Il turismo verde nell’immagine globale della regione

L’esperienza toscana

Anche per dare un respiro più ampio ad alcune considerazioni i merito alle modalità dell’approccio con cui la Regione Toscana si raccorda al progetto APE, è necessario rifarsi all’esperienza rappresentata dalla Prima Conferenza Nazionale sulle Aree Protette.

Uno dei significati che possono attribuirsi a questa Conferenza, che ha indubbiamente costituto la prima,importante occasione di confronto sul tema complessivo, ad ogni livello, sta soprattutto nell’aver sottolineato il ruolo fondamentale in prospettiva, ma anche la contemporanea assenza, del “sistema”come linea guida per la politica delle aree protette; in altri termini, la Conferenza stessa, in quanto a concreti riferimenti di sistema, ha portato ad appurare che, mancando determinati presupposti di base, a livello nazionale, come pure a livello interregionale, regione e locale, ci si trova oggi ancora nella fase di idee, delle buone intenzioni, delle enunciazioni, nell’aspettativa di qualcosa che è ancora tutta da ricostruire, prima ancora, da definire; mancano infatti i riferimenti complessivi di tipo territoriali ed ambientali indicati dalla legge – la carta della natura e le conseguenti linee d’assetto, mancano di fatto le interconnessioni tra le componenti del sistema,rappresentate dalle varie tipologie di aeree protette; così come manca il raccordo tra le competenze istituzionali in materia,rispettivamente attribuite allo Stato, alle Regioni e agli Enti Locali.

Un ultimo aspetto, anch’esso determinante, riguarda, nell’ottica del sistema, l’integrazione tra la politica delle aree protette e le altre politiche di intervento sul territorio e sull’ambiente, ivi compreso il turismo: è ancora da consolidarsi ed estendersi la consapevolezza di quel concetto, enunciato negli articoli 7 e 14 della legge quadro, sulla promozione e incentivazione dello sviluppo economico e sociale, in virtù del quale gli investimenti all’interno delle aeree protette devono considerarsi prioritari agli effetti delle risorse da rendere disponibili.

Il programma triennale di tutela ambientale ’94-’96, recependo questo principio, disponeva che almeno il 20% delle risorse trasferite dallo Stato alle Regioni dovesse essere collocato in un’area protetta; successivamente sembra si sia perso di vista il significato e la valenza di questo importante enunciazione, mentre, ora più che mai, se ne rende opportuno il recupero quale presupposto di base per la credibilità del sistema della aree protette attraverso il suo raccordo con le altre politiche di sistema.
Sempre la Conferenza ha pienamente confermato che il turismo, per il suo effetto-rete e per la sua funzionalità e sostenibilità, agli effetti del corretto uso delle risorse ambientali, può rappresentare un valido strumento nella costruzione e nella visibilità del sistema delle aree protette nel quadro nazionale, regionale e locale.

Passando ora a trattare, in modo specifico,dell’esperienza in Toscana, il fatto stesso che questa regione occupi attualmente il secondo posto in Italia in quanto a sviluppo turistico, rende estremamente significativi i riferimenti offerti; proprio alcuni aspetti di questa esperienza vale la pena ricordare brevemente,perché servono a collocare la regione nel disegno complessivo di APE ed a chiarire come, all’interno di questo progetto ed a partire dalle aree protette, il turismo possa rappresentare in generale un fattore di promozione di peso indiscutibile e strategicamente irrinunciabile.

Il rinnovamento dell’offerta regionale

A tale proposito, i fatti nella nostra regione dimostrano, da un po’ di tempo a questa parte, come, per mantenere il proprio posto nel mercato, l’offerta turistica toscana deve continuamente rinnovarsi, inventando, anno per anno, qualcosa di nuovo per conservare e migliorare quei traguardi di qualità, che rappresentano oggi quasi una permanente condanna, in una sfida a cui non ci si può più sottrarre.
Si ha modo, inoltre, di constatare che, per evitare il congestionamento attuale e l’autodistruzione incombente dei poli del turismo tradizionale, questo continuo impegno verso i nuovi e più avanzati traguardi deve accompagnarsi alla capacità di individuare alternative valide e mete almeno complementari a quelle rappresentate soprattutto dalle città d’arte e dai centri balneari.

E’ sempre l’esperienza, ormai diffusa estensivamente su tutto il territorio regionale, che ci dimostra quanto il turismo verde “tira”, con i risultati estremamente significativi; per averne un’idea basta
pensare allo sviluppo in atto, nel giro di pochi anni, del settore dell’agriturismo e del turismo rurale; ed è proprio all’interno di questo tipo di turismo, in cui le aree protette stanno emergendo come nuovi poli di eccellenza,di specializzazione e di qualificazione dell’offerta, che l’Appennino, con le sue potenzialità ancora impresse, può e deve trovare il giusto spazio, costituendo, nel suo complesso, quel “qualcosa di nuovo” utile anche per l’offerta turistica.
In questo panorama APE ed il turismo in APE, rappresentano, anche per la Toscana, la grande occasione per verificare la possibilità di passare finalmente dalle parole ai fatti nella costruzione del sistema complessivo delle aree protette dell’Appennino e per avviare la sua integrazione con le altre politiche di sistema a partire, appunto dal turismo: è in questo senso che, tra l’altro, la Regione ha sottoscritto nel maggio ’97 un’intesa tra le cinque Regioni d’Italia centrale.

