Le modificazioni che negli ultimi cinque anni hanno cambiato il volto ed il ruolo dell’Europa dell’Est, a cominciare da Ungheria e Polonia nel 1989 fino a Bulgaria e Romania nel 1990, hanno creato una serie di polemiche su tutti i punti, primo fra tutti il processo di apertura di un’economia da fortemente centralizzata ad una società dominata dalla libera concorrenza e dal mercato: uno choc di struttura che richiederà anni per incanalare energie e risorse nel senso dello sviluppo, come è inteso dalla società occidentale.
Più di qualsiasi altro settore di osservazione, quello turistico, e particolarmente quello dei viaggi di outgoingevidenza gli effetti del “centralismo” dello sviluppo prodottosi nel passato in questi Paesi; il 95% dei potenziali turisti “internazionali” era confinato negli stessi Paesi del Blocco Orientale: viaggiare fuori queste frontiere era praticamente impossibile, soprattutto a causa di restrizioni burocratiche e di problemi legati al potere di acquisto e di cambio delle valute.
Ora, che le riforme avviate possano avere effetti positivi immediati è ancora più un desiderio che una realtà, perché lo sviluppo che si va comunque registrando, data la base di partenza, non ha gli stessi ritmi dappertutto e perché l’implementazione di riforme istituzionali su impianti socioeconomici collaudati in senso dirigistico presenta barriere quasi impenetrabili. L’evoluzione può comunque avvenire solo attraverso la creazione di “spazi integrati” per la libera circolazione di un mercato finanziario realmente funzionante. Ci vorranno quindi tempi ragionevoli per realizzare questi obiettivi, come ci sono voluti, negli ultimi cinquant’anni, tempi adeguati per la costruzione dell’Unione Europea. Ma a nessuno sfugge che lo sviluppo nel turismo, in senso spaziale e temporale, dipende solo ed esclusivamente dalla soluzione di questi problemi.
Tutto ciò è stato evidenziato con molta efficacia da uno studio effettuato dall’Istituto II° K di Monaco di Baviera, per conto della XXIII Direzione Generale della Commissione delle Comunità Europee, sulle nuove democrazie dell’Europa Centro-Orientale. Da tale ricerca si può trarre una valutazione della potenzialità di sviluppo per quanto-qualitativa della domanda “turistica” “incoming” e “outgoing”, basata su cinque categorie oggetto di analisi:
- struttura dei flussi turistici e relativa direttrice (incoming-outgoing);
- enucleazione delle relative motivazioni di viaggio;
- estrapolazione dei possibili ostacoli allo sviluppo:
- individuazione delle tendenze di sviluppo a medio e lungo termine;
- possibilità di sviluppo in ordine allo scambio di domanda turistica ovest-est e viceversa.
Da qualche tempo si registra, a livello di suppliers italiani, una certa euforia nei confronti della espandibilità del “prodotto turistico Italia” nei mercati dell’Est, euforia che può slittare in perplessità e delusioni ( a torto) , in quanto si è portati a ritenere che l’elasticità del mercato orientale possa fare perno sull’ansia di libertà di movimento, più che sulla riconversione della cultura dei mezzi di produzione della ricchezza o del benessere in generale. Era certamente un’impressione comprensibile un paio di anni fa: allo stato attuale –
E soprattutto nel medio periodo – l’approccio deve essere di tipo diverso, anche perché il “mercato” si va componendo, seppure per linee disomogenee, incalzando dalle urgenze del ricompattamento sociale ed economico, grazie al quale eludere le insidie che sono sfociate in guerra civile nell’ex-Jugoslavia. Lo studio dell’II° K è quindi una miniera di raffronti , approfondimenti e analisi delle tendenze, la cui conoscenza da parte dei suppliers italiani interessati alla domanda turistica centrorientale europea può fornire utili indicazioni, soprattutto a livello di micromarketing aziendale, in sede di apertura e di contatti in tale direzione.
Appare utile, quindi, sintetizzare i dati relativi outgoing ed i riflessi sul traffico verso l’Italia, anche in termini di prospettiva, rinviando – per gli approfondimenti – a EUR-OP, OFFICE FOR OFFICIAL PUBLICATIONS OF THE E.C.,2 rue Mercier, L. 2985 Luxembourg, tel. 00352-499281. Prezzo ECU 37,000, citando “Tourism Customers in Central and Eastern Europe –Perspectives of Development” (Document 1993).
Ai fini dell’intestazione dei documenti, va osservato che per “Europa Occidentale” si intendono I 12 Paesi tradizionali più I 7 dell’EFTA e che per “Europa Centro-Orientale” vanno intese Polonia, Cechia, Slovacchia Ungheria,Romania e Bulgaria. Sono esclusi, in quanto tali, i nuovi Stati sorti dalla decomposizione dell’ex-Jugoslavia, l’Austria, la Russia, l’Ucraina ed i Paesi Baltici.
Così disegnata, l’Europa Centrorientale riguarda i comportamenti di consumo turistico di 120 milioni di abitanti, di cui 38 in Polonia, 24 in Romania, 10 in Cechia, 6 in Slovacchia, 11 in Ungheria e 9 in Bulgaria.
