a quello della prima rivoluzione industriale avviata in Europa nel XVIII secolo:  agendo sulla stessa scala delle metropoli manifatturiere, il turismo di massa ha dato luogo alla nascita di vere e proprie città delle vacanze e cambiato la destinazione di vaste aree  di territorio con la creazione di importanti reti di comunicazione, influendo non solo sull’economia, ma anche sugli assetti sociali, culturali ed ambientali.

Tutto questo è avvenuto per assecondare la costante crescita del livello di domanda che è attualmente in 450 milioni di arrivi l’anno, una cifra che pone – già ora – la necessità di gestire seri problemi di organizzazione non solo sul piano imprenditoriale, ma anche su quello sociale ed ambientale e pone la questione della “sostenibilità” di questi flussi.

Pur essendo ben chiara a livello istituzionale e di mercato la problematica che deriva da questa prospettiva, essa è stata però affrontata quasi dovunque in modo frammentario non solo per la molteplicità degli interessi  coinvolti, ma anche per la difficoltà oggettiva di definire in modo soddisfacente cosa debba intendersi per pressione turistica accettabile.

Una difficoltà ovvia in funzione delle differenze socioeconomiche ed ambientali talvolta profonde tra le molte aree che, pur essendo “posizionate” in fasce tra loro molto diverse, in chiave di marketing turistico stanno risentendo dei danni derivanti dal sovraffollamento.  Solo per fare un esempio italiano, tanto Venezia che la Sardegna o la costa dell’Emilia e Romagna danno sempre più spesso segnali di superamento del limite di guardia, sebbene presentino un’offerta con caratteristiche completamente disomogenee.

Occorre tuttavia rilevare  che, pur essendo assai  vivo sotto l’angolazione ecologica, il dibattito sembra finora aver lasciato in ombra la connessione esistente tra sovraffollamento e diminuzione della redditività degli investimenti e delle prestazioni turistiche, ciò che costituisce , tra l’altro, uno dei problemi che riguardano più da vicino la scarsa competitività di buona parte dell’offerta italiana sui mercati internazionali.

Viceversa, il problema degli interessi economici che, data la natura, dell’attività turistica, riguarda direttamente la popolazione locale e tutta la collettività, dovrebbe rappresentare la principale chiave di lettura del fenomeno, anche per affrontare i termini del rapporto ambiente/turismo, non solo in considerazione degli aspetti-pur  importanti – della salvaguardia dell’ambiente naturale e antropico.

Già in altre occasioni questa rivista ha cercato di evidenziare l’importanza dell’approccio economico ai temi dell’ambiente: nel fascicolo monografico pubblicato circa un anno fa, venne posta – come fulcro delle riflessioni – l’esigenza di valutare i progetti di intervento non solo in termini di tutela, ma soprattutto in termini di innovazione ambientale, finalizzata al potenziamento dell’attrattività turistica dei luoghi, evidenziando così l’importanza delle ricadute economiche.

Ma il problema dello sviluppo turistico si presenta con una valenza duplice: se nella fase iniziale della valorizzazione di un’area, il potenziamento delle risorse ambientali (in senso lato) può innescare  un processo positivo, ad un certo stadio del suo sviluppo si può avere una rottura dell’equilibrio  tra la potenzialità del contesto ricettivo e il livello delle prestazioni richieste, con una caduta della redditività. E’ questo il fenomeno che autorizza a parlare di una sorta di “ciclo di vita delle destinazioni”, così come esiste un ciclo di vita di prodotti:  questi e quelle, dopo alcune fasi di crescita, non sono più in grado di soddisfare le esigenze della domanda e si avviano verso la decadenza.

Comprendere quindi come, quando e perché si arrivi alla rottura dell’equilibrio può essere molto importante per prevenire il declino economico di una località turistica.

Il problema della connessione tra sovraffollamento e diminuzione della redditività delle prestazioni e degli investimenti turistici, quindi, deve essere indagato con strumenti ad ampio spettro, in grado di analizzare tutte le componenti sociali, produttive e culturali che concorrono alla determinazione del fenomeno turistico.

Ci è sembrato quindi molto interessante ed utile, da questo punto di vista, l’iniziativa della CIT che ha organizzato a Capri, nel novembre scorso, un incontro seminariale per discutere con alcuni esperti e con un gruppo selezionato di giornalisti economici il progetto ECOMOST.

Di che  cosa si tratta?

