La stesura del nuovo Piano Regolatore Generale di Roma ha stimolato la volontà di collegare le scelte di piano con le politiche turistiche, al fine di mettere in stretto rapporto quella che va delineandosi come la prima industria della città con le politiche di governo e, quindi, con lo stesso vissuto quotidiano degli abitanti.
A Roma, la diffusa propensione ad accettare con disinteresse – quasi tollerando – i flussi turistici che investono la città, si è rilevata come fenomeno ancor più grave nel momento in cui essa va a riflettersi uniformemente in seno ai tre attori interessati a tale comparto: la classe politica (come soggetto incaricato di tracciare le linee e le politiche di sviluppo del settore), gli imprenditori (come figure che interfacciano direttamente sul campo le esigenze della domanda) e la cittadinanza stessa (come parte investita dall’indotto economico che il turismo apporta e, allo stesso tempo, come fruitrice delle infrastrutture e dei servizi civili dimensionati anche sulle esigenze dei turisti). In altre parole, ciò che è mancato nel panorama romano della programmazione e dell’interconnessione fra domanda e offerta, è stata quella che con termine generico viene definita “cultura dell’ospitalità” non intesa solo come gestione dell’accoglienza, ma come capacità di programmare l’offerta sui tempi medio-lunghi senza accontentarsi dello zoccolo stabile di presenze di visitatori, ma provando ad estendere la varietà dei “prodotti urbani” da organizzare in una logica di sistema, coinvolgendo anche i cittadini per migliorare il rapporto residenti-turisti.
Questa deficienza nella programmazione e nella conoscenza effettiva del fenomeno ha determinato quasi una “criminalizzazione” del turismo – come ad esempio, la querelle che ha accompagnato il dibattito sulla circolazione dei pullman in vista delle celebrazioni giubilari -, criminalizzazione avallata dagli stessi mezzi di comunicazione troppo spesso impegnati a disegnare scenari apocalittici, piuttosto che a valutare obiettivamente ciò che la città può offrire, aumentando il livello globale di soddisfazione.
Il risultato di tali atteggiamenti ha condotto il turismo ad assumere la veste di comparto produttivo fornito di vita autonoma, tollerato più che accettato dagli abitanti, ma comunque slegato dal contesto dell’economia cittadina. Così, le stesse politiche urbane non hanno tenuto in debito conto alcuni trend rilevanti, quali l’evoluzione delle aree di accesso ai magneti artistico-religiosi, il progressivo svuotamento del centro storico e la difficile coabitazione tra la mobilità dei residenti e i flussi turistici, al punto che – per molti anni – le decisioni politiche e amministrative riguardanti il turismo si sono basate su provvedimenti essenzialmente congiunturali.
Alla stessa maniera, la cultura romana dell’ospitalità non ha aggiornato il proprio ventaglio di offerte in relazione alla segmentazione accentuata dalle motivazioni turistiche. Viceversa, in un mercato
mondiale in cui sempre più si parla di “turismi”, anche Roma può e deve potenziare le potenzialità
della propria offerta (turismo congressuale, sanitario, shopping, giovanile, ambientale ecc.) andando oltre la tradizione di soggiorni legati solo alla sua identità artistico-storico-religioso. A dispetto di ciò, l’accoglienza è rimasta monoculturale con la prevalenza di alberghi, di tre/quattro stelle e con l’assoluta mancanza di una diversificazione di prodotto legata a strutture ricettive complementari.
Così, un aspetto su cui il Piano Regolatore Generale dovrà confrontarsi sarà anche quello di fornire gli strumenti necessari per favorire una cultura imprenditoriale capace di soddisfare le crescenti richieste di nuovi target, al fine di immettere nel circuito cittadino forme di accoglienza e tipologie ricettive oggi scarsamente diffuse (case per ferie, strutture agrituristiche, ostelli, campeggi, campus per studenti stranieri, aree attrezzate per caravan e autocaravan) proprio per stimolare nuove forme di turismo e nuove modalità di fruizione della città e delle sue tante risorse.
In questo modo, la gestione di un Piano Regolatore che assume gli interessi turistici tra i parametri di riferimento dei suoi obiettivi strategici, potrà rappresentare anche il tessuto unitario delle politiche di settore, favorendo un raccordo tra le diverse istituzioni che intervengono nel governo della città e il coordinamento programmatico all’interno dello stesso Comune.