Fin dall’apertura (1989) del “blocco” orientale, si sono verificati in Europa dell’Est cambiamenti sostanziali, tra i quali il passaggio alla democrazia di tipo occidentale, dell’economia pianificata all’economia di mercato, dal circolo chiuso ai sistemi aperti; è chiaro che lo sviluppo del turismo outgoing dipende proprio dalla situazione più o meno accelerata di questi aspetti.
Tutti gli osservatori sono concordi nell’affermare che, a parte l’offerta di beni alimentari, la situazione è molto difficile nel campo sanitario, dell’edilizia, della trasformazione, dei servizi pubblici. E – malgrado la fiducia – quasi tutti gli esperti prevedono un’ulteriore diminuzione del tasso si sviluppo economico. Il che non agevola, salvo che nei desideri e nelle aspettative legittime, le prospettive di incremento del turismo outgoing come si era portati a confidare nel momento di massima euforia. Ciò nonostante i cittadini europei dell’Est realizzano (1990) circa 33 milioni di viaggi outgoing, ad un tasso di 0,33 viaggi pro-capite. In effetti solo il 7% degli europei dell’Est può oggi permettersi una vacanza all’estero. Come vedremo meglio in seguito, i Paesi più promettenti , anche per l’Italia, sono l’Ungheria e la Cechia, seguiti da Slovacchia e Polonia.
Le destinazioni di vacane outgoing già nel 1990 facevano registrare una radicale inversione rispetto a cinque anni prima: il 59% dei viaggi si indirizzavano verso l’Europa Occidentale (CEE ed EFTA) e solo il 41% verso l’Europa Orientale. Quest’ultima scelta è come nel passato, dettata dalla più facile accessibilità delle località turistiche in termini spaziali, temporali e tariffari. I Paesi più visitati all’ovest sono la Germania e l’Austria: i Paesi preferiti dagli occidentali (Spagna, Francia, Italia) fanno ancora fatica ad affermarsi presso gli europei orientali. Le quote di mercato sono le seguenti (1990): Germania (21%), Austria (18%), Ungheria(10%), Italia (9%), Russia (7%), Turchia (7%), Grecia (5%), Francia(4%). L’Italia , comunque, con la sua quota del 9%, è il terzo Paese occidentale preferito, dopo Germania e Austria.
La mutazione epocale verificatasi nell’Est Europeo suggerisce quindi di guardare allo sviluppo della domanda turistica est-ovest in termini di maggiore consapevolezza del fatto che, per dispiegarsi, deve fare riferimento al raggiungimento di migliori condizioni di vita delle comunità locali, all’interno delle rispettive realtà socio-economiche, e che solo dopo la maturazione del flusso ovest-est sarà possibile pensare ragionevolmente a stimolare la domanda locale verso l’estero, e verso l’Italia in particolare. A parte tipologie specifiche di domanda turistica outgoing (affari, religione, fiere, conventions, stages, ecc.), il “turismo” verso l’Italia dai Paesi Orientali potrà acquistare significanza qualitativa e quantitativa solo quando i singoli consumatori special –interest sapranno cosa vuol dire realmente “fare turismo” (in termini di valenza politica, ambientale, reddituale, sanitaria, di riposo, ecc.) . Quando saranno entrati concretamente nel pensare comune, cioè, i “moduli turistici” di massa che nella restante parte dell’Europa Occidentale hanno impiegato tempi abbastanza lunghi per affermarsi.
Infatti malgrado ci sia la consapevolezza delle difficoltà di struttura nelle società interessate, aumenta e si diversifica il ventaglio delle destinazioni più ambite in Europa Occidentale. Dal 7% del 1990 si passa al 30% nel 1994: il che vuol dire una previsione di 37 milioni di visitatori potenziali delle destinazioni dell’Europa Occidentale quest’anno. Si tratta ovviamente di “intenzioni di viaggio” più che di “prenotazioni” di viaggi: tuttavia, il dato è indicativo, soprattutto per l’Italia.
Comunque, per molti anni ancora la “bilancia” turistica peserà, prima di stabilizzarsi, in favore dell’incoming nei Paesi dell’Est Europa. L’interscambio crescerà a tassi più lenti per quanto riguarda l’outgoing, anche se i livelli già raggiunti erano assolutamente imprevedibili cinque anni fa. I motivi sono molteplici e meritano attenta considerazione: scarso potere di acquisto delle valute locali, difficoltà di realizzare in loco politiche ambientali, carenza del “concetto” turismo, insufficienza dell’immagine turistica, mancanza di pubblicità, mancanza di organizzazione pubblica del turismo a livello regionale e locale, insufficienti agevolazioni per i trasporti, insufficienza di strutture, gastronomia “sommaria”, scarsissime occasioni di intrattenimento, servizi turistici scarsi, telecomunicazioni carenti, insufficiente corso legale delle monete, know-how turistico ancora da elaborare, mercato dei capitali debole, inesistenza di cooperazione sul piano dell’ambiente, difficoltoso processo di privatizzazione, persistenza della guerra civile nella ex-Jugoslavia, inesistenza di prodotti innovativi, mancanza di studi di mercato.