ECOMOST è l’anacronismo  di Europan Community  Models of SoustainableTourism (Modelli di turismo sostenibile della Comunità Europea), uno studio sollecitato dall’IFTO (l’associazione che riunisce i grandi Tour Operators)  alla U.E. e che è stato realizzato con la collaborazione delle organizzazioni turistiche delle Baleari e dell’Università di Maiorca insieme con la Camera di Commercio e Industria del Dodecanneso.  Si tratta di analisi articolato su una serie di parametri, che consente di misurare il pericolo di declino socio-economico della località di vacanza, di capire se i problemi derivanti dall’impatto turistico siano solo temporanei – e quindi reversibili – o se occorra intervenire con politiche più radicali, in grado di incidere sulla struttura produttiva e sul modello di sviluppo.

Nella elaborazione delle griglie di valutazioni di ECOMOST , la ricerca è stata condotta  su un’area che ha valore quasi simbolico come meta del turismo di massa. Maiorca, sia per la rapidità del suo sviluppo – iniziato  praticamente negli anni ’60 -, sia per i recenti ed evidenti segnali di crisi.

La verifica della “esportabilità del modello” è invece attualmente in corso a Rodi, destinazione che si colloca in una fase di sviluppo meno avanzata rispetto alle Baleari.

Ma il progetto ECOMOST non rappresenta solo un insieme coordinato di tecniche diagnostiche: si qualifica soprattutto come studio utile per definire gli interventi, per progettare, quando occorra, una revisione del sistema turistico locale, indicando le linee di intervento più adeguate. Ciò, soprattutto per impedire che la crescita tumultuosa dei flussi turistici prevista per la fine del decennio possa trasformarsi, da opportunità positiva, in un percorso critico non solo per l’equilibrio socio-culturale e ambientale, ma soprattutto per l’economia.  Ben sapendo che l’implicazione degli aspetti economici costituisce il deterrente più immediato, la motivazione più concreta delle politiche di intervento. (Come ha dimostrato la riviera emiliano-romagnola quando ha riprogettato il suo modello turistico)

Ecco perché l’iniziativa della CIT ci è sembrata particolarmente importanti per un paese come l’Italia che tende a diffondere e ad omologare, su tutto il territorio, un modello di sviluppo turistico che potrebbe mostrare segni di decadenza prima di quanto non si pensi. E’ forse ha già cominciato a mostrarli.

Nelle Baleari, dove il modello ECOMOST  è stato elaborato, si è già dato avvio ad una politica di grande respiro – di cui rendiamo conto nel riquadro – della pagina seguente – e probabilmente anche a Rodi, nel Dodecanneso, sarà realizzato qualcosa di analogo.

Sarebbe auspicabile che anche nel nostro Paese ci si renda conto dei problemi della sostenibilità dello sviluppo turistico, non solo su sollecitazione delle meritorie argomentazioni delle associazioni ambientaliste che ottengono, in genere, risposte ispirate alla retorica delle buone intenzioni, ma non hanno determinato – finora – una revisione delle impostazioni politiche e delle strategie economiche.

Come abbiamo scritto altre volte, alle nobili ragioni dell’ecologia preferiamo le più prosaiche e fredde ragioni dell’economia. E’ molto più probabile che siano le seconde ad essere prese in considerazione e non le prime, per quanto convincenti, per quanto suggestive.

VERSO UIN NUOVO MODELLO DI OSPITALITA   –  BALEARI: POLITICA DEL TURISMO E STRATEGIA AMBIENTALE

Negli anni ’80, il Governo locale dell’arcipelago e gli operatori privati constatarono che il modello turistico delle Baleari era ormai arrivato al massimo  della sua espansione poiché  le risorse naturali delle isole esigevano di mettere freno all’aumento quantitativo, per concentrare gli sforzi sugli aspetti qualitativi. Allo stesso tempo si constatava che il “modello balneare” era stato copiato mimeticamente da molti paese del Nord Africa e da altre località turistiche europee mediterranee, dai Caraibi e dall’Estremo Oriente. Le Baleari, del resto, non possono competere sul territorio della  esoticità con questi paesi perché rappresentano una destinazione ben conosciuta dalla maggior parte della clientela media europea:  per questa ragione, decidono di creare un “nuovo modello” nel quale i fattori più rilevanti sono:  migliori infrastrutture, migliori servizi, maggiore professionalità e contesto più vivibile e protetto.

