Quale analisi del mercato del lavoro ha supportato la scelta di organizzare quel tipo di corso?
Teoricamente l’attivazione di un corso di formazione, di una laurea o di un master, finanziato pubblicamente o attraverso le quote di iscrizione dei partecipanti, dovrebbe essere il risultato di un’analisi sui fabbisogni del mercato del lavoro.
Da tali analisi vengono individuate le figure e i requisiti di competenze e conoscenze richieste, dando origine così a percorsi di studi e corsi finalizzati a formare figure che siano spendibili, cioè che siano realmente ricercate dal mercato e dalle imprese e che non abbiano così grandi difficoltà ad inserirsi.
Ma è sempre così? No.
Molte volte non vi è alcuna analisi dei fabbisogni formativi, non vi è alcuna idea di quali figure siano ricercate e di cui necessitano le imprese, non vi è alcuna attenzione a formare profili spendibili.
Spesso, invece, i corsi sono organizzati perchè rispondono a logiche e necessità economiche ed opportunistiche degli organizzatori, oppure sull’onda di mode o di una forte domanda da parte dei giovani (è il caso ad esempio di quelli per l’organizzazione di eventi o nello spettacolo), o ancora perchè clonati da esperienze di successo ma che non tengono conto del contesto, temporale o territoriale, di origine.
E’ il caso ad esempio dell’offerta didattica post-laurea nel turismo delle Università le cui aree disciplinari proposte sono fortemente concentrate su tre temi (70% dell’intera offerta): l’economia del turismo, il turismo culturale, il destination management. A parte la prima, che è tuttavia piuttosto generica e non è focalizzata su alcun profilo specifico, le altre due si riferiscono agli ambiti più complessi e nei quali è estremamente difficile l’inserimento lavorativo, con il rischio di investire tempo e denaro per nulla o per ottenere un placement raggiungibile più efficacemente con percorsi formativi alternativi. Anche se le Università si giustificano affermando che loro vocazione, sia per i corsi di laurea che i master, non è quella di garantire l’accesso al lavoro ma di fornire una formazione, in alcuni casi molto innovativa, per una “carriera di livello” e per elevare il livello culturale degli operatori turistici e con esso il livello del turismo italiano….per un futuro che però tiene poco conto della realtà attuale e delle aspettative dei corsisti.
Eppure vi sono continui monitoraggi delle esigenze professionali derivanti dal mondo delle imprese, vi sono studi di settore, vi sono dati e analisi che anche a livello territoriale indicano quali profili è opportuno formare, fonti autorevoli che aiutano a comprendere la situazione attuale del lavoro nel turismo e a prevederne le evoluzioni.
Nel documentarsi sul corso, sul master o una laurea è quindi opportuno richiedere se vi sia stato o meno un processo di analisi che ha supportato la decisione di realizzare il tipo di corso. E non è sufficiente sentirsi dire che le previsioni di occupazione nel turismo sono più che rosee e che a livello mondiale è l’unico settore che non ha battute d’arresto ma che ne è confermata la crescita inarrestabile.
Nel caso le risposte non siano esaurienti è consigliabile approntare direttamente una piccola ricerca sui trend occupazionali nel turismo, cercando di cogliere spunti, informazioni, dati che possano confermarvi di essere di fronte ad una opportunità o ad una perdita di tempo.
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