Dopo l’attentato alle Torri Gemelle tutti ci siamo interrogati su quello che sarebbe accaduto perchè – com’è stato tante volte ripetuto – “nulla sarà come prima”. E nel dibattito che si è svolto sulla stampa e in televisione, tra gli intelettuali e la gente comune, due soprattutto sono stati i temi che hanno polarizzato la riflessione e le discussioni. Il primo è stato quello delle ricadute economiche derivanti dalla tragedia di Manhattan e dalla conseguente guerra in Afghanistan, oltre che dal pericolo di nuovi attentati, e il secondo – apparentemente più sofisticato ma non meno coinvolgente – è stato quello del confronto/scontro tra le diverse culture del mondo,se non tra le diverse “civiltà”.
Ma questi due temi sono stati tenuti separati l’uno dall’altro,quasi che la crisi economica non influisca direttamente sulle chiusure geopolitiche e culturali,quasi che il problema della identità delle radici di un popolo in rapporto con l’alterità di diverse tradizioni,non abbia ripercussioni altrettanto concrete sui consumi e sugli scambi internazionali e quindi sulla stessa recessione economica.
Così, anche per quanto riguarda il turismo, le preoccupazioni sono state calibrate prevalentemente sull’analisi degli effetti derivanti dalla difficoltà di viaggiare, dalla paura di prendere l’aereo e dalle minori aspettative di reddito, mentre sono stati tenuti in minor conto i fattori culturali che potrebbero determinare – nel medio periodo – delle positive controtendenze.
In questo periodo, infatti, assistiamo ad una straordinaria diffusione della voglia di confrontarci con culture diverse, di comprendere l’alterità e l’altrove per spiegare che cosa è successo, com’è stato possibile assistere alla tragedia di Manhattan. Una voglia che, nell’immediato, ha fatto aumentare l’acquisto di libri che possono aiutarci a capire, tanto che il Corano è entrato nella graduatoria dei testi più venduti. Una voglia, quindi, che può aprire nuovi orizzonti di sensibilità collettiva e può spingere a viaggiare per incontrare l’altro e l’altrove, riconoscendosi in un luogo diverso per avere una esperienza del mondo.
Se le cose stanno così, il crollo registrato negli arrivi internazionali nelle presenze turistiche nelle grandi città non potrà durare a lungo e presto si coglieranno i segni di una ripresa della domanda che avrà ritmi di crescita, probabilmente , ancora più marcati di quelli che abbiamo conosciuto negli anni corsi.
Alcuni osservatori economici specializzati nelle analisi previsionali – e la stessa OMT – hanno fatto un parallelo tra la crisi attuale e le vicende degli ultimi anni che possono essere comparate con la situazione determinatasi dopo l’11 settembre. I due più recenti conflitti, la Guerra del Golfo e quella del Kosovo fecero rilevare un calo dei flussi turisti ma non un crollo degli arrivi.; nel 1991 – Guerra del Golfo – la crescita del turismo internazionale registrò comunque un lieve incremento dell’1,2% e, l’anno successivo, vi fu un aumento dell’8,3%. Nel 1999 – conflitto del Kosovo – si ebbe una crescita del 3,8% mentre nel 2000 si è registrato un incremento del 7,4%.
Anche gli atti del terrorismo, come l’attentato a Luxor del 1997, hanno influito in larga misura sul fatto che l’Egitto registrasse, nel 1998, solo 3,2 milioni di turisti mentre nel complesso della regione mediorientale il numero totale degli arrivi non diminuì. Ma solo un anno dopo, nel 1999, il turismo internazionale mostrò un incremento del 40% e in Egitto si registrarono 4,5 milioni di turisti.
Non sappiamo quanto possano valere questi parallelismi, ma è certo che le crisi vanno analizzate all’interno delle serie statistiche che – come il tracciato di un elettrocardiogramma – devono essere interpretate solo nella loro dinamica complessiva. E tuttavia la nostra impressione è che le vicende degli anni passati non possono essere giustapposte alla situazione odierna non solo per il calo dei flussi – che è certamente più marcato ed esteso – ma soprattutto per i tempi della ripresa,che potrebbe essere anche molto più rapida.
Gli attentati terroristici e le guerre degli anni passati, infatti, avevano generato paure diverse, qualitativamente diverse dal panico e dalla sensazione di angoscia che il mondo ha attraversato.Come ci insegna la psicologia, infatti, la paura è un meccanismo naturale di difesa, razionalmente calibrato sul pericolo che si ha di fronte, mentre il panico è un sentimento primitivo derivante dalla imprevedibilità della situazione, è un sentimento cieco che genera angoscia nei confronti del diverso e dell’incognito.
Dopo l’attentato alle Torri gemelle, la diversità dell’altro è stata avvertita come una minaccia che genera angoscia e non semplice paura. Non si tratta di confrontarsi con lo straniero che per il turista – pur restando strano – non sarà mai un estraneo. La tragedia di Manhattan ci ha posto di fronte ad una diversità che non riusciamo a capire, con cui non pensiamo di poter dialogare.E non è stata la dimensione umana di questa tragedia e il numero delle vittime, ma è stata l’immagine di una violenza estrema,distruttiva e soprattutto autodistruttiva. Se noi ci identifichiamo come persone che hanno paura di morire, coloro che non hanno questa stessa paura rappresentano una minaccia assoluta: non sono semplicemente diversi, sono alieni. E se l’altro viene percepito come alieno e l’altrove viene percepito come alienazione, l’alterità non può essere un elemento diconfronto e di rafforzamento della nostra identità. Possiamo solo rinchiuderci in noi stessi e fuggire. Non c’è spazio per fare turismo.
Ma fino a quando può durare questa sensazione così primitiva,così assoluta,così paralizzante?
Per nostra fortuna i comportamenti turistici, che pure sembrano fortemente influenzati dalla sicurezza personale finiscono con l’essere molto contraddittori proprio su questa esigenza di sicurezza perchè – come hanno dimostrato alcune indagini sociologiche – le destinazioni turistiche appaiono al viaggiatore come dei territori “neutri e protetti”, al punto che molto spesso non si tiene conto dei consigli di non andare in un luogo che è diventato, per un certo periodo, pericoloso, così come molto spesso si trascura di sottoporsi alle vaccinazioni prima di partire per le mete esotiche, talvolta preoccupandosi di avere certificati medici fasulli, tanta è la certezza di essere al riparo da ogni pericolo nel momento in cui si intraprende un viaggio di piacere.
Probabilmente l’angoscia scaturita dall’immagine degli aerei che si abbattono sulle Torri gemelle potrà essere superata dall’altra immagine simbolica (e mediatica) di Ground Zero, dove si vede la solidarietà che torna ad accomunare la gente comune di N:Y. Una città che i è diventata tanto familiare e tanto vicina proprio per la sua voglia di normalità e il suo desiderio di ricominciare.
Immagini che si sovrappongono ad altre immagini, come la dissolvenza incrociata che abbiamo voluto realizzare in copertina per far riemergere le due Torri e la sky line rassicurante di Manhattan che abbiamo voluto imprimere sulle pagine di questo fascicolo di Azienda Turismo.
Anche la tragedia e l’incognito dunque possono essere resi familiari dalla comunicazione mediatica, alla quale seguirà certamente la comunicazione turistica che realizza il desiderio di contatto e di superamento: il successo della maratona di N.Y., che abbiamo visto in televisione poche settimane dopo il crollo delle due torri, è stata la migliore risposta simbolica alla ferita inferta alla sky line di Manhattan, quella linea che è diventata il simbolo turistico della più recente modernità.
di Giuliano Faggiani