LA SECONDA RIVOLUZIONE TURISTICA

Con lo sguardo  rivolto al turismo del secolo XXI, le Baleari sanno che la concorrenza turistica si vince sul terreno della qualità dei servizi. Comincia così quella che alcuni osservatori hanno definito come “la rivoluzione della qualità totale”, attraverso cui coinvolgere tutta la popolazione delle isole e tutti i settori turistici  (agenzie, trasporti, alberghi, località turistiche, attrattive naturali, formazione professionale, università e pubblico in generale), partendo dalla constatazione che il Prodotto  Interno Lordo delle Baleari dipende – quasi al 90% – dall’industria del turismo. Comincia così una politica basata su una serie di investimenti, provvedimenti legislativi e campagne promozionali al fine di realizzare una differenziazione  e sviluppo delle competitività incentrata  sulla qualità dell’ambiente e dei servizi”.

Riassumendo, queste sono alcune delle iniziative adottate:

  • Progetto di miglioramento infrastrutturale delle aeree

Lo scopo di questo progetto è stato quello di migliorare, umanizzare, abbellire e dotare di infrastrutture civili adeguate i centri urbani turistici, con aree pedonali, passeggiate a mare, piazze, zone verdi, arredo urbano, illuminazione, Il secondo “Progetto di Miglioramento” è già in atto dal 1994.

  • Progetto di riqualificazione della ricettività e dell’offerta turistica complementare

Implica che tutti gli  edifici destinati ad alloggio turistico, costruiti prima del 1984, dovranno essere sottoposti a una ispezione tecnica per vedere se hanno bisogno di rinnovare gli impianti per adeguarsi ai “requisiti di qualità” della nuova offerta: interessa 1.200 edifici e circa 200.000 posti letto, tanto di alberghi che di appartamenti . L’ispezione che viene condotta è molto accurata soprattutto quanto a sicurezza, prevenzione  incendi, qualità dei servizi, arredi e norme di igiene alimentare. I lavori di riqualificazione decisi dalla Commissione tecnica dovranno essere realizzati in un termine massimo di tre anni e gli alberghi che non si metteranno in regola dovranno uscire dal mercato, perché ad essi non sarà rinnovata la licenza di esercizio. Per quanto riguarda i servizi complementari, l’obbiettivo è quello di migliorare la competitività e la qualità dei ristoranti, bar e locali pubblici: il termine per adeguarsi alla nuova normativa è di due anni. L’ammodernamento sarà obbligatorio per poter esercitare l’attività.

  • Nuove realizzazioni

Il Governo locale delle Isole ha varato il ”Decreto Cladera”e la “Ley de Ordenaciòn de EstablecimientosHotleros y AlojamientosTuristicos”, che impone una serie di requisiti minimi per la costruzione di nuovo alberghi e appartamenti per l’alta categoria, ad esempio, occorrerà rispettare il parametro di 120 metri quadrati di superficie per ogni nuovo posto letto, oltre a impianti sportivi, piscine, solarium, aree verdi.

  • Progetto di risanamento integrale delle Baleari

Affinché  tutta l’acqua che si riversa in mare passi per un procedimento biologico che elimini l’inquinamento è stato creato nel 1989 l’Instituto Balear de Sancamiento. Fra il 1989 e il 1993 è stata realizzata una  rete di 43 depuratori – tutti in funzione – che sono in grado di servire una popolazione di 770.000 utenti, cifra superiore al numero dei residenti nelle Baleari.

Nel periodo 1994-1999 gli stanziamenti verranno destinati alla terza fase del trattamento per poter riutilizzare le acque depurate.

Oggi le Baleari non versano in mare nemmeno un litro d’acqua non depurata e, grazie a questo, la U.E. ha riconosciuto che essa è la regione europea con maggior numero di bandiere azzurre in porti e spiagge.

  • Legge degli spazi naturali

La legislazione in vigore ha protetto il 40% del territorio delle Baleari (46 zone di Maiorca, 19 di Minorca, 9di Ibiza, 8 di Formentera e tutto il sotto arcipelago di Cabrera, oltre tutte le isole, isolotti e faraglioni) preservando  il terreno e le sue risorse, la flora e la fauna, così come i valori paesaggistici, storici e culturali: l’ambiente, cioè, inteso nella sua accezione più ampia.

  • Progetto di ordinamento dell’offerta turistica.

Approvato recentemente dal Governo delle Isole Baleari, è entrato in vigore nell’anno ’94. Vuole migliorare le zone turistiche con una cintura verde che ne eviti lo sviluppo incontrollato. Prevede la demolizione di edifici vetusti per creare nuove aree senza cemento. Inoltre prevede anche l’uso nazionale delle risorse non rinnovabili, stabilendo anche standards molto elevati per la dotazione e la qualità delle infrastrutture.

Di G.F.

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