Gioco di Squadra. Made in Italy e identità locali

L’attuale molteplicità e lo scarso collegamento delle strutture nazionali per l’estero funge da alibi per le città e le Regioni che spesso ormai ballano da sole.

Un unico strumento che promuova l’Italia all’estero e tenga insieme cultura, prodotti e turismo potrebbe favorire un positivo gioco delle identità locali e una più efficace affermazione della marca Italia.

Nei processi di globalizzazione vogliono entrare  anche le regioni e le città per giocare un ruolo da protagoniste. E’ un processo di grande interesse che trae origine proprio dagli stimoli che sono impliciti nella crescente apertura dei mercati e anche dalla paura di subire spaesamenti, omologazioni forzose, perdita di identità. Quando un’attività che connota un’area geografica va in crisi, chiude o si trasferisce, la sensibilità sociale e delle istituzioni locali è oggi ancor più viva che in passato; se al contrario un distretto produttivo ottiene successi all’estero, è fortissimo il senso di forza locale che determina.

C’è una crescente identificazione delle città e delle regioni con i “casi” e i personaggi di rilievo internazionale:  la coesione dei soggetti privati, economici e istituzionali con le attività di successo internazionale espresse dall’ambiente locale è oggi un dato tanto forte da tradursi in politiche e in scelte di investimento da parte degli enti territoriali.

Al radicamento economico delle attività più importanti, che rischia di venire meno, si sostituisce una sorta di coesione comunitaria, un “distretto sociale” che punta a consolidare il distretto produttivo, proprio in parallelo al veni r meno dei legami economici più stretti. La voglia di contare nei processi di globalizzazione fa si che si accentui l’identificazione locale con i prodotti e le attività esportatrici, e che le istituzioni territoriali si occupino sempre più da vicino di assecondare, sostenere e promuovere la proiezione estera delle imprese locali. E il turismo è uno dei terreni su cui più chiaramente si esplicita questa volontà (o velleità) di affrontare e conquistare mercati nuovi e sempre più distanti.

Regioni, Provincie e Comunità Locali sono tentate sempre più spesso dalla voglia di ballare da sole. Nelle esperienze più interessanti si può notare una crescita della capacità locale di tenere insieme cultura, personalità, prodotti, vocazioni turistiche per accreditare un’immagine territoriale complessiva  forte, in grado di sostenere sia l’esportazione  di prodotti e di capacità economiche, sia l’acquisizione di nuove quote di mercato turistico.

Le comunità locali – emancipandosi dall’ombrello di mamma Italia (che, in verità, ha  spesso nascosto piuttosto che valorizzare le peculiarità locali) – ballano da sole, ma mettono in luce tutte le  risorse del territorio, fanno un gioco di squadra tra settori e fra pubblico e privato, cercando di moltiplicare l’efficacia delle iniziative promozionali. Superare la frammentazione – dei temi, dei settori e degli strumenti – tipica del nostro operato nazionale all’estero (che utilizza strumenti separati per il commercio estero, la cultura e il turismo) lavorando per una riconoscibilità unitaria dell’immagine di uno specifico territorio, è il presupposto da cui è partita quest’ondata di “federalismo comunicativo”.

Ma la mancanza di una messa a sistema  di tutti gli strumenti che operano per valorizzare l’immagine dell’Italia all’estero rischia di trasformare questa voglia di federalismo in velleità di secessione. In realtà, senza un rapporto – magari da ridefinire e attualizzare – con l’immagine Italia verrebbe a cadere, per le realtà locali, una potente capacità di moltiplicare effetti e risultati del lavoro promozionale all’estero.

C’è bisogno di una vera e propria marca nazionale in grado di condensare valori storici, sociali, economici, culturali e turistici, gestito da una centrale di comando unica che sappia armonizzare e sincronizzare  tutte le leve operative, tutti i temi e le innumerevoli occasioni che possono favorire nel mondo la crescita di efficacia dell’immagine del nostro Paese.  Con un unico punto di riferimento, cioè con un preciso coordinamento del lavoro per la marca Italia, forse sarebbe più facile avviare quel necessario gioco di squadra che deve esserci tra il livello nazionale e livello locale, quel “gioco delle identità” che consentirebbe di valorizzare sia l’insieme,  sia le singole parti del territorio italiano, utilizzando l’appeal  dell’Italia del mondo senza appiattirsi sugli stereotipi più banali.

L’immagine da cartolina e del turismo mordi e fuggi non ha bisogno di dialogare  con le identità locali né di valorizzare il vissuto economico sociale e culturale dei nostri territori. Certo siamo forti nel mondo anche come turismo da cartolina , ma è questo il tipo di visitatore del 2000 che vogliamo?

Di Paolo Trevisani

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