Le tipologie di aerea protetta

Ma per meglio comprendere le ragioni di questa adesione all’iniziativa partita dalla Regione Abruzzo, occorre tener presente due ordini di considerazioni. In primo luogo, nell’arco appenninico che riguarda il nostro territorio regionale, esistono praticamente tutte le tipologie di area protetta, dai parchi alle riserve, alle aree protette di interesse locale, con responsabilità gestionali affidate ad Enti regionali e statali, alle Province, ai Comuni. Disponiamo dunque di una serie di punti di riferimento di grande rilevanza, non solo teorica, dal momento che alcune di queste aree vantano ormai più anni di esperienza operativa ed esprimono un’offerta turistica di una certa intensità durante tutto l’anno.

Ma a questa prima considerazione, in positivo, sulla disponibilità di casi su cui operare, per attivare APE, deve seguire una seconda, che implica invece un riferimento di tipo negativo e contraddittorio, attinente al dibattito spesso conflittuale sempre aperto in sede locale, con i riferimenti anche all’attività turistica: si tratta di manifestazioni di apprensione, allarme, dissenso riferiti all’effetto conseguente alla aree protette; tutti atteggiamenti sterili, basati perlopiù sui soliti luoghi comuni e su genericità, che confinano tale dibattito nell’astrazione, piuttosto che portare ad esiti costruttivi.
Ma il paradosso sta nel fatto che, nel persistere del dissenso, crescono anche le aspettative, spesso altrettanto immotivate e miracolistiche ma sempre riguardanti le possibile ricadute economiche; il che costringe contemporaneamente a contrastare l’opposizione ed il rifiuto ed insieme a dover frenare gli entusiasmi di chi nella legge quadro sulle aree protette vede una sorta di finanziaria, rimedia a tutti i mali. In realtà la pioggia di miliardi, periodicamente annunciata dai giornali, sulle aree protette serve solo ad alimentare la confusione, creando, tra l’altro, fastidiose azioni di disturbo alla ricerca di soluzioni al concreto dei problemi, tramite proposte e progetti su cui concentrare l’impegno e la spesa.

Ecco allora che torna per la Toscana in senso del progetto APE, quale occasione per riportare il dibattito su temi reali, nella giusta dimensione, con le argomentazioni dovute, con gli interlocutori giusti; certo è che APE non deve essere illusione, o meglio elusione o astrazione della realtà, ma piuttosto occasione di rilancio di politiche complessive a partire da quella sulla montagna, sulla difesa del suolo, sul mantenimento delle infrastrutture, dei servizi e presidi civili.

Naturalmente, occorre anche predisporre ed accettare le condizioni per un giusto inserimento della esperienza di ogni regione nel disegno complessivo di APE: dare e chiedere garanzie perché, all’interno di APE,siano difese e, se possibile, esaltate le identità e specificità delle singole aree protette, in quanto effettivi poli di eccellenza, assegnando il giusto peso alle esperienze in atto, alle prospettive in costruzioni, alle potenzialità delle varie tipologie e competenze istituzionali impegnate sul campo.
E’ inevitabile che tutto questo indurrà a riflettere sull’attuale composizione e gestione dell’Elenco ufficiale delle aree protette che assomiglia ormai sempre più ad un contenitore fin troppo ampio, dove si può trovare di tutto; anche sotto questo profilo APE può essere l’occasione per riportare il discorso sulla definizione di un sistema che non è solo sommatoria o semplice assemblaggio di casi, spesso disparati se non, addirittura, tra loro incongruenti.

Le aree contigue

Bisognerà poi trovarsi d’accordo anche sul ruolo delle aree contigue, grande novità della legge quadro, da rapportare al sistema quale connettivo tra i poli costituiti dalle singole aree protette. Non
vi è dubbio infatti che le aree contigue contribuiscono a materializzare l’effetto-rete sul territorio raccordando i singoli poli tra loro ma anche con il resto del mondo. Tuttavia ciò presuppone che le aeree contigue vengano intese non, come spesso accade, quale estensione del vincolo oltre il confine dell’aerea protetta, ma siano strumento per l’ottimizzazione di ricadute positive dell’area protetta verso l’esterno.

Fermo restando che quanto detto finora,anche se riferito alle aree protette come sistema, riguarda implicitamente anche il turismo ad esse strettamente collegate, tornando direttamente al turismo quale funzione preminente all’interno di APE, vale la pena soffermarsi, sempre da un punto d’osservazione toscano, su tre temi, che in differenti direzioni, per le aree protette dell’Appennino acquistano uno stesso significato particolare in quanto, se affrontati e sviluppati, potrebbero costituire occasione immediata per materializzare, usando il turismo, l’effetto APE quale effetto di sistema.

