Servizi a terra negli aeroporti e competizioni tra le gate-way delle grandi città
Gli scali di Roma e di Milano non adottano la normativa comunitaria su servizi a terra
Tariffe poco competitive rispetto agli altri scali internazionali
I dati sul traffico aereo premiano le gestioni aeroportuali più dinamiche: i successi dello scalo bolognese
Arrivare con le carte in regola all’appuntamento con la deregulation
I mesi scorsi saranno ricordati come “la stagione nera” per le due maggiori società di gestione aeroportuali operanti in Italia: Aeroporti di Roma e SEA milanese hanno infatti ricevuto l’ultimatum da parte della Commissione Antitrust perché pongano fine al monopolio dei servizi di assistenza a terra, ovvero al “groundhanalding” che comprende le operazioni di assistenza a passeggeri, bagagli, merci, velivoli. Nonostante le normative comunitarie in tema di liberalizzazione nel settore del trasporto aereo e le sanzioni economiche già imposte dalla Commissione di Garanzia (il 17 marzo 1993 è stata inflitta agli operatori di Roma una multa di 1,8 miliardi), a tutt’oggi la situazione negli aeroporti di Roma e Milano, per quanto attiene ai servizi di terra, è ancora in una fase di quasi totale monopolio.
Timidamente qualche vettore aereo – come la United Airlines – ha iniziato dal 2 maggio a gestire in proprio alcuni servizi secondo la regola di “autoproduzione”, ma siamo ben lontani dalla situazione degli altri scali europei: presso l’aeroporto di Amsterdam, per esempio, esistono tre diverse società di gestione che offrono i servizi di handling (la KLM e due società di indipendenti), mentre nel più grande scalo europeo, quello di Heathrow, esistono ben otto operatori e non c’è nessuna limitazione al “selfhandling” per i vettori aere per l’accettazione dei passeggeri.
Qui da noi, ovviamente, i maggiori costi dovuti all’assenza di concorrenza si ripercuotono sui prezzi delle tariffe in quanto i vettori devono ammortizzare sui biglietti gli oneri maggiori che pagano per i servizi di assistenza a terra. Questo per i due principali scali italiani, proprio mentre l’aeroporto di Bologna ha inaugurato, a maggio, la nuova struttura per gli arrivi intercontinentali e mostra grande dinamismo nell’acquisizione di traffico passeggeri. Milano e Roma, forse, non hanno voglia di competere!
Atterraggio e decollo nell’aeroporto di Amsterdam o di Bruxelles con un 747 costano 7,5 milioni contro i 14 attualmente richiesti dalla SEA sull’aeroporto di Milano Malpensa, con il risultato che, ogni anno, più di 1000 italiani in partenza per un volo intercontinentale preferiscono decollare da Francoforte o da Amsterdam.
Il problema dell’abuso di posizione domante nella gestione aeroportuale è, insieme alla crisi finanziaria della maggior parte delle compagnie, uno degli ostacoli che impediscono – in Italia – il decollo della terza fase di quella deregulation del trasporto aereo varata dalla Comunità Europea il primo gennaio 94. Che i due fattori citati sono connessi, è dimostrato dalla soddisfazione espressa dal Presidente dell’IBAR (associazione dei vettori aerei operanti in Italia) Ugo Segale nei confronti dei provvedimenti presi dall’Autorità garante della concorrenza nei confronti di Aeroporti di Roma. In merito al problema delle tariffe handling , Segale ha infatti espresso l’opinione che l’adeguamento alle norme comunitarie non valga solo per i vettori aerei, ma anche per i gestori aeroportuali e per tutto il trasporto aereo italiano.
Ma perché l’autorità garante è dovuto ricorrere ad un ultimatum dopo l’irrogazione della sanzione economica?In pratica, insieme alla “multa” era stato dato alla società Aeroporti di Roma l’ordine di porre fine entro 180 giorni all’abuso di posizioni dominate. Trascorsi i termini previsti, l’autorità garante aveva aperto un nuovo procedimento sanzionatorio in quanto non riteneva sufficienti le azioni intraprese dal gestore per un’apertura di mercato nel settore handling: i vettori aerei interpellati dalla AdR avevano infatti rifiutato le nuove proposte ritenendo penalizzanti le condizioni tariffarie. La società del gruppo IRI (l’azionista di controllo è Alitalia con il 56% delle azioni, anche se pare ormai certo l’uscita dalla compagnia di bandiera dalla compagine della società aeroportuale) aveva in pratica ristrutturato le tariffe per i servizi a terra secondo criteri per macroaree, scegliendo un sistema informatico di multiaccesso senza una preventiva consultazione con i vettori aerei stranieri.