Il riposizionamento internazionale
Partendo da queste considerazioni, le linee di sviluppo individuate dall’Amministrazione Comunale per rilanciare la “macchina” turistica romana hanno trovato effettiva attuazione attraverso due piani di intervento: la comunicazione dell’identità internazionale di Roma, ma anche il riposizionamento di tale marca attraverso la differenziazione dell’offerta, intesa come pluralità di risorse e come diversificazione dell’offerta e delle occasioni.
A sostegno delle politiche dell’amministrazione, volte a comunicare sui mercati turistici mondiali la varietà e la qualità del “marchio Roma” (si pensi alla promozione della città effettuata dall’Assessorato al Turismo sul mercato statunitense,agli scambi culturali instaurati con Parigi,alla campagna pubblicitaria con il marchio “The hoppening city”, all’apertura di un sito internet con informazioni puntuali sugli eventi,gli spettacoli e la vita culturale a Roma), il nuovo Piano Regolatore dovrà tenere conto dell’importanza degli interessi turistici e dei problemi connessi con lo sviluppo dell’offerta e dei flussi di domanda.
Legare oggi il Piano Regolatore alle politiche turistiche, del resto, significa anche far crescere la consapevolezza della città turismo, significa vincere la barriera di diffidenza fra host e guest, significa infine formulare un invito alla riflessione, in termini urbanistici, sulle interconnessioni che si oppongono fra la città dei cittadini e la città dei visitatori. Da questo punto di vista, il successo del Piano Regolatore Generale sarà misurabile quindi, anche attraverso il grado di coinvolgimento da parte della classe dirigente e degli operatori turistici sul modello di sviluppo urbano che deve essere sì sostenibile, ma al tempo stesso sostenuto dalla cittadinanza e, per questo motivo, spiegato alla città e partecipato nella sua attuazione.
Un Piano finalizzato allo sviluppo sostenibile perché basato sul principio della salvaguardia ambientale, una scelta strategica ispirata a motivi di carattere ambientale che ha portato, attraverso la Variante di Salvaguardia e il Piano delle Certezze del 1997, all’eliminazione della possibilità di costruire 54 milioni di metri cubi contenuta nel Piano Regolatore del 1962. E, proprio per queste sue caratteristiche di miglioramento dell’ambiente complessivo, sostenuto anche dalla cittadinanza e dagli interessi degli operatori turistici, per i quali l’ambiente tutelato rappresenta la “materia prima” della loro attività economica.
I criteri individuati per la gestione del Piano, inoltre, tendono al coinvolgimento dei diversi attori della scena urbana attraverso gli strumenti della programmazione, dello snellimento delle pratiche burocratiche, dell’interazione fra diverse aree di sviluppo fra loro integrate (il turismo e la cultura, il commercio, i trasporti, la dotazione complessiva dei servizi civili ecc.).
Dal momento poi che a Roma il turismo, come sottolineato in precedenza, è sempre vissuto per conto proprio, tollerato dalla cittadinanza e scarsamente inserito nella struttura dell’organizzazione urbana, il Piano Regolatore Generale riveste anche il compito di far comprendere alla città come la dotazione di servizi e le infrastrutture pensate in funzione dello sviluppo del turismo servano in effetti soprattutto ai residenti che sono anche “turisti” nella loro città, in gran parte sconosciuta. Così l’anello ferroviario, la metropolitana leggera, l’Hub Ostiense, il prolungamento degli orari dei negozi nelle aree dello shopping, i nuovi musei e l’arredo urbano, i parcheggi dei scambio ecc.
Per fare ciò, occorrerà passare dalla tendenza ad un vago riconoscimento dell’importanza dell’attività
turistica, alla valutazione adeguata delle caratteristiche di “sistema” del comparto turistico sulla vita della città.
Valutare il turismo come sistema significa prendere finalmente in considerazione il peso economico e culturale che esso riveste e potrà rivestire per la città, a partire dalla consapevolezza che l’obiettivo di allargare la base dei visitatori da 15/16 milioni l’anno a 20/25 milioni – che sono certamente possibili – passa per il funzionamento delle infrastrutture, delle strutture e dei servizi, oltre alla
formazione e alla capacità imprenditoriale di creare nuovi prodotti, con le positive ricadute occupazionali dirette, indirette e indotte.