Queste ragioni costituiscono obiettivamente un ostacolo allo sviluppo dell’interscambio turistico est-ovest Europa, tanto che la stessa CEE si è resa conto dell’opportunità – in vista dell’auspicata apertura in tempi ravvicinati dell’est verso ovest – di sostenere una serie di programmi che favoriscano la crescita “interna” del “turismo” nei Paesi dell’Est, a cominciare dal livello psicologico e dalla disponibilità delle popolazioni. Questa stessa crescita infatti stimolerà le popolazioni interessate alla “integrazione di identità” , a condividere la gestione di politiche dell’ospitalità, a beneficiare delle stesse e, successivamente, a sperimentare i benefici recandosi all’estero.
Una ulteriore precisazione può risultare utile in tal senso: innanzitutto l’accoglienza, o meglio la disponibilità psicologica all’accoglienza; poi, il necessario bagaglio di conoscenza professionale per gli addetti ai servizi (alberghi, ristoranti, agenzie di viaggi, trasporti, guide, ecc.)da acquisire con un training diretto all’estero, e particolarmente nei mercati da “interscambiare”; infine , la produzione creativa di advertising con sponsorizzazioni multinazionali, il disegno di un programma di macro-marketing pubblico (Enti Nazionali per il Turismo) e la concezione creativa di prospetti, brochures, shell-folders, cataloghi.
A loro volta i Paesi dell’Ovest, in questa fase assai delicata per l’interscambio, cioè per stimolare più da vicino i mercati dell’est ad aprirsi verso l’ovest, stanno già attuando – a livello CEE, in prima battuta – programmi di vacanze “non sussidiate”, ma concretamente a basso costo; nei confronti delle famiglie e degli adulti (“Europe for ten ECU a day”, “Ten ECU bed breakfast holiday offensive”, “Camping Offensive Staìrategy”, “EC Rail Road Holiday Pass”); nei confronti del supporto organizzativo e gestionale (trasferimento e applicazioni di know-how tecnologico nelle prenotazioni, gestioni back-office e front-office. Cooperazione tra operatori interessati, ecc.) e degli investimenti strategici; nei confronti degli imprenditori dell’est (manuali di offerta, produzione di servizi, computerizzazione delle prenotazioni e interconnessione con l’ovest); nei confronti dell’armonizzazione del diritto di impresa turistica (sviluppo del concetto turistico “nazionale”, della riforma legislativa); nei confronti del monitoraggio dei flussi turistici nei due sensi con l’interscambio di sistemi di trattamento dati.
Tra l’altro, lo stesso “Rapporto” della Commissione della CEE del 16 aprile 1994 sulle azioni comunitarie nel settore del turismo negli ultimi tre anni evidenzia gli sforzi di compartecipazione della CEE con i Paesi dell’Est in questi settori, nell’ambito di un apposito programma istituito nel 1989 e denominato PHARE. Questo programma definisce l’esistenza economica e tecnica in favore dei Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale e precisamente Albania, Bulgaria Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovena, Polonia, Ungheria. Finora tuttavia il sostegno finanziario e tecnico ha riguardato la Polonia, la Romania, la Slovenia e gli Stati Baltici con 500 milioni di ECU nel 1990, 785 nel 1991, 1.015 nel 1992 e 1.005 nel 1993, coprendo diversi settori dall’ambiente ai trasporti, dall’energia alla ristrutturazione delle imprese, dal settore sociale alle infrastrutture pubbliche ed amministrative.
Con il concorso ovviamente anche dell’Italia. Che tuttavia, nella logica del mercato, ha concretamente saggiato, prima di altri, gli effetti di questo tipo di assistenza CEE nei confronti delle centrali dell’aggregazione della domanda turistica dell’est verso l’ovest. L’ENIT, per esempio, realizza da due anni una importante iniziativa nell’ambito del “Meeting dell’amicizia tra i popoli”: il Business Opportunities Workshop, una borsa specializzata durante la quale si incontrano suppliers italiani e buyers dei Paesi dell’EST, con un successo di presenze e di contatti che è andato oltre le aspettative.
E, soprattutto nell’edizione di quest’anno, si è notato che l’interscambio turistico non avviene a senso unico. Cominciano ad essere significativi, infatti, i flussi di visitatori provenienti dall’est ed appaiono interessanti (ed in un certo senso sorprendenti) le capacità di spesa dimostrate dai cittadini di quei paesi, soprattutto nell’acquisto di beni di largo consumo. Per questo motivo diventa sempre più importante conoscere più a fondo le direttrici lungo le quali questi flussi si stanno indirizzando, le prospettive a breve e a medio termine; e ciò si sta realizzando attraverso educational trips ed altre iniziative egregiamente organizzate dalla Delegazione ENIT di Vienna.
Le premesse per ulteriori sviluppi, dunque, ci sono tutte: la garanzia di successo, in tempi medio-lunghi, è tutta da esplorare
di Franco Demarinis