Il primo tema riguarda le sinergie nel rapporto pubblico/privato per quanto riguarda il coinvolgimento di quel poco che resta della popolazione di montagna a presidio permanente degli assetti locali. Nella gestione del Regolamento U.E. N. 2081/93, ad esempio, ci siamo resi conto che un’apposita misura a sostegno dell’intervento privato in area protetta non è stata utilizzata al meglio
delle disponibilità e delle funzionalità per cui era stata programmata. L’operatore privato, infatti, sa,
tutto, o crede di conoscere tutto, sul vincolo e sull’intralcio che gli può derivare dall’area protetta, ma, al momento di operare in positivo, poco o nulla è preparato a giovarsi delle opportunità
ad esse riservate e da esse derivanti. A questa carenza di informazione, o meglio di educazione sulle aree protette occorre ovviamente utilizzando strumenti appositi, pensiamo al piano di sviluppo economico e sociale, per far comprendere al privato i vantaggi che può conseguire nel qualificare la propria iniziativa raccordandola con quella dell’area protetta.

Il secondo tema riguarda la necessità di un’adeguata considerazione del ruolo reciproco che possono assumere in montagna il demanio pubblico e la strutturazione del turismo. In Toscana, come nelle altre Regioni dell’appennino, esiste un’estensione di demani, in localizzazione strategica, che non si identifica solo in pascoli e boschi, ma anche di patrimonio edilizio il cui valore è, oltre che economico, soprattutto storico, artistico e paesaggistico. Il problema oggi prospettato da tali valori è quello di assicurare loro conservazione ed insieme utilizzazione: attualmente soltanto il turismo, ma soprattutto il turismo organizzato in forma sostenibile, con le garanzie dell’area protetta, può offrire prospettive ragionevoli per il contestuale, rigoroso raggiungimento dei due obiettivi. Nello stesso tempo l’entità e la qualità espressa dal demanio, nella sua collocazione, costituisce un non trascurabile vantaggio ed una disponibilità concreta agli effetti della promozione ed incentivazione delle forme di turismo più vario.

Il tema della mobilità

Un ultimo accenno merita infine il tema della mobilità, anzi dell’accessibilità alla montagna ed in particolare alle aeree protette di montagna, per i residenti e gli occupati, ma anche per i flussi turistici. Ma se, al proposito, il discorso sulla viabilità e sulla quella tipologia di percorsi in altri paesi chiamati strade-parco ci porterebbe troppo in là nel fantastico e nel futuribile, il parlare di ferrovie – magari a bassa velocità – paradossalmente trova in Toscana un fondamento di realismo non trascurabile, solo che si abbandoni per un attimo la pregiudiziale sui così detti “rami secchi”.
Quali percorsi di valico o collegamenti tra i bacini intermontani esistono oggi nella nostra regione una serie di linee ferroviarie minori – in Lunigiana, in Garfagnana, nell’Appennino Pistoiese, nel Mugello, nel Cosentino – non da riattivare, piuttosto da gestire e funzionalizzare per un’utenza collegata anche, in ogni stagione, con la corretta accessibilità alle aree protette: immediatamente, in Toscana, un parco nazionale (forse due), un parco regionale, varie riserve ed aree protette di interesse locale; domani il sistema complessivo interregionale rappresentato da APE.
E’ questo un discorso che non sto improvvisando, ma che si sta sviluppando nel quadro nazionale, a cui la Toscana guarda con estremo interesse; c’è solo da sperare che il Programma stralcio di tutela ambientale per il ’99, del Ministero dell’Ambiente, con i primi finanziamenti possa aprire una fase operativa, di approfondimento e di verifica,riguardante, speriamo, anche la nostra regione.

Per concludere, con gli aspetti ovvi quanto schematici fin qui proposti,l’attenzione dovrebbe essere stata richiamata su cosa APE può rappresentare per le aree protette ed, insieme, per il turismo; non resta che cominciare ad operare; anzi forse si è già cominciata questa nuova esperienza con un’intesa tra Regione Toscana e Regione Emilia Romagna per lo sviluppo del turismo nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi; l’estensione di tale indirizzo di settore ad altre aree protette dell’Italia centrale è sempre possibile utilizzando l’intesa-quadro in atto ricordata ed un patto territoriale già avviato.
Un ultimo accenno va fatto ad un nuovo Parco Nazionale alla cui definizione si sta lavorando sui due versanti dell’Appennino Tosco Emiliano, in base ad una recente legge dello Stato che allunga con nuove localizzazioni la lista delle aree protette statali da istituire. Dal nostro punto di vista, ed è quello che chiediamo al Ministero, questa nuova esperienza non deve significare solo una percentuale che aumenta di territorio nazionale protetto né una voce in più dell’Elenco ufficiale, ma piuttosto rappresenta la costruzione di un pezzo di APE: un esperimento, meglio un laboratorio, per chiarire i termini e le modalità della formazione del sistema nazionale delle aree protette e della partecipazione ad esso di Regioni ed Enti locali, attraverso APE, rilanciando nel contempo la questione della montagna, e del turismo di montagna, quale politica di integrazione.

di Antonello Nuzzo
Servizio Aree Protette
Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Toscana

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