Aree urbane, microcittà e contesto metropolitano: la città diffusa
Una lettura della città in rapporto alla domanda e all’offerta turistica evidenzia come la caratteristica del turismo romano sia quella di concentrarsi nella zona centrale senza investire un’area più vasta, sicché manca la consuetudine di rapporto di cittadini esterni con la città così detta storica e ciò a maggior ragione quando si parla di città metropolitana.
L’obiettivo dell’ incremento dei flussi turistici passa quindi anche attraverso nuovi rapporti di scambio con la città, non esaurendo la visita al semplice monumento. Il nuovo piano regolatore deve accettare la sfida di cambiare la qualità del turista stesso, trasformandolo da visitatore sbrigativo e fruitore di massa dei beni storico-artistici e dei magneti religiosi a frequent user della città, motivato dalla voglia di rivedere luoghi già visitati e dal sentirsi parte integrante della vita urbana, avendo sempre un motivo in più per ritornare e ripetere il soggiorno turistico.
Ciò che avviene, del resto, per le altre capitali europee.
Come raggiungere questo traguardo? Essenzialmente rompendo il tradizionale rapporto del visitatore con il centro storico e individuando altre centralità, come la nuova Fiera di Roma, la nuova area del Centro Congressi di M.Fuksas, il Polo Tecnologico, la Città della Musica, il nuovo Auditorium, il Porto di Roma, le aree archeologiche e gli episodi culturali presenti nell’hinterland.
Le nuove valenze urbane, quindi, esulano da un piano di sviluppo che si riduca alla semplice perimetrazione delle zone senza tener conto di allargare la fruizione urbana al contesto metropolitano, dove possono essere individuate le nuove “porte di accesso immateriali” per la valorizzazione di nuove centralità turistiche. Un Piano, dunque, che abbandonando la rigida pianificazione circoscritta ai confini comunali e che segue una strategia generale mirata ad armonizzare la città con l’hinterland, in linea con la stessa pianificazione provinciale, allo scopo di plasmare un nuovo organismo urbano e turistico: la “Roma diffusa”.
Motore e cardine della città diffusa è la dimensione policentrica che il Piano restituirà alla città: la sfida consiste nella rottura dello stereotipo di centro-vetrina e di una periferia indistinta, aggregato informe di mille frammenti. L’obiettivo da raggiungere identifica in una città polifunzionale e tributaria dell’area centrale, la spinta necessaria per ridistribuire equamente le risorse, il buon funzionamento e la qualità degli spazi urbani.
In tale prospettiva, il nuovo piano regolatore lega le politiche del turismo alla riqualificazione di quelle “198 città” di Roma che sono state radiografate da uno studio del CRESME appositamente commissionato in vista della stesura del P.R.G.. Il riposizionamento dell’offerta turistica della città infatti, sta anche nella capacità di ascolto dei vari elementi identificativi delle microcittà nel modello policentrico e reticolare sorretto dallo sviluppo del trasporto sul ferro.
Sappiamo che il successo di modelli di ricerca di centri abitativi in cui identificarsi ha riscosso largo consenso presso molti cittadini metropolitani europei, in città dove le risorse da offrire ai visitatori e alle “popolazioni transitorie” sono sicuramente inferiori a quelle presenti a Roma.
Analizzando i volumi storici ambientali-urbanistici delle 198 città di Roma, si può notare come gli elementi necessari per parlare di città diffusa siano ben presenti per riqualificare, la città esistente senza espandere ulteriormente i volumi edilizi.
Il Piano parla, in questo senso, non più di centro storico, ma di Città Storica che unisce ai tradizionali magneti turistici la valorizzazione dell’urbanizzazione più recente, ben al di là dei confini delle Mura Aureliane, facendo delle risorse individuate anche nelle periferie, elementi di recupero e riqualificazione, ma soprattutto potenziali situazioni di richiamo turistico.
La classe dirigente che ha governato il Campidoglio, dunque può rivendicare il merito di aver messo in atto – concretamente – una strategia di sviluppo produttivo e culturale della città attraverso la diversificazione della sua immagine e della sua capacità ospitale: per la prima volta il sistema turismo è stato assunto come fattore principale della crescita economica e sociale, nella consapevolezza che il miglioramento della qualità della vita per i residenti coincide con la gradevolezza del soggiorno per i turisti.
di Pino Galeota
Consigliere comunale di Roma
Responsabile della Commissione Turismo