Così l’Autorità garante per la concorrenza ha ritenuto necessario lanciare un ulteriore monito, pena un’elevazione della sanzione già erogata, affinchè si ponesse fino entro il 27 Maggio alla situazione monopolistica nell’aeroporto di Roma Fiumicino. Qualche giorno più tardi lo stesso atteggiamento è stato preso nei confronti della SEA per entrambi gli scali milanesi di Linate e Malpensa.
La proroga al 27 Maggio è stata concessa dall’ente di vigilanza in quanto nelle ultime settimane la società Aeroporti di Roma, sotto la pressione di ulteriori sanzioni, ha dimostrato di aver avviato qualche timida iniziativa di liberalizzazione. Ma finora, sul tavolo del Presidente dell’antitrust, Francesco Saja, c’è sola una subconcessione firmata con la compagnia di bandiera Alitalia e quella relativa all’autoproduzione a favore della United Airlines.
Solo ad un vettore estero, la TWA, in virtù di vecchi accordi era stato permesso in passato di intraprendere una velata forma di autoproduzione, ma tutto ciò non aveva impedito alla autorità garante di dichiarare nella seduta del 22 dicembre che “permane sullo scalo di FCO (Roma, Fiumicino) la discriminazione fra i vettori stranieri e l’Alitalia”.
Ma ora altre “grane”, in tema di antitrust, piovono in Aeroporti di Roma per quanto attiene a i servizi di catering: infatti, l’azienda privata De Montis, specializzata nel servizio, ha promosso un ricorso verso la società di gestione di Fiumicino che aveva apposto un netto rifiuto alla gestione del rifornimento dei pasti a bordo, in concorrenza con il servizio già esistente.
Arriveremo all’appuntamento della completa deregulation aerea con le carte in regola, sapendo che, per quella data, le imprese italiane che operano nel trasporto aereo, come del resto quelle europee, avranno di fronte la concorrenza nordamericana e dei paesi emergenti in un mercato – già globale – che diventa sempre più aperto e competitivo?
Ciò che è apparso ancor più sconcertante , infatti, è che, nel corso della vicenda, l’ex ministro dei trasporti Raffaele Costa aveva valutato positivamente le iniziative poste in essere dalla società Aeroporti di Roma sia in merito al canone per i banchi accettazione, sia rispetto al sistema informativo multiaccesso, sia per le stesse tariffe di autproduzione e gestione dei servizi di terra da parte dei vettori stessi. Al contrario, questo piano di liberalizzazione, nonostante l’approvazione ministeriale, non è apparso all’autorità garante sufficiente ad assicurare una reale apertura alla concorrenza nel settore della gestione aeroportuale, tanto che – alla scadenza dei termini per l’avvio del processo sanzionatorio avvenuta alla fine di marzo scorso – il garante ha ritenuto opportuno reiterare le minacce di ulteriori sanzioni concedendo una proroga di soli due mesi.
Riusciremo ad avere un sistema più razionale ed integrato per il traffico aereo superando le visioni anguste che permangono nel vecchio continente, come quello che ancora si riscontra nel sistema aeroportuale di Parigi dove, contro ogni logica di buonsenso, si costringono molte volte i viaggiatori in transito a spostarsi da Orly a Charles De Gaulle?
E’ u discorso che vale anche per i Vettori e per la nostra Alitalia, per la quale pure si sono aperte interessanti prospettive con l’arrivo del nuovo Presidente Riverso e del nuovo Amministratore delegato, Oltre alla decisione di uscire da Aeroporti di Roma, i nuovi managers della compagnia pare vogliano confermare la tendenza verso il ridimensionamento della quota pubblica, così come è già stato fatto da altri importanti compagnie europee. Recentemente infatti anche Lufthansa , la più grande e prestigiosa compagnia dell’Europa continentale, ha reso noto di voler compiere un passo decisivo verso la privatizzazione. Gli italiani saranno dunque sempre fanalini di coda dopo Lufthansa e BritishAirways che, dopo la privatizzazione thatcheriana, registra oggi i migliori risultati in termini di atti finanziari (477 miliardi nel ’93) rispetto alle altre compagnie europee. “La redditività è l’unico obbiettivo veramente strategico che ci proponiamo”ha recentemente affermato l’amministratore delegato di Alitalia Schifano.
Come per l’Alitalia, dunque, liberalizzazione e deficit rischiano di diventare un terribile mix per lo stato di salute delle nostre gestioni aeroportuali: sarebbe opportuno sostituire ai grandi elefanti presenti in aeroporto strutture e società più piccole ed efficienti, secondo un sistema concorrenziale già in atto nel resto d’Europa.
di Oriana Maerini