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Del resto, la complessificazione delle organizzazioni sociali e produttive aveva già determinato incertezza nelle dinamiche sociali, nei processi di conoscenza e nei processi di sviluppo della personalità. Ma se, in una prima fase, l’approccio alla complessità aveva consentito di considerare il contesto sociale e culturale come u magma all’interno del quale era troppo difficile orientarsi, favorendo quindi le fughe verso percorsi di affermazione puramente formali e di immagine, il processo di globalizzazione – che tende ad accettare e far vedere normali tutte le differenziazioni – impone delle scelte e l’esigenza di un’articolazione meno superficiale dei vissuti individuali e collettivi.
Una distinzione nella ricomposizione, la de-differenziazione anche dei materiali simbolici delle diverse culture e , quindi, dei modelli di comportamento. Forse, come scriveva nel ’96 il futurologo italiano Francesco Morace, “ la metafora che meglio esprime la contemporaneità, è il mito dell’androgino che caratterizza la cultura greca e prima ancora quella babilonese: mito della ricomposizione e cioè della possibilità di costruire nuove sinapsi attraverso l’ibridazione di culture, di linguaggi e di concetti che finora sono sempre stati separati”. Un riscontro della validità di questa metafora è data dal successo della nuova “destinazione turistica” Berlino, che si presenta sulla scena dell’incoming internazionale come uno dei baricentri della nuova sensibilità postmoderna, come una città che ricuce storie, territori e vissuti dell’est e dell’ovest. Quello che è stato il luogo simbolo della frattura e della separazione diventa il laboratorio aperto dove si costruisce, soprattutto attraverso lo scambio culturale che diventa scambio turistico, ciò che è stato definito “uno strano accumulo di presente proiettato nel futuro”.
Ora, è chiaro che questa compresenza di orientamenti w di sensibilità non è solo un fatto superficiale o di stile, ma riguarda la stessa dinamica dei modelli valoriali, che non si presentano più come alternativi, anche se sono in contraddizione tra loro: nei sistemi poco coesi a livello culturale e multipolarizzati a livello territoriale – quali sono gli attuali sistemi sociali connotati dalla possibilità e dalla variabilità dei riferimenti comportamentali e ideologici – ogni soggetto o gruppo tende ad essere portatore di convinzioni che dovrebbero essere logicamente in opposizione, ma sono vissuti in modo che la disgiuntiva o/o diventa una correlazione e/e.
Ciò non solo in tempi diversi e successivi, ma anche in situazioni molto ravvicinate e simultanee: non vi sono più convincimenti, interpretazioni dominanti e consuetudini di comportamento di carattere assoluto, ma solo adesioni emotive “posizionali”, all’interno delle quali si combinano diversi modelli culturali e si incrociano differenti programmi di azione individuali.
Per quanto riguarda gli atteggiamenti turistici, ad esempio, si può benissimo decidere di trascorrere un periodo di vacanza in un “divertimentificio” e, nello stesso tempo, visitare un museo. Anzi, ciò che si cerca maggiormente è proprio la possibilità di realizzare diverse esperienze all”interno di una medesima prospettiva di viaggio, e cioè mette in crisi le tradizionali classificazioni delle figure turistiche con l’emergere della tipologia sempre più diffusa di “turista plurimotivato”.
Già in un precedente articolo avevamo notato che “finora l’esplosione dei turismi che ha caratterizzati lo sviluppo della domanda negli ultimi anni, ha trovato risposte soddisfacenti dal lato dell’adeguamento dell’offerta che si è specializzata non solo per motivazioni, ma anche per tipologie di ospitalità, ciascuna rivolta a precisi target di riferimento: ma oggi i criteri tradizionali della segmentazione non sembrano più adeguati rispetto alle nuove sfaccettature con cui si presentano le esigenze dei consumatori, esigenze e bisogni che non si estendono solo in linea orizzontale attraverso la differenziazione, ma “implodono” in profondità, a grado a grado che le scelte di consumo vengono sollecitate da una moltitudine di proposte sempre più varie”.
Intesa in questo modo la globalizzazione -così fortemente intrecciata con il rafforzamento delle peculiarità più specifiche dei territori, dei gruppi sociali e delle comunità locali – dobbiamo considerare il turismo come la pratica che meglio esprime questo fenomeno , proprio perchè si basa sulla crescita globale della mobilità e, nello stesso tempo, sullo sviluppo locale delle identità. In un rapporto – sempre salutare e prolifico, anche se spesso conflittuale – con l’alterità del visitatore che viene da lontano per guardare la “scena turistica” senza la pretesa di invaderla o di cambiarla. Al contrario, le esasperazioni del terrorismo si basano proprio sul tentativo di annullare l’alterità ( e quindi le stesse identità che possono esistere solo in quanto esiste la diversità).
Sulla base di queste riflessioni – che ci è sembrato utile sviluppare – si può inquadrare meglio l’insieme delle notazioni sociologiche con cui Enzo Nocifora ci guida per mano nella interpretazione dei comportamenti imprenditoriali emergenti nel mercato turistico, E che ci offre una chiave per valutazioni ( rispetto alle quali il sociologo – come si sa – deve astenersi) oltre che di interpretazioni, del “sistema a connessione debole” che caratterizza ancora l’offerta turistica italiana, ma che potrebbe evolvere proprio in ragione delle spinte che provengono dal processo di globalizzazione dei mercati e di localizzazione delle identità dei prodotti e delle destinazioni turistiche.
di Giuliano Faggiani