L’ecoturismo come business

L’opportunità di sviluppo

L’improvviso interesse per il turismo, probabilmente dovuto alla crisi di quel ceto medio che in questo settore intravede più facili occasioni di guadagno, non è un indicatore positivo. In altri termini, se non è del tutto negativo, almeno sotto il profilo socio-culturale, che questa stessa crisi abbia spinto i figli dei ceti “intellettuali” formati da burocrati e liberi professionisti, a riconsiderare il ruolo del lavoro autonomo nel settore dei servizi,non è detto che ciò rappresenti un bene per un’area di mercato, come quella turistica, in cui le prospettive di crescita lasciano sempre meno spazio all’improvvisazione ed ai facili ottimismi.

Non a caso, da una ricerca condotta in Piemonte, Emila Romagna e Toscana nel particolare segmento dell’agriturismo, è emersa la figura di un imprenditore che, nella maggior parte dei casi,proviene da un contesto urbano, possiede una laurea,spesso di tipo specialistico, e che,quando ha deciso di mettere mano al business plan dell’azienda cui è proprietario, lo ha fatto con la consapevolezza di chi, nei suoi primi 20/25 anni di vita, ha maturato una serie di valori legati all’ambiente ed ha acquisito in modo chiaro e definito la conoscenza dei propri target di riferimento.

Partendo quindi dal presupposto che il successo di un’impresa dipende dalla sua capacità di superare il primo triennio di attività, senza fare ricorso ad aiuti pubblici, gli esempi sono ormai piuttosto numerosi e vanno dalle piccole aziende agrituristiche specializzate per un mercato medio.- alto, alle grandi realtà imprenditoriali che hanno saputo rinnovarsi per definire – anche attraverso il ricorso allo strumento dell’associazionismo – un circuito agrituristico con gli operatori del settore.

Circuito caratterizzato da una tendenza all’intellettualizzazione

Si tratta, in questo caso, di un circuito generalmente caratterizzato da una piccola tendenza all’intellettualizzazione ed alla specializzazione ma che, anche per questo, presenta una crescente esigenza di nuovi meccanismi di sostegno, con dinamiche di detassazione tali da consentire una più stabile permanenza sul mercato, in assenza di altri incentivi. In questa ottica si collocano, ad esempio, le esperienze di nove tour operator milanesi i cui titolari, tutti più o meno reduci del ’68 e dei colletti verdi, hanno viaggiato ed acquisito una competenza etno-antropologica che li ha portati a creare, al loro rientro in Italia, una serie di prodotti turistici specificatamente pensati per quelle nicchie di mercato le cui motivazioni – da quella antropologica-culturale, a quella ecologico-ambientale – si caratterizzano e si differenziano in modo molto netto per una forte componente specialistica.
Ma l’orientamento alla specializzazione rappresenta anche un’opportunità in più per questi professionisti che, una volta conseguita la laurea, cercano un inserimento nel mondo del lavoro: è questo il caso degli architetti urbani che, cogliendo l’occasione offerta dall’insistente domanda di ambiente diffusa nella società civile, hanno messo a frutto le proprie capacità e competenze realizzando progetti di ecogestione per molti comuni italiani, alcuni dei quali anche ad elevata vocazione turistica.

Sotto questo profilo, il caso del comune di Cervia è estremamente indicativo: utilizzando il verde urbano come strumento di marketing turistico, un gruppo di agronomi ed un architetto, coordinati da un dirigente dell’A.P.T., ha avviato una serie di contatti con l’estero, soprattutto con il mercato tedesco, attivando un canale di confronto e di scambio estremamente utile sia come stimolo al miglioramento della fruibilità ambientale della città ma anche come strumento di comunicazione di un’immagine in cui la qualità dell’ambiente urbano, è al tempo stesso, una risorsa utilizzabile ai fini turistici.

Pianificazione urbana più attenta alle esigenze dell’ambiente

Così, l’importanza, anche sotto il profilo turistico, di una pianificazione urbana più attenta alle esigenze ambientali, emerge in tutta la sua evidenza nell’esperienza degli hotel ecologici, il cui fallimento, sotto il profilo del marketing, si deve proprio alla difficoltà di commercializzare un prodotto che, per essere inserito in un contesto fortemente antropizzato, ed inquinato come quello cittadino, manca della necessaria credibilità.
Per quanto riguarda, invece, i parchi nazionali, le difficoltà incontrate per mantenere il personale necessario alla loro conservazione rende addirittura impensabile ipotizzare che possono trainare lavoro e occupazione nel settore del turismo ambientale e dell’accoglienza. Probabilmente, sotto questo profilo, i punti multimediali o di accoglimento rappresentano la sola opportunità, a condizione che si valorizzi, anche attraverso l’adozione di una normativa di favore, il ruolo delle cooperative di gestione e,più in generale, delle imprese sociali.

Tra l’altro, soprattutto nella fase di avvio, è bene che i punti di accoglienza presenti all’interno di un parco nazionale siano abbastanza numerosi da garantire un ritorno che assicuri il successo dell’impresa e, dunque, la sua permanenza sul mercato. Occorre quindi riconsiderare con maggiore attenzione, anche da parte del Ministero dell’Ambiente, il problema della gestione imprenditoriale dei parchi nazionali, tema ormai tradizionale e condiviso, se si considera che,già alla fine degli anni Ottanta, quando prese avvio il primo progetto di gestione manageriale applicata al Parco Nazionale del Gran Paradiso, le reazioni registrate a livello istituzionale e di coscienza collettiva furono estremamente positive.

Ciò dovrebbe indurre a proseguire gli sforzi in questa direzione, individuando i meccanismi più adatti a mettere in collegamento i responsabili della gestione dei parchi nazionali con le cooperative di giovani o le imprese sociali in grado di realizzare i punti multimediali. Sotto questo profilo, anche l’impegno con cui i sistemi pubblici e privati si sforzano, con il contributo dei fondi sociali europei, di formare figure professionali nuove e più qualificate rispetto alle mutate esigenze di mercato, costituisce un fattore di ulteriore incentivo. Più in particolare, l’interesse mostrato dai privati per il settore della formazione ha prodotto una serie di iniziative che, se pure non sempre in grado di garantire uno sbocco occupazionale immediato, contribuiscono comunque a fornire gli strumenti concettuali ormai indispensabili a chiunque intenda operare in questo settore.

di Nicolò Costa
Docente di Sociologia del turismo e dello sviluppo

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