Nota come strumento di coordinamento delle imprese, AITEA si è successivamente organizzata come Associazione delle Imprese del Turismo Naturalistico e dell’Educazione Ambientale, fino a contare, a circa un anno da questa sua trasformazione, qualcosa come 23 imprese associate. Si tratta per lo più di imprese cooperative che, con un fatturato medio di 25 miliardi ed un totale di circa 300 addetti, operano da una quindicina d’anni nel non facile settore del turismo sostenibile nelle aree naturali, anche non protette.
I principi ispiratori dell’attività di AITEA ruotano attorno a tre punti fondamentali, che sono:
1. le aree protette come occasione per la elaborazione e la costruzione di un diverso modello produttivo compatibile con l’ambiente;
2. la necessità di sviluppare la qualità dei servizi offerti per collocarsi su un mercato di dimensioni europee, anche attraverso un’adeguata formazione ed identificazione delle figure professionali, dell’attenzione alla qualità dell’occupazione,generata attraverso una corretta politica d’impresa;
3. la costruzione di una rete di imprese di servizi e di una educazione ambientale strettamente interconnesse con la rete e con il sistema delle aree naturali protette.
Tuttavia, partendo dalla constatazione che dalla Prima Conferenza sulle Aree Protette è emerso un quadro tutt’altro che soddisfacente sullo stato di applicazione della 394. Le direzioni verso cui muoversi sono essenzialmente due: la prima va nel senso di una più completa attuazione della legge, mentre la seconda dovrebbe implicarne l’evoluzione, finalizzata al suo superamento.
Sotto questo profilo, il progetto APE rappresenta un passaggio evolutivo importante, all’interno di una sperimentazione dello sviluppo sostenibile e della stessa 394 che, nei parchi e fuori dai parchi, tende a coinvolgere i residenti, le realtà produttive e le associazioni nei processi, finalmente coniugati, di costruzione dell’economia e della tutela ambientale.
Si tratta in sostanza di un’evoluzione culturale attuata attraverso l’esportazione, su un’area vasta ma omogenea, di un modello di sviluppo non necessariamente dipendente dai vincoli protezionistici, in grado appunto di coinvolgere i processi, le realtà locali, l’impresa, le associazione e le istituzioni. In questo senso l’arco appenninico e l’arco alpino, per quanto riguarda la Convenzione delle Alpi, diventano territorio privilegiato per lo sviluppo di una politica ambientale che deve essere trasversale, per coinvolgere tutti i settori della programmazione economica e sociale, dai trasporti alla produzione agricola e artigianale, fino alle politiche del territorio.
Tuttavia affinché questo passaggio conduca a risultati positivi, è importante avviare lo sviluppo di un processo economico, oltreché culturale, che consenta di verificare l’equazione aree protette-occupazione, migliorando anche la qualità della vita.
Il Settimo Rapporto sul Turismo Italiano prevede, fino al 2005, una crescita del turismo ambientale pari a circa il 3% annuo, il che rappresenta chiaramente una grande opportunità e, al tempo stesso, un grande rischio. Quindi,per cogliere l’opportunità ed identificare e promuovere il settore, è importante programmare una serie di eventi volti da un lato a migliorare la qualità dei servizi e dall’altro a distribuire spazio, cioè nel territorio, la disponibilità del bene “natura” e a stimolare la distribuzione nel tempo della richiesta.
Sistema di qualità ambientale
Tuttavia, per prevenire i rischi, è altrettanto importante governare questo processo in termini di ricaduta ambientale. In questo senso, AITEA ha deciso di applicare empiricamente un sistema di qualità ambientale che si sta cercando di implementare anche a livello di progetto di più vasto respiro, seguendo i modelli dell’ISO 14.000 ed i modelli europei sugli standard di qualità ambientale.
Attraverso questo processo si ottengono contemporaneamente due risultati: quello di aumentare l’appeal del prodotto turistico, nell’ottica del club di prodotto di cui parla in sede Enit e Dipartimento del Turismo, e quello di tutelare l’integrità dell’ecosistema. Si parla ad esempio di trasporto, di rifiuti, di gestione delle acque, di consumi idrici e di energia, dimenticando che la qualità dei servizi forniti dalle imprese dipende anche dalla qualità di una formazione che, troppo spesso, serve più ai formatori che ai formandi e che dovrebbe essere orientato alla creazione di una serie di figure professionali riconoscibili e, soprattutto, ridimensionate rispetto alle richieste dal mercato.
Guida ambientale escursionistica
A questo proposito, si può citare l’esempio della Guida Ambientale Escursionistica il cui riconoscimento, come figura professionale su scala nazionale, anziché creare ulteriori isole di protezionismo potrebbe invece garantire meglio sia gli utenti che gli stessi lavoratori. Questo per dire che, anche e forse proprio perché ci troviamo in un’epoca di cambiamenti, in cui si vanno delineando altre e nuove forme di rapporti di lavoro, non si deve sottovalutare il ruolo della qualità dell’occupazione che si va a generare, cercando di individuare gli strumenti più idonei a fare in modo che essa sia stabile, non assistita e non sottoposta, a garanzia non solo del lavoratore, ma dello stesso utente.
Purtroppo, all’interno di un quadro che non aiuta lo sviluppo dell’economia sostenibile, le stesse imprese cooperative finiscono per essere un esempio di autosfruttamento, dal momento che per stare sul mercato, tanto più se complicato da una regolamentazione conflittuale, carente o poco chiara, i soci sono spesso costretti a ribassare il costo di certi servizi culturali, anche a danno dei contenuti qualitativi.
Al contrario, proprio per il loro particolare contenuto sociale e mutualistico, le cooperative dovrebbero essere gli interlocutori privilegiati del dibattito politico. Nonostante il ruolo che esse potrebbero svolgere in sede di costruzione del piano di sviluppo economico delle aree protette, la 394 non prevede alcuna rappresentanza dell’impresa all’interno dei consigli direttivi degli enti di parco.
Questo è un problema serio, sul quale occorre riflettere con attenzione, anche per le ricadute che la sua gestione può avere su un’utenza che deve essere investita della responsabilità di consentire la fruizione di un bene comune, come quello naturale, anche alle generazioni future.
di Ernesto Girardi
Presidente AITEA